Il ruolo del Partito comunista nella storia d'Italia

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La fine del governo di unità nazionale
e l'avanzata del blocco reazionario attorno alla DC
1948-1953

Premessa

  Il 1947 segna la fine del governo di unità nazionale e l'inizio della offensiva reazionaria costruita attorno alla DC con il sostegno degli alleati, americani in particolare.

   La fine del '47 è anche tempo di bilanci per il PCI, spinto all'opposizione e oggetto di una offensiva che si concluderà l'anno successivo con le elezioni e la sconfitta del 18 aprile e con l'attentato a Palmiro Togliatti nel luglio dello stesso anno.

   Alla vigilia di questi eventi come si presentava il bilancio politico del PCI e quale risultato aveva raggiunto nel periodo '45-'47? Perchè la DC era riuscita a escludere il PCI dal governo?

   Questi sono i due interrogativi su cui attrezzare una risposta che sia in grado di spiegare come i comunisti si erano mossi, quanto fosse oggettiva la conclusione a cui si era arrivati e quanto invece fosse dovuta a errori di linea politica. Una risposta che deve prescindere però sia dall'agiografia di partito che da quello schematismo ideologico che impedisce la valutazione concreta dei fatti.

   La prima domanda è dunque: quale strada si doveva imboccare dopo il 25 aprile? E la seconda è questa: la fondazione della Repubblica e la Costituente rappresentavano per i comunisti la strategia da seguire dopo la sconfitta del fascismo ed erano gli obiettivi a cui si poteva realisticamente e storicamente puntare? Oppure esistevano le condizioni per la creazione anche in Italia di una democrazia popolare, come stava avvenendo nei paesi dell'est europeo liberati dalle truppe sovietiche?

   Per chi non vuole giocare con le parole, parlando di rivoluzione mancata, si tratta di analizzare le forze in campo e il quadro internazionale in cui esse si affrontavano. In Italia lo scontro si era aperto già subito dopo il 25 aprile nonostante si sia parlato fino al giugno '47 di governi di unità antifascista, di cui peraltro in due anni ce ne furono ben quattro.

   Il PCI, com'è noto, puntò sulla Repubblica e su una Costituzione che avesse la caratteristica di una democrazia sociale e avanzata. Certo, non era la repubblica socialista: questo era molto chiaro al PCI. I due anni di governi unitari servirono a condurre a termine questa operazione di per sè molto difficile. Gli obiettivi, quelli realistici, furono dunque raggiunti. Nel '46 nasce la Repubblica e alla fine del '47 viene varata la Costituzione democratica.

   La verità è che gli attori della partita sapevano in partenza che lo scontro sulle prospettive si sarebbe aperto in tempi abbastanza rapidi. Se consideriamo gli avvenimenti internazionali dobbiamo ricordare che il discorso di Churchill sulla 'cortina di ferro' è del '46 e nell'agosto dell'anno precedente erano state sganciate dagli americani le atomiche in Giappone, per dire ai comunisti, in particolare sovietici, cinesi e coreani che gli USA erano pronti a impedirne l'ulteriore avanzata. La stessa Unione Sovietica era consapevole dei nuovi rischi e quindi era orientata a raccogliere i frutti della vittoria senza andare oltre ciò che consentivano i rapporti di forza in quel momento. Si trattava di ricostruire l'URSS devastata dalla guerra, di operare le trasformazioni socialiste nei paesi dell'Est Europa, di aiutare la Cina a completare la lunga marcia verso Pechino. Nell'Europa occidentale dominata dalle truppe angloamericane si trattava di tenere in vita il movimento comunista consolidando le conquiste antifasciste e dando corpo ad una difesa degli interessi dei lavoratori in un quadro istituzionale con caratteristiche non rivoluzionarie.

   Gli imperialisti e le borghesie europee sapevano che un consolidamento di questa strategia avrebbe rappresentato una seria minaccia per il loro futuro e quando le cose apparvero chiare, con la trasformazione socialista dei paesi dell'Est europeo, con l'avanzata della rivoluzione cinese e con il rafforzamento dei partiti comunisti europei, in particolare in Francia, Italia e Grecia, organizzarono il contrattacco. In Grecia innescarono la guerra civile, in Francia e in Italia fecero saltare la collaborazione governativa coi comunisti.

   In Italia la preparazione della rottura avviene già agli inizi del '47 con la scissione socialista del gennaio con Saragat protagonista e già sotto tutela americana. La scissione modificava anche i rapporti di forza all'interno del governo a favore della DC.

   De Gasperi, mentre ricopre ancora la carica di primo ministro 'unitario' va poi in America e si assicura l'intervento economico su larga scala degli USA. Poi, il primo maggio c'è la strage di Portella delle Ginestre. Un duro avvertimento per chi si volesse mettere sul terreno della lotta contro i latifondisti siciliani e del meridione.

   I segnali andavano dunque tutti nella stessa direzione ed è in questo clima che si svolge la campagna elettorale per le elezioni del 18 aprile, le prime elezioni politiche dell'era post-fascista. Una campagna condotta in prima fila dal clero, dai centri di propaganda anticomunista e antisovietica e con un compattamento attorno alla DC di tutta la destra, compresa quella monarchica e fascista e con l'appoggio degli americani a partire da quello finanziario assicurato a De Gasperi nel corso del suo viaggio in USA. I risultati elettorali furono 12.741.000 di voti alla DC e 8.137.000 al Blocco del popolo.

   Nel frattempo, e prima delle elezioni di aprile, De Gasperi con un governo monocolore di tecnici, con Einaudi ministro dell'economia appoggiato dalla destra, provvedeva a compattare una borghesia in fase di ripresa economica e a imporre una dura politica liberista e antioperaia.

   Era inevitabile questa sconfitta? Che si potesse ribaltare la situazione col voto non era nell'ordine delle cose. Le forze messe in campo, sul piano interno e internazionale, non davano adito all'ottimismo sui risultati. E così fu.

   Per valutare la situazione è significativa la relazione ([qui] e riassunta anche [qui]) che Pietro Secchia in visita a Mosca [qui] fece il 16 dicembre 1947 per illustrare i problemi che stavano di fronte al PCI dopo la cacciata dal governo e per cercare di capire il punto di vista dei comunisti sovietici. La relazione va letta alla luce delle critiche che Secchia esprimeva sul comportamento del partito negli anni del governo di unità nazionale e subito dopo l'estromissione dei comunisti. Nel corso dell'incontro che egli ebbe con Stalin, presenti anche Molotov, Zdanov e Beria. la risposta che gli viene data è inequivocabile. Da parte sovietica, come gli stesso riferisce, gli vien detto che non era possibile cambiare linea politica al PCI. "Ma non si tratta di questo - ribatte Secchia a Stalin - non si tratta di porre il problema dell'insurrezione, ma di condurre lotte economiche e politiche più decise, con maggiore ampiezza. Ma, mi si disse, nella sostanza ciò che dici porterebbe inevitabilmente a quello sbocco. Oggi non si può. Dovete però rafforzarvi, prepararvi bene ecc."

   Per il PCI non si trattava però solo di aspettare tempi migliori perchè il progetto della DC e della destra non era solo quello di sconfiggerlo politicamente, ma andava ben oltre. E infatti alcuni mesi dopo il 18 aprile, il 14 luglio, arriva l'attentato a Togliatti da parte di uno studente siciliano, Antonio Pallante, che le cronache dell'epoca definiscono 'fanatico nazionalista'. Qual'era l'obiettivo dell'attentato? Il problema non era solo uccidere Togliatti, ma raggiungere sicuramente un risultato più definitivo: provocare una guerra civile che doveva mettere fuori legge il Partito comunista. In merito a questa vicenda riportiamo due testi, uno sul clima in cui era maturato l'attentato, riassunto da Secchia [qui] e l'altro, ancora di Secchia in cui si dà una valutazione delle scelte che il PCI fece dopo l'attentato [qui].

   Il problema era dunque quello non di organizzare una risposta qualsiasi, ma di far fronte all'offensiva che era anche internazionale e che andava coordinata tra le forze che costituivano la linea di difesa della trincea comunista, specialmente in Europa, ma non solo.

   Teniamo presente che gli anni di cui stiamo parlando erano quelli della fondazione del Patto Atlantico, della divisione definitiva in due stati della Germania, della costituzione del Cominform per prepararsi ad una nuova guerra in Europa contro l'URSS, della vittoria definitiva dei comunisti cinesi e sullo sfondo il ricatto atomico e lo scoppio della guerra di Corea e la rottura con la Jugoslavia.

   Questi avvenimenti furono affrontati dal PCI in due congressi, il VI e il VII. Il VI congresso si tenne proprio alla vigilia del 18 aprile e precisamente il 5-10 gennaio del '48. I comunisti erano già stati esclusi dal governo e si apprestavano ad affrontare la difficile scadenza elettorale sotto il fuoco dell'attacco del blocco clericale e di destra che faceva capo alla DC col supporto sfacciato degli americani.

   Prima ancora di entrare nel merito degli obiettivi che venivano definiti, Togliatti nella sua relazione di apertura ("Tre minacce alla democrazia italiana", [qui]) richiama la situazione precedente e i risultati dell'esperienza di governo e mette in luce che, benchè si fosse arrivati a portare all'attivo la Repubblica e la Costituente, "accanto a questi (risultati) appaiono però subito molti elementi negativi e noi non possiamo dimenticare, anzi dobbiamo dire sin dal primo momento, che uno degli obiettivi fondamentali che ci proponevamo e che ponevamo alla classe operaia e al popolo, il rinnovamento economico e sociale del nostro paese, è ancora molto lontano dall'essere raggiunto. Per questa strada, anzi, nessun passo in avanti di carattere decisivo sinora è stato fatto."

   In quanto alle lotte sviluppate nel periodo '45-'47 "nessuna di esse - sottolinea Togliatti - modifica nella sostanza e in modo permanente il sistema dei privilegi delle classi possidenti capitalistiche. Quello che dobbiamo sottolineare è che le nostre organizzazioni operaie e di lavoratori non sono ancora riuscite a compiere nessun passo degno di nota in avanti sulla via della trasformazione democratica delle strutture economiche del Paese. E' questa la lacuna più seria che riscontriamo nel sistema della democrazia italiana, il passivo più pesante che dobbiamo registrare nel fare un bilancio degli ultimi due anni".

   Togliatti non si chiede però perchè questo bilancio sia così negativo. E la mancanza di questa analisi lascia aperti tutti gli interrogativi che la domanda sottende. Anche se l'incontro di Mosca summenzionato del dicembre '47 tra Stalin e Secchia una risposta in realtà l'aveva già data. E soprattutto se riteniamo che i veri grandi obiettivi praticabili e le battaglie per conseguirli fossero la Repubblica e la nuova Costituzione, mentre per modificare la natura delle strutture economiche si sarebbe dovuta affrontare una prospettiva di scontro aperto che ne avrebbe modificato i caratteri. Bisogna anche dire che la lotta per le 'trasformazioni democratiche delle strutture economiche' fu affrontata, ma in sede di governo, e lì fu sconfitta.

   All'inizio del '48, quindi, il VI congresso teneva conto di tutto questo e nella previsione di un nuovo e più duro scontro indicava le tre questioni, anzi le tre minacce, da affrontare. La relazione introduttiva di Togliatti al congresso si apriva appunto su questo.

   La prima minaccia era quella alla democrazia perchè, se a livello istituzionale erano stati raggiunti risultati importanti, sul terreno dei rapporti di forza concreti le cose stavano diversamente. Riferendosi alla Costituzione da poco approvata, Togliatti sostiene al congresso che: "(la nostra debolezza) si riflette del resto nella nostra Costituzione, la quale per una parte, per la prima parte soprattutto, è una Costituzione di un tipo nuovo... e indica una strada che dovrebbe essere seguita per operare profonde trasformazioni di carattere economico e sociale... nella stessa Costituzione però non esistono articoli i quali indichino concretamente quali sono i mezzi e gli istituti attraverso i quali verranno realizzate le indicate riforme e attuati i nuovi diritti del lavoro... per questo il nostro avvenire politico e perfino costituzionale è incerto poiché si possono prevedere scontri seri tra una parte progressiva che si appoggerà su una parte della nostra Carta costituzionale e una parte conservatrice e reazionaria che cercherà nell'altra parte gli strumenti della sua resistenza".

   Il secondo punto, la seconda minaccia indicata nel congresso, è la minaccia alla pace da poco conquistata e alla indipendenza nazionale. Nella relazione di Togliatti è detto, a questo proposito: "La prima cosa da farsi è di smascherare e denunciare i provocatori di guerra. Non ci si può illudere ed ingannare il nemico su questo terreno. Non si può venire a patti con esso. Riconosciuta l'esistenza del pericolo di guerra, dobbiamo individuare quali sono i portatori di questo pericolo, cioè le forze che lavorano per la guerra, e individuare queste forze prima di tutto nei circoli dirigenti della più grande potenza capitalistica e imperialistica di oggi, che sono gli Stati Uniti d'America... dobbiamo con costanza e pazienza spiegare al popolo come la politica di questi circoli dirigenti ci porti alla guerra".

   Per quanto riguarda la terza questione, la minaccia alla libertà e come combattere questo pericolo, Togliatti afferma, nella relazione al congresso: "Abbiamo il dovere di salvare la democrazia italiana facendo appello alle masse popolari e organizzandole in un fronte il quale sorga dalla coscienza sempre più decisa delle esigenze della lotta democratica e delle necessità vitali dei lavoratori. Ho già accennato delle iniziative ormai in pieno sviluppo: Consigli di gestione e loro congresso, raccolta delle forze democratiche del Mezzogiorno, Costituente della terra, movimento dei Comuni democratici, e nuova organizzazione unitaria democratica che sorge col nome di Fronte democratico, richiamandosi alle tradizioni del CLN ma differenziandosi dal CLN perchè questa volta il punto di partenza è l'impegno preciso di risolvere alcuni fondamentali problemi della struttura della economia e della società italiana"

   Siamo quindi alla definizione di quello che sarebbe stato il programma del Fronte popolare che si presentava all'appuntamento elettorale del 18 aprile. Il fatto poi che il Fronte non abbia prevalso alle elezioni è certamente spiegabile. Forse è l'entità della sconfitta che non era stata prevista, ma c'è da considerare che la vittoria della DC fu dovuta al blocco che attorno ad essa si era determinato, includendo nei suoi voti fascisti, monarchici, qualunquisti e satelliti vari, oltre ovviamente alle forze padronali e clericali e anche dal fatto che le elezioni del 18 aprile erano state precedute dalla scissione socialista dei filo-americani di Saragat. E tuttavia, nonostante tutti gli strumenti di condizionamento del voto messi in campo, a partire dall'uso dei preti come galoppini, il Fronte popolare ebbe più di otto milioni di voti. Ed è per questo che, se pur ci fu la sconfitta, la cosa più grave è che essa fu il punto di partenza di un attacco inaudito al PCI di cui l'attentato a Togliatti non fu che l'inizio. Gli otto milioni di voti al Blocco del popolo mettevano ancora paura, non solo, ma minacciavano la stabilizzazione del sistema di potere DC ed erano un problema internazionale per il nuovo fronte atlantista.

   Al momento del suo VII congresso (Roma dal 3-8 aprile 1951), facendo un bilancio degli effetti dell'offensiva reazionaria, il PCI registra (i dati arrivano fino al '50 quindi sono parziali): 62 lavoratori uccisi in conflitti con la polizia, 3.126 feriti, 92.169 lavoratori arrestati, comminati 8.441 anni di carcere, 1.105 comunisti ancora detenuti mentre si svolge il congresso. Queste cifre danno la misura di quanto fosse stato pesante l'attacco scatenato a partire dall'inizio del '48.

   Qual era la prospettiva che il PCI delineava per il partito e quali gli obiettivi? Togliatti nella sua relazione al VII congresso ("La lotta del popolo italiano per la pace, il lavoro, la libertà", [qui]) dice: "Quando si precisò, nel 1947, l'inizio di questa politica di discordia civile, di conservazione sociale e di reazione, noi prevedemmo la necessità di una grande lotta popolare per restaurare la democrazia e riaprire la strada all'avanzata delle forze popolari. Non so se tutti allora compresero che cosa significava questa nostra affermazione; essa significava che noi prevedevamo una lunga lotta nella quale saremmo stati costretti ad affrontare non soltanto i vecchi gruppi dirigenti reazionari italiani, ma anche i gruppi dirigenti dell'imperialismo internazionale. Prevedevamo quindi una lotta lunga e difficile. Dobbiamo riconoscere che la resistenza della classe operaia e del popolo ai tentativi di spingerli indietro fatti dal governo e dai partiti che lo compongono è stata grande, superiore anche all'attesa".

   Siamo solo al 1951 e due anni separano questa data dall'avvenimento che dimostra che il PCI era riuscito a rompere l'accerchiamento: la vittoria elettorale del 7 giugno 1953, che segna la sconfitta della 'legge truffa' e l'uscita di scena di De Gasperi. Nei fatti il PCI usciva rafforzato dal durissimo scontro e la sua liquidazione era ancora aldilà da venire.