L'estremismo
e la tattica dell'Internazionale

Premessa

Le indicazioni strategiche del I e del II congresso dell'IC che noi abbiamo riassunto nei due capitoli iniziali ('L'assalto al cielo' e 'La scintilla che dà fuoco alla prateria') non hanno mai avuto il senso di un grido di battaglia che non fosse basato su dati oggettivi. La guerra imperialista aveva creato in Europa una situazione rivoluzionaria generalizzata e l'IC aveva saputo interpretare correttamente la fase e non si limitava solamente a seguire le tappe della rivoluzione d'Ottobre, ma cercava di rendere il processo rivoluzionario il più ampio possibile.

La sconfitta dell'armata rossa sotto Varsavia, la sconfitta della repubblica sovietica d'Ungheria e la constatazione che, nonostante le tremende responsabilità della socialdemocrazia rispetto al sostegno alle varie borghesie nazionali per il grande massacro della prima guerra mondiale, essa ancora manteneva un legame abbastanza vasto con i lavoratori, induceva l'IC ad aprire una discussione sulla tattica da seguire nelle nuove circostanze.

Alla base della discussione c'era il concetto che solo con la conquista della maggioranza della classe operaia i comunisti potevano procedere con l'obiettivo di prendere il potere. Di fatto il modello era ancora quello della linea seguita dal partito bolscevico nel periodo tra la rivoluzione di febbraio e quella dell'ottobre.

Non solo, ma si trattava anche di tener conto che in Europa si stava passando da una situazione offensiva ad una fase in cui le borghesie stavano riorganizzando le forze e anche il sistema produttivo dopo l'economia di guerra e quindi andavano considerati i reali rapporti di forza. Da questo scaturisce la decisione di avviare un processo unitario con quei settori di classe operaia influenzati dalla vecchia socialdemocrazia.

La proposta era quella del Fronte unito in grado di trovare la più ampia unità per far fronte alle nuove minacce ed evitare che la classe operaia fosse schiacciata dalla contro-offensiva della borghesia. Questa proposta fu formulata e approvata all'unanimità dall'esecutivo dell'IC il 18 dicembre 1921 (vedi le Tesi [qui]).

Questa scelta però lasciava ampi spazi alla contestazione all'interno dell'IC. La domanda era in sostanza: come è possibile riaprire un dialogo con coloro che prima (e dopo) la guerra avevano sostenuto i governi borghesi? E soprattutto, era praticabile questo terreno?

Ad essere coinvolti nel dibattito sono i comunisti tedeschi autori di una lettera unitaria alla socialdemocrazia, ma anche partiti come quello italiano (Bordiga), francese, olandese, cecoslovacco, spagnolo. Una sorta di levata di scudi che impone a Lenin di replicare con il noto scritto 'L'estremismo malattia infantile del comunismo' (di cui riportiamo qui i capitoli dal IV al IX [qui]), in cui si stigmatizzano tutti i principali aspetti di una ortodossia che è sui principi, ma che irrigidisce anche le questioni tattiche.

Lenin ricorda, non a caso, l'accordo di Brest con i tedeschi [qui] contro cui si scagliarono non solo i socialisti rivoluzionari, ma anche Bucharin e Trotsky.

Nessun compromesso, si chiede Lenin? Ebbene noi bolscevichi i compromessi li abbiamo fatti e non per opportunismo, ma perchè avevamo una pistola puntata alla tempia. Gli opportunisti i compromessi li fanno con la borghesia contro i lavoratori, i comunisti i compromessi li fanno per conservare le posizioni e riprendere l'attacco.

I comunisti, dunque, devono imparare a scoprire il terreno tattico su cui possono avanzare le loro posizioni. E per questo Lenin ne 'L'Estremismo' analizza il comportamento che i comunisti devono avere verso il parlamento, i sindacati e nelle associazioni che hanno carattere di massa, per procedere in questa direzione.

Ne 'L'Estremismo' Lenin analizza anche una aspetto della questione che non riguarda solo gli errori politici che i comunisti possono commettere, ma anche il carattere sociale di alcune forme di estremismo.

Scrive Lenin a questo proposito:
"All'estero non è ancora abbastanza noto che il bolscevismo è cresciuto, si è formato e temprato in una lotta di molti anni contro il rivoluzionarismo piccolo-borghese, che rassomiglia all'anarchismo o ha preso qualcosa da esso e si allontana, in tutte le cose essenziali, dalle condizioni e dai bisogni di una tenace lotta di classe proletaria".

Quella dell'esecutivo dell'IC del dicembre del 1921 era comunque una indicazione che andava misurata sul terreno concreto e che poteva provocare anche sbandamenti, non solo a sinistra. E questi sbandamenti ci furono, a destra, proprio a partire dal Partito comunista tedesco. Il suo segretario, Paul Levi nella polemica sul Fronte Unico mostrò che, nei fatti, quella politica era concepita da alcuni come ricomposizione strategica del rapporto con la socialdemocrazia e non questione puramente tattica come l'Internazionale indicava. Per questo Levi alla fine fu espulso dal KPD (Partito comunista tedesco) e rientrò nella SPD, il partito socialdemocratico.

Concretamente, nel frattempo, il primo risultato della proposta del Fronte Unito fu che quella che veniva definita Internazionale due e mezzo, nata da una scissione della Seconda internazionale, avanzò la proposta di una conferenza internazionale unitaria delle organizzazioni di classe che ponesse all'ordine del giorno la situazione economica europea con le sue ripercussioni sulla condizione del proletariato e la lotta difensiva di questo contro la reazione.

Questo invito portò alla decisione di indire a Berlino, dal 2 al 5 aprile del 1922, un incontro tra le tre internazionali. All'inizio della Conferenza la delegazione dell'esecutivo dell'IC rilasciò una dichiarazione (che riportiamo [qui]), la cui sostanza era riassunta in questo punto essenziale:

"....(la) situazione pone la classe operaia internazionale davanti a decisioni difficili. O essa saprà unirsi in una lotta difensiva contro tutti i complotti del capitale internazionale, agire in modo solidale e unitario contro i tentativi di spremere economicamente gli Stati vinti, la Russia sovietica e le colonie, come pure contro l'ondata di serrate, levarsi a combattere per la revoca della pace di Versailles, per il riconoscimento della Russia sovietica e la sua ricostruzione economica, per il controllo della produzione in tutti i paesi, oppure pagherà con le sue ossa e con la sua salute le spese della pace, come ha dovuto pagare le spese della guerra".

La socialdemocrazia era preparata a questo passaggio? Sicuramente no e accettava nei fatti il confronto allo scopo di recuperare credito coi lavoratori.

E' per questo che Lenin scriveva "...accettiamo la conferenza sul fronte unico per raggiungere la massima unità pratica nell'azione immediata delle masse e allo scopo di denunciare la posizione politica errata della Seconda internazionale e dell'Internazionale due e mezzo, proprio come queste ultime accettano una conferenza con noi per raggiungere l'immediata unità pratica allo scopo di denunciare la nostra politica errata".

Al termine della Conferenza di Berlino fu pubblicato un appello dell'esecutivo dell'IC [qui] in cui si dichiarava con 'piena franchezza' che il Fronte unito che stava sorgendo si trovava in grave pericolo.

Difatti nel giro di pochi mesi il comitato dei nove, incaricato dalla Conferenza di Berlino di preparare un congresso operaio mondiale, fu sabotato dalla Seconda internazionale e naufragò. E questo naufragio è riassunto dalla dichiarazione dell'esecutivo dell' IC del 24 maggio 1922 [qui] che motivava la sua uscita dal comitato dei 9 e indicava ai lavoratori la via del fronte unito dal basso contro i vertici della socialdemocrazia. Uniti, ma su una posizione di classe, questo è il lavoro che l'IC si accingeva a portare avanti in una situazione profondamente cambiata nell'Europa in cui la borghesia stava riorganizzando le sue forze e i lavoratori e i comunisti dovevano definire la loro linea difensiva.