IL VI CONGRESSO DELL'INTERNAZIONALE
e l'approfondirsi della crisi economica nel mondo capitalistico

Premessa


Se la tattica del fronte unico, o meglio del fronte unito, era stata la linea dell'Internazionale per affrontare una fase difensiva dopo la chiusura della fase rivoluzionaria (sconfitta in Germania del 1923), l'accelerazione degli avvenimenti alla fine degli anni '20, riaprì la discussione sulla strategia da seguire.

Il punto di partenza fu il VI congresso dell'IC che si apre a Mosca il 17 luglio del 1928. Su questo congresso la vulgata revisionista e trotskista ha sempre puntato i suoi riflettori per dimostrare che la linea di Stalin avrebbe portato a una deriva estremista che avrebbe spinto l'Internazionale in un vicolo cieco.

A questa interpretazione concorre anche la vicenda Bucharin che all'epoca era alla guida dell'Internazionale. Bucharin era ormai in aperto contrasto con Stalin e, in qualità di presidente dell'IC, distribuì ai delegati il testo della sua relazione al Congresso senza concordarla con la direzione del Partito bolscevico, che fu perciò costretto a presentare alcuni emendamenti. In particolare quattro furono quelli principali: il primo riguardava una correzione di linea nella definizione della situazione economica mondiale di cui, secondo il Partito, si sottovalutava la instabilità (si era alla vigilia della grande crisi del 1929!); nel secondo si accentuava la critica alla socialdemocrazia, compresa quella di sinistra; nel terzo si mettevano in guardia i partiti dell'Internazionale dalle tendenze di destra; nel quarto si chiedeva il rafforzamento della disciplina di partito.

Di fatto il VI congresso si aprì su questi punti che sostanzialmente vennero ripresi nelle Tesi sulla situazione internazionale e sui compiti dell'Internazionale comunista approvate il 29 agosto del 1928, che riportiamo [qui].

L'importanza di queste tesi sta nel fatto che da una parte si delineavano chiaramente le tre fasi che il movimento comunista aveva attraversato o stava attraversando dalla sua costituzione e, dall'altra, si ridefinivano i rapporti con la socialdemocrazia dopo la politica del fronte unico introducendo la tesi del socialfascismo.

Nelle tesi le tre fasi erano inquadrate correttamente, come si legge nell'introduzione (tesi 1 [qui]).

La prima fase era quella che i comunisti avevano affrontato nel periodo di "crisi acuta del sistema capitalistico e di azioni rivoluzionarie dirette del proletariato... e questo periodo si era chiuso con la disfatta del proletariato nel 1923."

"Questa disfatta rappresenta il punto di partenza del secondo periodo, durante il quale matura gradualmente la stabilizzazione parziale del sistema capitalistico..." , caratterizzato da "continue lotte difensive dell'esercito proletario indebolito dalle gravi disfatte" che imposero la necessità di impostare la linea del fronte unico dei lavoratori.

Il terzo periodo, che è quello in cui il VI congresso si svolge, è caratterizzato da un potente sviluppo delle contraddizioni dell'economia mondiale che acuiscono le contraddizioni internazionali e le contraddizioni interne nei paesi capitalisti. Nel contempo si sviluppano potentemente i movimenti rivoluzionari nei paesi coloniali, Cina, India, Egitto, Siria.

Nel 1929 la grande crisi del mondo capitalistico che prende le mosse dal crollo della borsa di New York e le sue conseguenze politiche e sociali confermano pienamente la posizione espressa l'anno precedente nelle tesi del VI congresso dell'IC e nella critica che il Partito bolscevico aveva mosso alla relazione di Bucharin.

Nel volume Storia dell'Internazionale comunista redatto da un gruppo di eminenti esponenti del movimento comunista internazionale [qui] la situazione viene riassunta nella parte dedicata alla Crisi economica mondiale e sviluppo della lotta rivoluzionaria dei lavoratori [qui]. Dalla descrizione che ne fanno gli autori viene fuori che il 'terzo periodo' staliniano, che viene indicato come un periodo infausto dell'IC, poggia in realtà su basi oggettive e i comunisti si preparavano ad affrontarlo misurandosi con i tentennamenti e le pressioni che venivano da destra e non solo.

Come già abbiamo ricordato, in quel periodo avvenne anche la spaccatura del PcdI e l'espulsione dal partito italiano della metà dell'esecutivo. La lotta dunque si era fatta dura e si rifletteva anche sulla tattica da seguire.

La critica degli antistalinisti sorvola su questo e punta il dito sulla definizione di socialfascismo riferita alla social­democrazia, in particolare a quella tedesca, ma non solo. In effetti, dopo la presa del potere di Mussolini in Italia nel '22 e l'ascesa del movimento nazista in Germania il problema per il movimento comunista era di tener conto della modificazione delle caratteristiche dello scontro politico e di classe, laddove il fascismo, che nasceva coll'obiettivo di liquidare le organizzazioni dei lavoratori e anche il quadro della democrazia borghese in cui esse operavano, diventava il nuovo progetto delle classi dominanti.

Gli 'antifascisti' liquidano la questione parlando di grave ritardo del movimento comunista nel capire la situazione. Anche qui si fa astrazione dalle condizioni politiche reali esistenti all'epoca.

Che cosa era la socialdemocrazia tedesca negli anni '30? Nel volume Storia dell'Internazionale comunista che abbiamo già citato, pubblicato a Mosca in epoca non sospetta, nel 1974, si dice: "I capi socialdemocratici dirigevano i colpi principali contro gli operai rivoluzionari, contro i comunisti, accusandoli di volere il caos, anche se del caos economico, della miseria e della fame era responsabile proprio il capitalismo che la socialdemocrazia difendeva".

In quest'opera di difesa del capitalismo va collocata ad esempio la strage di operai (32) eseguita dal governo prussiano a guida socialdemocratica il 1° maggio 1929 contro una manifestazione indetta dal partito comunista.

Rispetto all'ascesa di Hitler la linea capitolazionista e legalitarista della SPD, il partito socialista tedesco, fu determinante. Al punto che il partito, sulla base del diktat di Hitler, accettò persino di allontanare i membri ebrei della sua direzione.

Ma allora in questo contesto come si passa dalla proposta di Fronte unico al socialfascismo? In realtà di Fronte unico si continuò ancora a parlare da parte del KPD, ma riferendolo alla base della socialdemocrazia e non più alla dirigenza che nel nuovo contesto dell'acutizzazione dello scontro e della crisi economica aveva assunto il ruolo di difesa del sistema anche con le armi, precedendo il fascismo.

La storia di Noske e di Scheideman, i due dirigenti del governo socialdemocratico che nel primo dopoguerra avevano liquidato gli spartachisti uccidendo anche Rosa Luxemburg e Karl Liebknecht si andava ripetendo. L'accusa che gli 'antifascisti' fanno ai comunisti deve essere dunque rovesciata e bisogna dire chiaramente che la responsabilità dell'ascesa del nazismo ricade tutta sulla socialdemocrazia.