Leonid I. Breznev
Rapporto al XXIV Congresso del PCUS

Da Leonid I. Breznev, Rapporto al XXIV Congresso del PCUS, Editori Riuniti, maggio 1971, parte I, pp. 9-34.

I
La situazione internazionale dell'URSS
L'attività del PCUS in politica estera

Compagni! Lo sviluppo interno del nostro paese è strettamente legato alla situazione nell'arena mondiale. Tenendo presente ciò, il Comitato Centrale del partito ha dedicato grande attenzione ai problemi internazio­nali. I problemi di maggiore importanza e attualità della politica estera dell'URSS e dell'attività del PCUS in seno al movimento comunista sono stati più volte oggetto di esame alle sessioni plenarie del CC.

L'Unione Sovietica è uno Stato amante della pace. Ciò deriva dalla natura stessa del nostro ordinamento socialista. Gli scopi della politica estera sovietica, così come sono stati formulati dal XXIII congresso del PCUS, consistono nell'assicurate insieme agli altri paesi socialisti condizioni inter­nazionali favorevoli alla costruzione del socialismo e del comunismo; nel rafforzare l'unità e la compattezza dei paesi socialisti, la loro amicizia e fratellanza; nell'appoggiare il movimento di liberazione nazionale e nel rea­lizzare una collaborazione multiforme con i giovani Stati in via di sviluppo, nel difendere con coerenza il principio della coesistenza pacifica degli Stati a diverso regime sociale, nell'opporsi decisamente alle forze aggressive del­l'imperialismo, nel liberare l'umanità dal pericolo di una nuova guerra mondiale.

Tutta l'attività pratica del CC nell'arena internazionale è stata diretta a raggiungere questi scopi.

1.
Per l'ulteriore sviluppo dell'amicizia e della collaborazione dei paesi socialisti

Al centro dell'attenzione del CC sono sempre stati i problemi dell'ul­teriore coesione e evoluzione del sistema socialista mondiale, i rapporti con i paesi fratelli del socialismo, con i loro partiti comunisti.

Il sistema mondiale del socialismo esiste già da un quarto di secolo. Dal punto di vista dello sviluppo della teoria e della pratica rivoluzionaria questi anni sono stati eccezionalmente fruttuosi. Il mondo socialista ha arricchito il movimento comunista ed operaio di un'esperienza che riveste un'importanza immensa, veramente storica. Da questa esperienza si desu­mono alcune constatazioni:

- L'ordinamento sociale socialista, saldamente affermatosi negli Stati che formano oggi il sistema mondiale del socialismo, ha dimostrato, nel corso dello scontro storico con il capitalismo, la propria grande forza vitale.

- La formazione e il consolidamento del sistema socialista mondiale sono stati un potente fattore che ha accelerato il progresso storico inaugu­rato dal Grande Ottobre. Si sono aperte nuove prospettive per il trionfo del socialismo in tutto il mondo; la realtà conferma la conclusione della Conferenza internazionale dei partiti comunisti ed operai del 1969 che «il sistema mondiale del socialismo è la forza decisiva nella lotta antim­perialistica».

- Il sistema mondiale del socialismo apporta un immenso con­tributo alla soluzione di un compito di importanza vitale per tutti i popoli come lo scongiuramento del pericolo di una nuova guerra mondiale. Pos­siamo affermare con piena certezza che molti piani degli aggressori impe­rialistici sono falliti perché esiste e opera attivamente il sistema socialista mondiale.

I successi nell'edificazione del socialismo dipendono in gran parte dalla giusta combinazione dei tratti generali e dei tratti specifici nazionali nello sviluppo sociale. Ora sappiamo non solo in teoria, ma ci siamo an­che convinti in pratica che la via del socialismo, i suoi tratti principali sono determinati dalle leggi generali proprie dello sviluppo di tutti i paesi socialisti. Noi sappiamo inoltre che le leggi generali si manifestano in varie forme rispondenti alle concrete condizioni storiche, alle peculiarità nazionali. Non è possibile costruire il socialismo, se non si parte dalle leggi generali e se non si tiene conto delle concrete peculiarità storiche di ogni paese. Se si trascurano entrambi questi fattori, non è possibile neppure sviluppare giustamente i rapporti fra gli Stati socialisti.

L'esperienza accumulata negli ultimi 25 anni permette pure di valu­tare e individuare in modo profondo e più realistico le vie per superare le difficoltà d'ordine oggettivo e soggettivo che sorgono nel corso della costruzione della nuova società e dell'affermarsi di un nuovo tipo di relazioni interstatali, di un tipo di relazioni socialiste. La comunanza degli ordinamenti sociali e la coincidenza degli interessi e scopi fondamentali dei popoli dei paesi socialisti permettono, a patto di una giusta politica dei partiti marxisti-leninisti, di superare con successo queste difficoltà, di contribuire continuamente allo sviluppo e al rafforzamento del sistema socialista mondiale.

Il quinquennio trascorso ha apportato un notevole contributo al pa­trimonio di esperienze collettive dei paesi e partiti fratelli. Negli ultimi cinque anni si è accresciuto sensibilmente il potenziale economico degli Stati socialisti, si sono consolidate le basi politiche del socialismo, si è elevato il tenore di vita del popolo, si sono sviluppate ulteriormente la cultura e la scienza.

Ma, in pari tempo, è noto che nel mondo socialista sono continuate a manifestarsi alcune difficoltà e complicazioni, il che si è ripercosso anche sullo sviluppo delle relazioni fra singoli Stati e l'Unione Sovietica. Ciò non ha mutato però la tendenza attualmente dominante verso il rafforzamento dell'amicizia e della compattezza dei paesi del socialismo. Nel complesso, la nostra collaborazione con i paesi fratelli è andata sviluppandosi e rafforzandosi in tutti i campi.

Il PCUS ha attribuito particolare importanza allo sviluppo della col­laborazione con i partiti comunisti dei paesi fratelli. Tale collaborazione ci ha permesso di elaborare in comune, arricchendoci di esperienze reci­proche, i problemi di principio dell'edificazione del socialismo e del comunismo, di trovare le forme più razionali delle relazioni economi­che, di determinare collettivamente una linea comune in politica estera, di scambiarci opinioni sui problemi dell'attività nel campo dell'ideolo­gia e della cultura.

Il periodo in esame è stato contrassegnato da importanti successi nel campo del coordinamento dell'attività dei partiti e degli Stati fra­telli nella politica estera. I maggiori problemi e avvenimenti interna­zionali di questi anni sono stati esaminati collettivamente a vari livelli dai rappresentanti dei paesi socialisti.

La sede principale del coordinamento dell'attività dei paesi fra­telli nel campo della politica estera è stata e rimane l'Organizzazione del Trattato di Varsavia.

È dei paesi del Trattato di Varsavia l'iniziativa di avanzare un ampio programma di consolidamento della pace in Europa, il cui asse sia costituito dalla necessità di assicurare l'intangibilità degli attuali con­fini statali. Alcune riunioni del Comitato politico consultivo sono state dedicate all'elaborazione e alla concretizzazione di questo programma.

I paesi del Trattato di Varsavia possono indubbiamente ascrivere a loro merito politico anche il fatto che sono stati frustrati i piani della NATO di aprire ai militaristi della RFT l'accesso alle armi nucleari.

Gli sforzi congiunti degli Stati socialisti hanno permesso di conse­guire progressi sostanziali anche nella soluzione di un compito così im­portante ai fini della stabilizzazione europea, come quello del rafforza­mento delle posizioni internazionali della Repubblica Democratica Te­desca. È stata fatta naufragare la cosiddetta « dottrina Hallstein ». La RDT è stata già riconosciuta da 27 Stati e non vi è alcun dubbio che que­sto processo proseguirà anche in avvenire.

L'appoggio attivo e coerente dell'Unione Sovietica e degli altri paesi socialisti ai popoli del Vietnam e degli altri paesi dell'Indocina è di importanza essenziale nella loro lotta contro gli interventisti impe­rialistici. Per quanto riguarda il Medio Oriente, i passi intrapresi dagli Stati socialisti sono stati uno dei fattori decisivi, che hanno fatto fallire i piani imperialistici volti a rovesciare i regimi progressivi nei paesi arabi.

All'ONU e nelle altre organizzazioni internazionali i paesi socialisti, agendo di concerto, hanno presentato molte proposte che hanno un'im­portanza capitale nella vita internazionale. Queste proposte si sono col­locate al centro dell'attenzione di tutta l'opinione pubblica mondiale.

Negli ultimi anni in seguito all'elaborazione e applicazione collet­tiva di una serie di provvedimenti si è perfezionata l'organizzazione mi­litare del Trattato di Varsavia. Le forze armate degli Stati alleati si di­stinguono per il loro alto grado di efficienza combattiva e sono in grado di garantire il lavoro pacifico dei popoli fratelli.

Insomma, compagni, la multilaterale collaborazione politica dei paesi del socialismo diventa sempre più stretta e attiva. Noi ci poniamo determinati obiettivi e ci adoperiamo insieme per raggiungerli. Ciò, s'intende, ha immensa importanza, soprattutto nelle attuali condizioni della lotta fra due sistemi sociali mondiali.

D'importanza non inferiore è la collaborazione nel campo econo­mico, l'allargamento e l'approfondimento delle relazioni economiche fra i paesi del socialismo. Il periodo in esame è stato fruttuoso anche a questo riguardo.

Rivolgiamoci ai fatti.

L'Unione Sovietica e gli Stati fratelli cercano in ogni modo di aiutarsi reciprocamente nello sviluppo delle economie nazionali. Nei cin­que anni trascorsi nei paesi socialisti con la nostra assistenza tecnica sono stati costruiti o rimodernati più di 300 aziende e impianti indu­striali e agricoli. Noi forniamo agli amici a condizioni reciprocamente vantaggiose molti tipi di prodotti industriali. L'Unione Sovietica sod­disfa al 70% e più il fabbisogno dei paesi del COMECON, di Cuba e, in notevole misura, della RDV e della RDPC in una serie di importantis­simi tipi di materie prime e di combustibili.

A sua volta, la nostra economia nazionale ha ricevuto nel quinquen­nio trascorso dai paesi del COMECON attrezzature per 54 fabbriche chimiche. Più del 38% del tonnellaggio che ha ingrossato la nostra marina è stato costruito nei cantieri dei nostri amici. Con i loro investi­menti i paesi del COMECON concorrono allo sviluppo dei settori so­vietici produttori di materie prime e di combustibili, concimi chimici e cellulosa, al potenziamento degli impianti metallurgici. I paesi fratelli ci forniscono anche molti beni di consumo.

L'URSS e gli altri paesi del COMECON costruiranno le loro rela­zioni economiche in base a piani di lungo respiro. In particolare si è proceduto al coordinamento dei piani economici nazionali dei paesi fratelli per gli anni 1971-1975. Negli ultimi anni è stato proseguito attivamente il lavoro inteso a sviluppare la struttura organizzativa e la base tecnica della collaborazione economica multilaterale.

Si lavora alla costruzione della seconda linea dell'oleodotto «Druzhba». Nel primo anno d'attività, nel 1964, per mezzo dell'oleodotto sono stati trasportati 8,3 milioni di tonnellate di petrolio. Nel 1975 le forniture di petrolio ai paesi fratelli tramite questo oleodotto ammon­teranno a circa 50 milioni di tonnellate. È in costruzione un gasdotto, unico per le sue dimensioni, destinato a trasportare il gas naturale dalla Siberia alla parte europea del nostro paese. Ciò permetterà pure di incrementare le forniture di gas alla Cecoslovacchia e alla Polonia e di incominciare a fornirne alla RDT, alla Bulgaria e all'Ungheria. Sono fonte di grandi economie per i paesi del COMECON i circuiti elettrici unificati « Mir ». Svolge con successo la sua attività la Banca interna­zionale per la collaborazione economica, e recentemente è stata inaugu­rata la Banca generale degli investimenti dei paesi del COMECON. Si consolidano anche altre forme di legami multilaterali.

Tutto ciò influisce positivamente sull'efficienza della produzione so­ciale, sullo sviluppo a ritmi elevati dell'economia nazionale di ciascuno di questi paesi. Nel quinquennio trascorso la produzione industriale dei paesi del COMECON è aumentata del 49%. Si estendono anche gli scambi commerciali fra loro.

Ma noi, come gli altri membri del COMECON, riteniamo che le possibilità della divisione socialista del lavoro siano ancora lungi dal­l'essere sfruttate in pieno. La pratica ci ha condotti a una conclusione comune: è necessario approfondire la specializzazione e la cooperazione della produzione, è necessario coordinare più strettamente i piani eco­nomici nazionali, è necessario, insomma, avanzare sulla via dell'inte­grazione economica degli Stati socialisti. Si tratta, compagni, di un compito, la cui importanza e la cui necessità sono ovvie.

L'integrazione economica dei paesi socialisti è un processo nuovo e complesso. Esso presuppone criteri nuovi, più ampie vedute nell'affron­tare numerosi problemi economici, la capacità di trovare le soluzioni più razionali in armonia con gli interessi non solo di un dato paese, ma di tutte le parti interessate. Questo processo richiede che si faccia leva sulle nuovissime realizzazioni della scienza e della tecnica, sulle produ­zioni economicamente più vantaggiose e tecnicamente avanzate.

Il PCUS farà sì che i funzionari dei nostri organi economici e di pianificazione affrontino i problemi proprio secondo questi criteri. In relazione a ciò, varrebbe evidentemente la pena di studiare misure atte ad accrescere l'interesse di tutti i settori del nostro sistema economico per lo sviluppo delle relazioni economiche a lungo termine con i paesi fratelli.

Nel periodo fra il XXIII e il XXIV congresso il nostro partito si è prodigato per rafforzare le relazioni bilaterali dell'Unione Sovietica con gli Stati socialisti.

Una collaborazione stretta e multiforme e un'amicizia cordiale sono ciò che contraddistingue le nostre relazioni con i paesi del Trattato di Varsavia: Bulgaria, Ungheria, Repubblica Democratica Tedesca, Polonia, Romania e Cecoslovacchia.

Sono stati stipulati nuovi trattati di amicizia, collaborazione e mu­tua assistenza con la Bulgaria, l'Ungheria, la Cecoslovacchia e la Roma­nia. Unitamente ai trattati entrati in vigore in precedenza con la RDT, la Polonia e la Mongolia e agli altri trattati bilaterali fra i paesi fratelli, questi documenti sono la base di un ampio sistema di impegni interal­leati di tipo nuovo, di tipo socialista.

Incrollabile è la nostra amicizia con la Repubblica Popolare Po­lacca. Constatiamo con profonda soddisfazione che in Polonia, paese fra­tello, sono state superate le difficoltà ivi sorte. Il Partito operaio uni­ficato polacco realizza provvedimenti volti a rafforzare i suoi legami con la classe operaia e con tutti i lavoratori, a consolidare ancor maggior­mente le posizioni del socialismo nel paese. I comunisti dell'Unione Sovie­tica augurano di tutto cuore ai loro amici polacchi i più grandi successi.

Il nostro partito e il popolo sovietico sono legati da vincoli di solidarietà socialista, di salda amicizia combattiva al Partito dei lavora­tori del Vietnam, alla Repubblica Democratica del Vietnam. Seguendo gli insegnamenti del grande patriota e rivoluzionario Ho Chi Min, il popolo vietnamita tiene in alto la bandiera del socialismo e si oppone impavida­mente agli aggressori imperialistici. La Repubblica Democratica del Viet­nam può essere certa di poter contare anche per l'avvenire, sia nella lotta armata che nel lavoro pacifico, sull'appoggio fraterno dell'Unione Sovietica.

In questi anni il Comitato Centrale ha dedicato una costante atten­zione al rafforzamento della collaborazione con la Repubblica di Cuba, con il Partito comunista di Cuba. In seguito agli sforzi reciproci sono stati registrati notevoli successi nello sviluppo delle relazioni sovietico-cubane. I popoli dell'Unione Sovietica e di Cuba sono compagni di lotta, la loro amicizia è indistruttibile.

Ormai da mezzo secolo il PCUS e lo Stato sovietico sono uniti da una salda e provata amicizia al Partito popolare rivoluzionario mongolo e alla Repubblica Popolare Mongola. L'Unione Sovietica, fedele amica e alleata della Mongolia socialista, sostiene attivamente gli sforzi degli amici mongoli, diretti a risolvere importanti problemi dell'economia e a consolidare le posizioni internazionali del proprio paese.

Negli ultimi anni si sono allargati i nostri legami con la Repubblica Democratica Popolare Coreana, con il Partito del lavoro coreano, il che, ne siamo certi, corrisponde agli interessi dei popoli dei due paesi. L'Unione Sovietica ha appoggiato e appoggia le proposte del governo della RDPC per l'unificazione democratica e pacifica del paese, le rivendi­cazioni del popolo coreano per il ritiro delle truppe americane dal sud della Corea.

Nel periodo in esame hanno continuato a svilupparsi le relazioni sovietico-jugoslave. I sovietici vogliono che il socialismo vada consolidandosi in Jugoslavia e che i suoi legami con la comunità socialista diventino sempre più saldi. Noi siamo favorevoli alla collaborazione sovietico-jugoslava, allo sviluppo dei contatti fra i nostri due partiti.

Ed ora passiamo alle nostre relazioni con la Repubblica Popolare Cinese. Come è noto, i dirigenti cinesi hanno avanzato una propria par­ticolare piattaforma ideologica e politica, che nelle questioni fonda­mentali della vita internazionale e del movimento comunista mondiale è incompatibile con il leninismo, e ci hanno chiesto di rinunciare alla linea del XX congresso e del Programma del PCUS. Essi hanno lan­ciato un'intensa propaganda ostile al nostro partito e al nostro Paese, hanno avanzato pretese territoriali nei confronti dell'Unione Sovietica e sono persino arrivati a provocare incidenti armati di frontiera nella primavera e nell'estate del 1969.

Il nostro partito ha preso decisamente posizione contro i tentativi di travisare la dottrina del marxismo-leninismo, di scindere il movimento comunista internazionale, le file dei combattenti contro l'imperialismo. Agendo con calma e senza accettare provocazioni, il CC del PCUS e il Governo sovietico hanno fatto quanto era in loro potere per conseguire una normalizzazione dei rapporti con la Repubblica Popolare Cinese.

Nell'ultimo anno e mezzo, in seguito all'iniziativa promossa da par­te nostra, sono apparsi sintomi di una certa normalizzazione nei rapporti fra l'URSS e la RPC. Nel settembre 1969 ha avuto luogo un incontro fra i capi di governo dei due paesi, dopo il quale si sono aperte trattative a Pechino fra delegazioni governative per la sistemazione delle questioni di frontiera. Le trattative procedono lentamente e per assicurarne un esito felice, s'intende, ci vuole la posizione costruttiva non di una parte soltanto.

Alla fine dell'anno scorso si è avuto fra l'URSS e la RPC uno scambio di ambasciatori. Dopo un notevole intervallo sono stati firmati accordi commerciali, cresce in una certa misura il commercio reciproco. Sono passi utili. Siamo disposti a continuare ad agire nella medesima direzione.

Ma, d'altra parte, compagni, noi, certamente, non possiamo non vedere che nella propaganda e nella politica della Cina perdura una linea antisovietica. Non solo, ma questa linea ostile all'Unione Sovietica è stata sancita nelle decisioni del IX congresso del PCC.

Che cosa si può dire a questo proposito?
Noi respingiamo decisamente le invenzioni calunniose sulla politica del nostro partito e del nostro Stato, diffuse da Pechino e inculcate al popolo cinese. Seminare zizzanie tra la Cina e l'URSS è tanto più assurdo e nocivo, ove si pensi che ciò avviene in una situazione in cui gli imperialisti intensificano le loro azioni aggressive contro i popoli amanti della libertà. La situazione richiede più che mai la coesione, l'unità d'azione di tutte le forze antimperialistiche e rivoluzionarie, e non che si attizzi l'ostilità fra Stati come l'URSS e la Cina.

Noi non transigeremo sugli interessi nazionali dello Stato sovietico. Il PCUS si batterà instancabilmente anche in avvenire per la coesione dei paesi socialisti e del movimento comunista sulla base del marxismo-leninismo. Al tempo stesso il nostro partito e il Governo sovietico sono profondamente convinti che un miglioramento delle relazioni fra l'Unione Sovietica e la Repubblica Popolare Cinese risponderebbe agli interessi essenziali, duraturi dei nostri due paesi, agli interessi del socialismo, della libertà dei popoli e del rafforzamento della pace. Perciò siamo disposti a contribuire in tutti i modi non solo alla normalizzazione delle rela­zioni, ma anche al ripristino dei rapporti di buon vicinato e dell'ami­cizia fra l'Unione Sovietica e la Repubblica Popolare Cinese, ed espri­miamo la certezza che, in ultima analisi, ciò sarà raggiunto.

Tale è la nostra posizione di principio. L'abbiamo ribadito ripe­tutamente, ci atteniamo fermamente ad essa e la confermiamo in pratica. Per quanto concerne l'Albania, noi, come per il passato, siamo di­sposti a ristabilire normali relazioni con essa. Ciò gioverebbe sia ai nostri due paesi che agli interessi comuni degli Stati socialisti.

Compagni! Negli ultimi anni la crisi politica in Cecoslovacchia ha occupato un posto notevole negli avvenimenti internazionali. In questa sede evidentemente non vi è bisogno di esporre i fatti. Essi sono ben noti. Ci soffermeremo soltanto su alcune conclusioni fra le più essen­ziali che, secondo noi, bisogna ricavare dall'accaduto.

Gli avvenimenti cecoslovacchi hanno ricordato di nuovo che nei pae­si incamminatisi sulla via dell'edificazione del socialismo, le forze antiso­cialiste, conservatesi in misura maggiore o minore all'interno di questi paesi, possono in determinate condizioni galvanizzarsi e arrivare persino a palesi azioni contro­rivoluzionarie, facendo affidamento su appoggi esterni da parte dell'imperialismo, il quale, dal canto suo, è sempre pronto a far blocco con tali forze.

In relazione a ciò è emerso chiaramente il pericolo di un revisio­nismo di destra, il quale cerca, col pretesto di « migliorare » il socialismo, di svuotare il marxismo-leninismo della sua essenza rivoluzionaria e sgom­bra la strada alla penetrazione dell'ideologia borghese.

Gli avvenimenti cecoslovacchi hanno dimostrato in modo convincen­te quanto sia importante rafforzare senza posa il ruolo dirigente del partito nella società socialista, perfezionare incessantemente le forme e i metodi di direzione del partito, applicare con spirito creativo i criteri marxisti-leninisti nel risolvere i problemi maturi dello sviluppo del so­cialismo.

Ci era chiaro che non si trattava solo di un tentativo dell'imperia­lismo e dei suoi complici di abbattere il regime socialista in Ceco­slovacchia. Si trattava anche di un tentativo di infliggere un colpo alle posizioni del socialismo in Europa nel suo insieme, di creare condizioni favorevoli ad un successivo attacco al mondo socialista da parte delle forze più aggressive dell'imperialismo.

Accogliendo gli appelli di personalità del partito e dello Stato, dei comunisti e dei lavoratori della Cecoslovacchia e prendendo in conside­razione la minaccia profilatasi per le conquiste del socialismo in questo paese, noi insieme ai paesi socialisti fratelli abbiamo preso allora la decisione di prestare alla Cecoslovacchia un aiuto internazionalista nella salvaguardia del socialismo. Nelle condizioni d'emergenza, create dalle forze dell'imperialismo e della controrivoluzione, questo passo ci è stato dettato dal nostro dovere di classe, dalla nostra fedeltà ai princìpi dell'internazionalismo socialista, dalla sollecitudine per gli interessi dei nostri Stati, per le sorti del socialismo e della pace in Europa.

Il Plenum del CC del Partito comunista cecoslovacco nel docu­mento «Gli insegnamenti della crisi» ha dato, come è noto, il seguente giudizio sul significato dell'aiuto collettivo degli Stati fratelli:

« L'ingresso delle truppe alleate dei cinque paesi socialisti in Ce­coslovacchia è stato un atto di solidarietà internazionale, che risponde sia agli interessi generali dei lavoratori cecoslovacchi che agli interessi della classe operaia internazionale, della comunità socialista e agli inte­ressi di classe del movimento comunista internazionale. Questo atto internazionalista ha salvato la vita a migliaia di persone, ha assicurato all'interno e all'esterno le condizioni per un lavoro sereno e pacifico, ha rafforzato i confini occidentali del campo socialista e ha distrutto le speranze degli ambienti imperialistici in una revisione dei risultati della seconda guerra mondiale ».

Noi condividiamo in pieno la conclusione cui è giunto il Partito comunista cecoslovacco. I fatti hanno dimostrato una volta di più in modo convincente che l'unità fraterna dei paesi socialisti è la barriera più sicura contro le forze che tentano di attaccare, di indebolire il campo del socialismo, di minare e di ridurre a zero le conquiste socialiste dei lavoratori. I popoli dei paesi socialisti dimostrano chiaramente a tutto il mondo che essi non rinunceranno alle loro conquiste rivoluzionarie, che i confini della comunità socialista sono incrollabili e intangibili.

Noi siamo sinceramente lieti che i comunisti della Cecoslovacchia siano riusciti ad aver ragione delle prove che sono loro toccate. Attual­mente il Partito comunista cecoslovacco si avvia verso il suo XIV con­gresso, il quale, ne siamo certi, sarà una nuova tappa importante sulla via del rafforzamento delle posizioni del socialismo in Cecoslovacchia.

Compagni! Il mondo del socialismo con i suoi successi e le sue prospettive, con tutti i suoi problemi è oggi un organismo sociale an­cora giovane, in crescita, in cui ancora non tutto si è assestato, e molte cose portano l'impronta delle passate epoche storiche. Il mondo del socialismo è tutto in movimento, esso si perfeziona continuamente. Il suo sviluppo avviene, naturalmente, attraverso la lotta fra il nuovo e il vec­chio, attraverso la soluzione delle contraddizioni interne. L'esperienza accumulata aiuta i partiti fratelli a risolvere giustamente e tempestivamente le contraddizioni e a seguire con passo sicuro la via additata dai grandi maestri del proletariato: Marx, Engels e Lenin.

Il Partito comunista dell'Unione Sovietica ha considerato e considera suo dovere internazionalista favorire in tutti i modi l'ulteriore sviluppo della potenza del sistema mondiale del socialismo. Noi siamo favorevoli a che la collaborazione dei paesi fratelli diventi sempre più varia e più profonda, abbracci sempre più vaste masse lavoratrici, e che si proceda a uno studio sempre più approfondito delle esperienze recipro­che a tutti i livelli della vita statale, sociale, economica e culturale.

Noi vogliamo che ogni paese fratello sia uno Stato prospero, in cui il rapido progresso economico e tecnico-scientifico si abbini armoniosa­mente al fiorire della cultura socialista, all'ascesa del benessere mate­riale dei lavoratori. Noi vogliamo che il sistema mondiale del socialismo sia una famiglia concorde di popoli che costruiscono e difendono assieme la nuova società, che si arricchiscono reciprocamente di esperienze e co­gnizioni, una famiglia compatta e salda, in cui gli uomini della Terra possano vedere il prototipo di una futura comunità mondiale di popoli liberi.

Permettetemi di assicurare i nostri amici, i nostri fratelli e com­pagni di lotta nei paesi del socialismo che il Partito comunista dell'Unio­ne Sovietica non risparmierà gli sforzi per raggiungere questa nobi­le meta!

2.
L'imperialismo è il nemico dei popoli, del progresso sociale.
I popoli sono contro l'imperialismo

Compagni! Al XXIII congresso, e in seguito in una serie di suoi documenti, il nostro partito ha già fornito un giudizio esauriente sull'im­perialismo moderno. Un'analisi marxista-leninista delle sue odierne pecu­liarità è contenuta nei documenti della Conferenza comunista internazio­nale del 1969. Permettetemi perciò di soffermarmi, alla luce dell'espe­rienza degli ultimi anni, solo su alcuni momenti fondamentali, di cui dobbiamo tener conto nella nostra politica.

I tratti particolari del capitalismo contemporaneo sono dovuti in notevole misura al fatto che esso cerca di adattarsi alla nuova situazione nel mondo. Nelle condizioni della lotta contro il socialismo i circoli dirigenti dei paesi del capitale temono come non mai la trasformazione della lotta di classe in un movimento rivoluzionario di massa. Di qui la tendenza della borghesia ad adottare forme occulte di sfruttamento e di asservimento dei lavoratori, la sua inclinazione ad accordare, in una serie di casi, riforme parziali per mantenere possibilmente le masse sotto un proprio controllo ideologico e politico. I monopoli si servono larga­mente delle conquiste del progresso tecnico-scientifico per rafforzare le proprie posizioni, per accrescere l'efficienza e i ritmi di sviluppo della produzione, per intensificare lo sfruttamento dei lavoratori, la loro oppressione.

Ma l'adattamento alle nuove condizioni non significa stabilizzazione del capitalismo come sistema. La crisi generale del capitalismo continua ad accentuarsi.

Anche i paesi capitalistici più avanzati non sono esenti da seri sconvolgimenti economici. Gli USA, per esempio, già da circa due anni non riescono ad uscire da una nuova crisi economica. Gli ultimi anni sono stati contrassegnati anche da una grave crisi del sistema mone­tario e finanziario del capitalismo.

È diventato un fenomeno costante lo sviluppo simultaneo dell'in­flazione e della disoccupazione. Nei paesi a capitalismo avanzato si con­tano oggi circa 8 milioni di disoccupati.

Né i processi di integrazione, né l'interesse di classe degli imperia­listi a imbastire un'unità di sforzi nella lotta contro il socialismo mon­diale sono valsi ad eliminare le contraddizioni fra gli Stati imperialistici. Verso l'inizio degli anni '70 sono emersi chiaramente i principali centri di rivalità imperialistica: USA, Europa Occidentale (soprattutto i sei del Mercato comune) e Giappone. Fra di essi si svolge una lotta con­correnziale, economica e politica sempre più acuta. I divieti elevati dagli organi ufficiali degli USA all'importazione di un numero sempre mag­giore di merci dall'Europa e dal Giappone e i tentativi dei paesi europei di limitare il loro sfruttamento ad opera del capitale americano sono solo alcuni momenti di questa lotta.

La politica estera dell'imperialismo nel quinquennio trascorso ha fornito nuove prove dell'immutabilità della sua natura reazionaria e aggressiva.

In relazione a ciò bisogna soffermarsi prima di tutto sull'imperia­lismo americano, il quale ha confermato di nuovo in questi ultimi anni la sua aspirazione ad assolvere il ruolo di una specie di garante e protet­tore del sistema internazionale di sfruttamento e di asservimento. Esso mira a dominare ovunque, interviene negli affari degli altri popoli, viola sfacciatamente i loro diritti legittimi e la loro sovranità, cerca di imporre, con la forza, con la corruzione, con la penetrazione economica, la propria volontà ad altri Stati e ad intere regioni del mondo.

Forze della guerra e dell'aggressione esistono, s'intende, anche negli altri paesi imperialistici. Nella Germania Occidentale sono i revanscisti che vengono a collusione sempre di più con i neonazisti; in Inghilterra sono i soffocatori della libertà dell'Irlanda settentrionale, i fornitori di armi ai razzisti dell'Africa del Sud, gli apologeti della politica aggressiva degli USA; in Giappone sono i militaristi, i quali, ad onta della costi­tuzione che vieta « in eterno » la guerra, cercano di spingere di nuovo questo paese sulla via dell'espansione e dell'aggressione.

Bisogna, compagni, tenere presente inoltre che negli anni postbellici nel mondo capitalistico si assiste ad uno sviluppo senza precedenti del militarismo. Questa tendenza si è accentuata ancora di più negli ultimi tempi. Nel solo 1970 i paesi della NATO hanno investito nei preparativi bellici 103 miliardi di dollari. La militarizzazione ha assunto il carattere più pericoloso negli USA. Negli ultimi cinque anni in questo paese sono stati spesi per scopi militari circa 400 miliardi di dollari.

Gli imperialisti saccheggiano sistematicamente i popoli di decine di paesi dell'Asia, dell'Africa, dell'America Latina. Essi ricavano ogni anno miliardi di dollari dal cosiddetto « terzo mondo ». Intanto, secondo i dati di un rapporto sulla situazione alimentare nel mondo, pubblicato dal-l'ONU nel 1970, in questi continenti 375 milioni di persone vivono sul­l'orlo della morte per inedia.

Non vi è crimine che gli imperialisti non siano disposti a com­piere pur di mantenere o di ristabilire il loro dominio sui popoli delle ex colonie o degli altri paesi che si liberano dalla morsa dello sfrutta­mento capitalistico. Il quinquennio trascorso ha fornito molte nuove pro­ve al riguardo. L'aggressione contro gli Stati arabi, i tentativi di inva­sione della Guinea da parte dei colonialisti, l'attività sovversiva contro i regimi progressivi nell'America Latina sono sempre lì a ricordare che la guerra dell'imperialismo contro i popoli amanti della libertà non ha tregua.

Il maggiore misfatto dei colonialisti contemporanei, la vergogna del­l'America è il perdurare dell'aggressione degli USA contro i popoli del Vietnam, della Cambogia, del Laos.

Negli ultimi anni sono diventati di pubblico dominio crimini di guerra dell'imperialismo americano, che hanno letteralmente sconvolto la opinione pubblica mondiale. Ha acquistato tragica notorietà il villaggio vietnamita di Song My, la cui popolazione pacifica ed inerme, compresi donne, vecchi e bimbi, è stata sadicamente sterminata dagli invasori americani.

È difficile parlare con calma dei crimini che vengono perpetrati dagli invasori armati fino ai denti. Centinaia di migliaia di tonnellate di napalm hanno raso letteralmente al suolo, bruciandole, intere zone del Sud Vietnam. Quasi un milione e mezzo di vietnamiti sono rimasti intossicati, molti sono morti in seguito all'impiego delle armi chimiche. La coscienza di ogni persona onesta e tanto più la coscienza di un comu­nista non si rassegnerà mai a quello che compiono gli invasori americani e i loro accoliti, che si autodefiniscono rappresentanti della «civiltà occi­dentale» e del cosiddetto « mondo libero ». Vergogna a loro!

Compagni! I tentativi dell'imperialismo di volgere la ruota della storia a suo favore sono condannati a fallire e noi non abbiamo alcun dubbio in proposito. Però noi, comunisti, sappiamo perfettamente che non vi è motivo per nutrire soverchio ottimismo e per rimanere passivi. Ai combattenti contro il giogo capitalistico si contrappone l'ultimo sistema di sfruttamento, ma esso è anche il più potente fra tutti quelli finora esistiti. Perciò ci attende ancora una lotta lunga e difficile.

Ma per quanto difficile possa essere questa lotta, essa continua a svilupparsi, il suo fronte si estende continuamente. Negli ultimi anni i combattenti contro l'imperialismo hanno scritto nuove pagine gloriose negli annali delle battaglie di classe.

Oggi come ieri il movimento operaio internazionale si presenta come la provata avanguardia combattiva delle forze rivoluzionarie. Gli avve­nimenti dell'ultimo quinquennio nel mondo capitalistico hanno confer­mato in pieno il ruolo della classe operaia come l'avversario principale, come l'avversario più forte del potere dei monopoli, come il centro di attrazione di tutte le forze antimonopolistiche.

In paesi come la Francia e l'Italia, dove le tradizioni della lotta di classe sono più sviluppate e dove operano forti partiti comunisti, si è assistito alle lotte dei lavoratori con alla testa la classe operaia non solo contro i singoli gruppi di capitalisti, ma anche contro tutto il sistema del dominio monopolistico di Stato. In Inghilterra la lotta di classe ha raggiunto un alto grado di tensione; per la loro entità e per il numero dei partecipanti gli attuali scioperi possono essere paragonati solo allo sciopero generale del 1926. Negli USA hanno acquistato vaste pro­porzioni le battaglie della classe operaia contro i monopoli, si sviluppa con asprezza senza precedenti la lotta del popolo negro per l'uguaglianza e della gioventù contro la guerra nel Vietnam. Sta acquistando forza il movimento operaio di massa nella RFT. Per la prima volta dopo molti decenni si hanno vasti scontri di classe nei paesi scandinavi e in Olanda. Continua ad aggravarsi la crisi sociale e politica in Spagna. In tutte le battaglie di classe dell'ultimo periodo una funzione notevole e crescente è esercitata dalle organizzazioni sindacali dei lavoratori e particolarmente da quelle che sono raggruppate nella Federazione sindacale mondiale.

La Conferenza dei partiti fratelli, come è noto, è giunta alla con­clusione che le attuali importanti battaglie della classe operaia prean­nunciano nuove lotte di classe, che possono sfociare in fondamentali tra­sformazioni sociali e portare all'instaurazione del potere della classe ope­raia in alleanza con gli altri strati di lavoratori.

Al tempo stesso, compagni, l'imperialismo è fatto segno ad una pressione sempre maggiore delle forze scaturite dalla lotta di libera­zione nazionale, e soprattutto dei giovani Stati indipendenti di tendenze antimperialistiche dell'Asia e dell'Africa.

L'essenziale è che la lotta per la liberazione nazionale in molti paesi ha cominciato a trasformarsi in lotta contro i rapporti di sfruttamento, sia feudali che capitalistici.

Oggi in Asia e in Africa vi sono già non pochi paesi che si sono incamminati sulla via dello sviluppo non capitalistico, cioè hanno scelto come prospettiva la strada della costruzione di una società socialista. Questa via è seguita da molti Stati. In questi paesi si realizzano, e in misura sempre maggiore col passare del tempo, profonde trasformazioni sociali, che rispondono agli interessi delle masse popolari e portano al rafforzamento dell'indipendenza nazionale.

L'offensiva delle forze di liberazione nazionale e sociale contro il dominio del capitale assume varie forme. Ad esempio, nei paesi che si orientano verso il socialismo si nazionalizzano i beni dei monopoli impe­rialistici. Ciò permette di rafforzare e di sviluppare il settore statale, che costituisce in sostanza la base economica di una politica democratica rivoluzionaria. In un paese come la Repubblica Araba Unita il settore statale abbraccia ora l'85% della produzione industriale, in Birmania il settore statale controlla più dell'80% dell'industria estrattiva e circa il 60% dell'industria della trasformazione. Nuovi importanti provvedi­menti per la nazionalizzazione delle proprietà imperialistiche sono stati attuati in Algeria. In Guinea, nel Sudan, in Somalia e in Tanzania molte aziende, banche, compagnie commerciali straniere sono passate nelle ma­ni dello Stato.

Sono state adottate importanti misure anche per risolvere una questione complessa, che investe le sorti di molti milioni di contadini, come quella della terra. Se parliamo solo del quinquennio trascorso, im­portanti trasformazioni agrarie sono state realizzate nella RAU e in Si­ria, è stato dato inizio a trasformazioni del genere nel Sudan e in So­malia. In Algeria è stata annunciata l'attuazione di una riforma agraria nell'anno in corso. Nella Repubblica Popolare del Congo (Brazzaville) tutta la terra e il suo sottosuolo sono divenuti patrimonio dello Stato.

S'intende che la trasformazione radicale degli arretrati rapporti so­ciali su basi non capitalistiche e per giunta nelle condizioni degli inces­santi attacchi dei neocolonialisti e della reazione interna non è affatto un compito facile. Perciò è tanto più importante il fatto che nonostant tutte le difficoltà gli Stati ad orientamento socialista avanzano sempre più sulla via da essi prescelta.

Non in tutte le ex colonie e paesi dipendenti i mutamenti sociali progressivi sono andati così lontano. Ma la lotta contro le forze della reazione, contro gli agenti dell'imperialismo si svolge ovunque, e in al- cuni paesi le forze progressiste hanno già conseguito importanti conquiste. Basti ricordare avvenimenti come la recente nazionalizzazione delle grandi banche in India e l'imponente vittoria riportata sulle destre nelle ultime elezioni alla Camera del popolo del parlamento indiano. Ciò sta a testimoniare che le masse popolari di questo paese si schierano decisamente contro le forze reazionarie e filoimperialistiche per l'attuazione di una riforma agraria e di altre trasformazioni di natura sociale ed economica, per una politica di pace e di amicizia nell'arena internazionale. Importanti spostamenti sociali si sono avuti nel Ceylon e in Nigeria.

Nonostante tutte le difficoltà e anche le singole sconfitte, il pro­cesso multiforme dei mutamenti sociali in vaste regioni del mondo va avanti. I lavoratori riportano importanti vittorie nella lotta per i propri diritti, per una vera libertà, per la dignità umana. Proseguono la loro coraggiosa lotta per la liberazione i patrioti dei paesi che sono ancora sotto il giogo della servitù coloniale.

Per quanto riguarda il nostro paese, esso sostiene in pieno questa giusta lotta. In questi anni ha avuto ulteriore sviluppo la collaborazione politica ed economica fra l'URSS e i paesi di nuova indipendenza. Si estendono i nostri scambi commerciali con essi. In molti Stati d'Asia e d'Africa sono state costruite con la nostra assistenza decine di aziende industriali ed agricole. Noi apportiamo un nostro contributo anche al­l'opera di formazione dei quadri di specialisti per questi paesi. Tutto ciò avviene nell'interesse reciproco.

Notevoli cambiamenti si registrano nella vita di una serie di paesi dell'America Latina. Un importantissimo avvenimento è stata la vitto­ria delle forze dell'Unità popolare nel Cile. Qui, per la prima volta in tutta la storia del continente, il popolo ha conseguito per via costitu­zionale la formazione di un governo di suo gradimento e in cui ha fidu­cia. Ciò ha suscitato l'ira della reazione interna e dell'imperialismo yan­kee, che mirano a privare il popolo cileno delle sue conquiste. Ma il popolo del Cile è fermamente deciso a proseguire sulla via da esso pre­scelta. I lavoratori degli altri paesi dell'America Latina si schierano a favore della politica progressiva del Cile. Contro lo strapotere dei mo­nopoli americani si battono i governi del Perù e della Bolivia.

Si avvera la previsione del grande Lenin che, incominciando dalla lotta per la libertà nazionale, i popoli delle colonie e dei paesi dipendenti arriveranno alla lotta contro le basi stesse del regime dello sfruttamento. E, certamente, ciò significa un durissimo colpo alle posizioni del capita­lismo nel suo insieme come sistema sociale mondiale.

Compagni! Il successo della lotta contro l'imperialismo dipende sotto molti aspetti dalla coesione delle forze antimperialistiche e soprat­tutto della loro avanguardia, del movimento comunista mondiale. Nei cin­que anni trascorsi il nostro partito ha compiuto insieme agli altri par­titi fratelli non pochi sforzi per rafforzare questa coesione e l'unità delle file comuniste.

Si è trattato di un compito complesso. È proprio nel periodo in esame che si sono manifestati con la massima acutezza i tentativi di attaccare da più parti il marxismo-leninismo come base ideologica e teo­rica del movimento comunista. La direzione cinese è passata alla crea­zione in una serie di paesi, all'insegna dei cosiddetti « partiti marxisti-leninisti », di gruppi scissionistici, proponendosi apertamente di unirli, di consociarli e farne un contrappeso al movimento comunista interna­zionale. Non di rado hanno fatto blocco con questi gruppi i trotskisti. Qua e là si sono accentuate le tendenze all'autoisolamento nazionalistico, si è rianimato l'opportunismo sia di « sinistra » che di destra.

Una svolta verso la coesione del movimento comunista, verso il consolidamento della sua base ideologica, è stata lo scopo principale. Un'importante tappa nella lotta per il raggiungimento di questo scopo è stata la conferenza dei partiti comunisti europei a Karlovy Vary nel 1967, nonché una serie di altri incontri internazionali di comunisti.

Come risultato si poneva all'ordine del giorno la questione della convocazione di una Conferenza internazionale dei partiti comunisti ed operai. La sua convocazione è stata preceduta da laboriosi preparativi. Voi sapete, compagni, che il nostro partito, il CC del PCUS hanno apportato un notevole contributo sia all'elaborazione dell'idea stessa della Conferenza, che alla sua preparazione.

La Conferenza è stata un importante passo in avanti sulla via del rafforzamento dell'unità internazionale dei comunisti e della coesione di tutte le forze antimperialistiche. Essa ha fatto molto per sviluppare una serie di concetti della teoria marxista-leninista alla luce della situazione odierna. Si è constatato che tale forma di contatto fra i partiti fratelli - la più larga e rappresentativa - risponde alle esigenze del movi­mento comunista come forza internazionale. Il nostro partito è piena­mente d'accordo con il giudizio dei partecipanti alla Conferenza sulla opportunità di tenere, a seconda della necessità, tali consessi internazio­nali dei partiti fratelli. Sarebbe utile che essi entrassero saldamente a far parte della prassi del movimento comunista mondiale.

Ai fini della coesione del movimento comunista sono state di immensa importanza le celebrazioni del centenario della nascita di V. I. Lenin, che hanno assunto un carattere veramente mondiale. La Confe­renza dei partiti comunisti e le celebrazioni del centenario della nascita di V. I. Lenin hanno dimostrato una volta di più la vitalità della dot­trina marxista-leninista e hanno contribuito ad accrescere l'impegno dei partiti fratelli nella lotta per gli interessi della classe operaia e di tutti i lavoratori, contro l'imperialismo e i suoi complici in seno al movimento operaio.

Nel complesso, vi è motivo di affermare che la coesione del movi­mento comunista internazionale si rafforza sempre di più, che si intensi­ficano i fruttuosi contatti bilaterali e multilaterali fra i partiti. Il nostro partito plaude a ciò. Esso si adoprerà anche in avvenire affinché le cose vadano proprio in questa direzione.

Ma noi, compagni, non possiamo perdere di vista anche il fatto che i fenomeni negativi non sono stati ancora superati ovunque. La lotta contro il revisionismo di destra e di « sinistra », contro il nazionalismo, rimane come prima un compito di attualità. È appunto sulle tendenze nazionalistiche e particolarmente su quelle che assumono tinte antiso­vietiche che gli ideologi borghesi, la propaganda borghese fanno oggi più volentieri assegnamento nella lotta contro il socialismo e il movi­mento comunista. Essi sospingono gli elementi opportunistici in seno ai partiti comunisti a scendere ad una specie di compromesso ideologico. È come se dicessero loro: dimostrate di essere antisovietici e noi saremo disposti a proclamare che proprio voi siete i veri « marxisti » e avete veramente « posizioni autonome ». Il corso degli avvenimenti dimostra, sia detto a proposito, che tali individui si mettono sulla via della lotta anche contro i partiti comunisti nei rispettivi paesi. Ne sono un esem­pio rinnegati del tipo di Garaudy in Francia, di Fischer in Austria, di Petkov nel Venezuela, il gruppo del « Manifesto » in Italia. I partiti fra­telli considerano la lotta contro tali elementi un'importante premessa del rafforzamento delle proprie file. In tal modo persino questi esempi - e la lista potrebbe continuare - dimostrano che la lotta contro il revisio­nismo e il nazionalismo rimane un importante compito dei partiti comunisti.

Compagni! Nella lotta contro l'imperialismo esercitano una funzione sempre maggiore i partiti democratici rivoluzionari, molti dei quali proclamano il socialismo loro obiettivo programmatico. Il PCUS svi­luppa attivamente i rapporti con essi. Siamo convinti che la collabo­razione di tali partiti con i partiti comunisti, compresi quelli dei propri paesi, rispondono in pieno agli interessi del movimento antimperialistico, agli interessi del rafforzamento dell'indipendenza nazionale e del pro­gresso sociale.

Noi manteniamo e sviluppiamo le relazioni con i partiti socialisti di sinistra di una serie di paesi dell'Occidente, dell'Oriente e dell'Ame­rica Latina. Negli ultimi anni è stato compiuto un lavoro abbastanza attivo in questa direzione.

In conformità con la linea della Conferenza internazionale del 1969 il PCUS è disposto a sviluppare la collaborazione con i socialdemocratici sia nella lotta per la pace e la democrazia che nella lotta per il socialismo, non rinunciando in pari tempo, s'intende, alla nostra ideologia, ai nostri princìpi rivoluzionari. Questa linea dei comunisti incontra, però, l'op­posizione ostinata dei capi di destra della socialdemocrazia. Il nostro partito ha condotto e condurrà una lotta intransigente contro qualsiasi posizione che subordini il movimento operaio agli interessi del capitale monopolistico e mini la lotta dei lavoratori per la pace, la democrazia e il socialismo.

Compagni! Ai comunisti sono toccate le prove più dure fra quelle toccate ai combattenti per la causa del popolo. Ma noi ricordiamo le parole di Lenin: « La devozione assoluta alla rivoluzione e la propagan­da rivoluzionaria fatta fra il popolo non vanno perdute, anche quando interi decenni dividono il periodo della semina da quello del raccolto » (vol. 21, pag. 261). Le idee dei comunisti hanno dato dei germogli meravigliosi nella pratica del socialismo, nella coscienza e nelle opere di milioni di uomini.

I comunisti dell'Unione Sovietica apprezzano molto l'immenso la­voro svolto nei loro paesi dai partiti comunisti ed operai fratelli. Noi sappiamo bene come sia difficile questo lavoro e quale spirito di abne­gazione, quale sconfinata dedizione ai nostri grandi ideali comuni esso richiede. Oggi noi vogliamo assicurare ancora una volta i nostri compa­gni di lotta, i comunisti di tutto il mondo: cari amici, il nostro partito si batterà e marcerà sempre fianco a fianco con voi in una stessa schiera!

Noi non dimenticheremo mai gli immensi sacrifici compiuti nella lotta. I nomi degli eroi del movimento comunista, gli esempi di coraggio e di fedeltà alla causa della classe operaia rimarranno per sempre sacro­santi per tutti i veri rivoluzionari. Essi saranno sempre cosa sacra per il partito di Lenin, per il popolo sovietico, il quale ha issato per primo la bandiera della rivoluzione socialista vittoriosa.

Conscio del suo dovere internazionale, il Partito comunista della Unione Sovietica seguirà anche in avvenire negli affari internazionali una linea che contribuisca ad intensificare ulteriormente la lotta antimpe­rialistica mondiale, a rafforzare l'unità combattiva di tutti i suoi parte­cipanti.

Il trionfo della causa del socialismo in tutto il mondo è inevita­bile. E noi ci batteremo, senza lesinare energie, per avvicinare questo trionfo, per la felicità del popolo lavoratore!

3.
La lotta dell'Unione Sovietica per la pace e la sicurezza dei popoli,
per rintuzzare la politica imperialistica d'aggressione

Compagni! Nel periodo in esame il Comitato Centrale e il Governo sovietico hanno fatto tutto quanto era in loro potere per assicurare con­dizioni pacifiche alla costruzione del comunismo nell'URSS, per sma­scherare e frustrare le azioni delle forze imperialistiche aggressive, per difendere il socialismo, la libertà dei popoli, la pace.

Nella nostra politica noi, respingendo recisamente l'aggressione, ab­biamo seguito in pari tempo una linea costruttiva, volta a comporre i problemi internazionali giunti a maturazione, a mantenere relazioni nor­mali e, la situazione permettendo, anche buone, con gli Stati che appar­tengono ad un sistema sociale diverso. Come nel passato, abbiamo di­feso con coerenza il principio leninista della coesistenza pacifica degli Stati a diverso sistema sociale. Oggi questo principio è diventato una forza reale dello sviluppo internazionale.

Permettetemi di soffermarmi su importantissimi problemi interna­zionali, che a causa della loro acutezza o delle eventuali conseguenze per l'avvenire hanno richiesto una vostra particolare attenzione.

Prima di tutto sono gli avvenimenti nel Sud-Est asiatico. La guerra aggressiva scatenata dai circoli dirigenti degli USA in questa regione del mondo non procura al popolo americano corone d'alloro, ma decine di migliaia di corone funebri. Per tutti coloro che sanno guardare reali­sticamente alle cose deve essere chiaro che la ferma volontà del popolo vietnamita di essere padrone del proprio paese non può essere spezzata né da un aperto intervento armato, né dal sabotaggio delle trattative, né dall'impiego su scala sempre più vasta dei mercenari.

La cosiddetta « vietnamizzazione » della guerra, cioè il piano di sterminio dei vietnamiti per mano dei vietnamiti nell'interesse di Washington, e l'estensione dell'aggressione alla Cambogia e al Laos non aiuteranno l'America ad uscire dal pantano della sporca guerra in Indo­cina, a cancellare l'onta, di cui hanno macchiato questo paese coloro che hanno scatenato l'aggressione e che la continuano. Vi è una sola via per risolvere il problema vietnamita. Essa è indicata chiaramente nelle pro­poste del governo della RDV e del Governo rivoluzionario provvisorio della Repubblica del Sud Vietnam, proposte che noi appoggiamo fer­mamente.

L'Unione Sovietica chiede risolutamente che sia posta fine all'aggres­sione imperialistica contro i popoli del Vietnam, della Cambogia e del Laos. Il nostro paese è stato, è e rimarrà un sostenitore attivo della giusta causa degli eroici popoli dell'Indocina.

Un altro « punto caldo » della politica mondiale è il Medio Oriente.

La crisi sorta in seguito all'attacco di Israele contro la RAU, la Siria e la Giordania, è una delle più gravi nello sviluppo delle relazioni internazionali nel periodo in esame.

Insieme ai paesi socialisti fratelli abbiamo fatto tutto il necessario per fermare e condannare l'aggressione. Questa questione è stata posta al Consiglio di sicurezza dell'ONU con l'urgenza che richiedeva. Dietro nostra richiesta è stata convocata una sessione straordinaria dell'Assem­blea Generale. L'URSS e altri paesi fratelli hanno rotto le relazioni di­plomatiche con Israele, il quale ha ignorato le decisioni dell'ONU sulla cessazione del fuoco. Il nostro paese ha contribuito a ristabilire il po­tenziale difensivo degli Stati arabi aggrediti e soprattutto della RAU e della Siria, con le quali la collaborazione si rafforza di anno in anno.

Recentemente la Repubblica Araba Unita ha promosso importanti iniziative. Essa ha dichiarato di accettare la proposta del rappresentante speciale dell'ONU Jarring e di essere disposta a concludere un accordo di pace con Israele, se le truppe israeliane saranno ritirate dai territori arabi occupati. La RAU ha proposto pure di adottare misure per riprendere quanto prima la navigazione sul canale di Suez. In tal modo la posizione della parte araba offre una base reale per la soluzione della crisi nel Medio Oriente. Il rifiuto del governo di Israele di accettare tutte queste proposte, le pretese impudenti di possedere terre arabe, apertamente pro­clamate da Tel-Aviv, mostrano ora con tutta chiarezza chi si oppone alla pace nel Medio Oriente e e per colpa di chi perdura in questa re­gione un pericoloso focolaio di guerra. Al tempo stesso è sempre più evidente il ruolo poco invidiabile di coloro che incoraggiano gli estremisti israeliani, il ruolo assolto dall'imperialismo americano e dal sioni­smo internazionale come strumento dei circoli imperialistici aggressivi.

Ma Tel-Aviv, invece, dovrebbe guardare la situazione con spirito realistico. È possibile che i circoli dirigenti di Israele sperino di riuscire ad accaparrarsi impunemente le terre altrui, da essi occupate? I van­taggi conseguiti dagli invasori in seguito all'attacco brigantesco sono, in ultima analisi, illusori. Essi scompariranno, come svanisce il miraggio fra le sabbie del Sinai. E quanto più sarà tirata per le lunghe la siste­mazione politica nel Medio Oriente, tanto maggiori saranno l'indigna­zione dell'opinione pubblica mondiale e l'odio dei popoli arabi per l'ag­gressore e i suoi protettori, tanto maggiore sarà il danno che i gover­nanti di Israele arrecheranno al proprio popolo, al proprio paese.

L'Unione Sovietica appoggerà fermamente anche in avvenire gli amici arabi. Il nostro paese è pronto a partecipare insieme alle altre potenze, membri permanenti del Consiglio di sicurezza, alla creazione di garanzie internazionali della sistemazione politica nel Medio Oriente.

Una volta raggiunta questa sistemazione, potrebbero essere esami­nati, secondo il nostro parere, ulteriori passi volti ad assicurare una di­stensione militare in questa regione e, in particolare, a trasformare il Mediterraneo in un mare di pace e di collaborazione amichevole.

Compagni! Una delle sfere più importanti della nostra attività in politica estera è stata in tutti questi anni l'Europa.

Ha avuto importanti conseguenze positive per tutto l'andamento de­gli affari europei il miglioramento delle relazioni sovietico-francesi. In seguito alle recenti trattative a Mosca con il presidente della Francia e alla firma del Protocollo sulle consultazioni politiche si sono allargate le possibilità della collaborazione franco-sovietica. L'amicizia dei nostri po­poli poggia su salde tradizioni storiche. I nostri Stati hanno anche oggi un vasto campo di interessi comuni. Noi siamo favorevoli all'ulteriore sviluppo e approfondimento delle relazioni fra l'URSS e la Francia e consideriamo ciò un importante fattore di sicurezza internazionale.

Nuove prospettive si aprono in Europa in seguito ad un notevole progresso nelle nostre relazioni con la RFT.

Durante tutto il periodo postbellico noi, come pure i nostri alleati e amici, siamo partiti dalla considerazione che la base di una pace sta­bile in Europa sta soprattutto nell'intangibilità dei confini degli Stati europei. Ora, con i trattati conclusi dall'Unione Sovietica e dalla Polo­nia con la RFT, viene confermata con forte determinazione l'intangibilità dei confini, compresi quelli fra la RDT e la RFT e quello occidentale dello Stato polacco.

In relazione alla questione della ratifica dei summenzionati trattati si assiste nella Germania Occidentale ad una netta differenziazione fra le forze politiche. È da ritenere che i circoli che ragionano in termini reali­stici a Bonn, e, del resto, anche in alcune altre capitali occidentali, com­prendano questa semplice verità: una procrastinazione della ratifica provocherebbe una nuova crisi di sfiducia verso tutta la politica della RFT, farebbe peggiorare il clima politico in Europa e le prospettive della di­stensione internazionale.

Per quanto riguarda l'Unione Sovietica, essa è pronta ad adempiere gli impegni assunti con la firma del trattato sovietico-tedesco occiden­tale. Siamo pronti a percorrere la nostra metà del cammino verso la nor­malizzazione e il miglioramento delle relazioni fra la RFT e la parte socialista d'Europa, se, beninteso, l'altra parte agirà in ossequio alla lettera e allo spirito di questo trattato.

I cambiamenti positivi verificatisi negli ultimi tempi in Europa non significano che sono stati risolti pienamente i problemi ereditati dall'Eu­ropa in seguito alla seconda guerra mondiale. Che cosa bisogna fare per proseguire nel miglioramento della situazione europea, per far avanzare ulteriormente l'opera volta a garantire la sicurezza collettiva in Europa, per sviluppare la collaborazione sia su base bilaterale che su base pan­europea?

Al miglioramento della situazione in Europa nel suo insieme po­trebbe contribuire la convocazione di una conferenza paneuropea. Attual­mente la maggioranza degli Stati europei ha preso posizione a favore della sua convocazione. I preparativi si spostano ora sul terreno della politica concreta. Ma non cessano i tentativi di ostacolare la distensione in Europa. Tutti gli Stati di questo continente devono ancora compiere seri sforzi perché sia convocata la conferenza paneuropea.

Certamente, per risanare il clima nel continente è necessario che entrino in vigore più rapidamente i trattati sovietico-tedesco occidentale e polacco-tedesco occidentale.

Debbono pure essere sistemati i problemi connessi con Berlino Ovest. Se gli USA, la Francia e l'Inghilterra partiranno come noi dal rispetto degli accordi alleati che determinano lo statuto particolare di Berlino Ovest, dal rispetto dei diritti sovrani della RDT quale Stato socia­lista indipendente, allora le trattative attualmente in corso potranno arri­vare felicemente in porto nell'interesse reciproco di tutte le parti interes­sate, compresa la popolazione stessa di Berlino Ovest.

È un compito attuale anche l'allacciamento di relazioni su piede di parità fra la RDT e la RFT sulla base delle norme generalmente in uso del diritto internazionale, nonché l'ammissione di questi due Stati al-l'ONU.

Avrebbe un valore non trascurabile anche l'accoglimento della giu­sta rivendicazione della Repubblica Socialista Cecoslovacca perché gli ac­cordi di Monaco siano riconosciuti non validi sin dalla firma.

Compagni! Uno dei problemi internazionali più importanti della nostra epoca è il disarmo. È nostra intenzione conseguire risultati con­creti che attenuino il pericolo di guerra, evitare che i popoli si abituino alla corsa agli armamenti come ad un male ineluttabile.

Nel periodo in esame è stato preparato ed è entrato in vigore il trattato sulla non proliferazione delle armi nucleari. E anche se non tutti gli Stati e in particolare non tutte le potenze nucleari vi hanno già aderito, esso riduce, in una certa misura, il pericolo di una guerra nu­cleare. È ora importante che la RFT, il Giappone, l'Italia ed altri paesi ratifichino il trattato convalidando la loro firma in calce.

Sono stati conclusi i trattati che vietano la dislocazione delle armi nucleari nel cosmo, nonché sul fondo dei mari e degli oceani. Ma quello che è stato raggiunto non sono che i primi passi. Il nostro scopo è di ottenere che l'energia nucleare abbia applicazioni unicamente pacifiche.

Noi conduciamo trattative con gli USA sulla limitazione degli ar­mamenti strategici. Un loro esito felice permetterebbe di evitare una nuova fase nella corsa agli armamenti missilistici, di liberare notevoli mezzi e di destinarli a scopi costruttivi. Noi ci auguriamo che esse diano risultati positivi.

Vorrei però sottolineare che in generale i negoziati sul disarmo, tanto più se si tratta di negoziati su problemi tecnico-militari assai delicati, possono rivelarsi fruttuosi solo se si tiene conto in misura uguale degli interessi della sicurezza delle parti e nessuno cerca di assicurarsi van­taggi unilaterali.

La lotta per la cessazione della corsa agli armamenti sia nucleari che convenzionali, per il disarmo, sino a quello totale e completo, sarà anche per l'avvenire uno degli indirizzi importanti dell'attività del PCUS e dello Stato sovietico in politica estera.

Negli ultimi anni sono state abbastanza intense e varie le relazioni dell'URSS con i paesi del mondo capitalistico. Si è estesa la collabora­zione con alcuni di essi sui problemi generali della politica internazio­nale, entrano nell'uso le consultazioni politiche che favoriscono la com­prensione reciproca. Hanno acquistato notevoli proporzioni i legami eco­nomici e tecnico-scientifici, che in alcuni casi poggiano su accordi a lunga scadenza. Per esempio, noi collaboriamo, ovviamente a condizioni reci­procamente vantaggiose, con l'Italia nella costruzione di una fabbrica automobilistica sul Volga, con l'Austria e alcuni altri paesi nello svi­luppo dell'industria del gas, compresa la costruzione di gasdotti che col­legheranno l'Unione Sovietica all'Europa Occidentale. Recentemente è stato raggiunto un accordo sulla partecipazione dell'Unione Sovietica alla creazione di un complesso metallurgico in Francia. Ditte giapponesi col­laboreranno alla costruzione di un nuovo porto nell'Estremo Oriente. Sono in fase di esame anche altri importanti progetti, per i quali i nostri partners d'affari manifestano un vivo interesse.

Come sempre, dedichiamo grande attenzione alle relazioni con i nostri vicini. Hanno continuato a rafforzarsi i rapporti di buon vicinato e di collaborazione con la Finlandia; si sviluppano con successo le rela­zioni con l'Afghanistan e l'Iran; manteniamo normali rapporti con il Pakistan e la Turchia; hanno un carattere stabile i legami con la Svezia.

Hanno avuto notevole sviluppo i nostri rapporti d'amicizia con l'India. La linea pacifica e indipendente, seguita dal governo dell'India nell'arena internazionale, e i sentimenti d'amicizia che uniscono tradizio­nalmente i popoli dei due paesi contribuiscono ad approfondire la colla­borazione sovietico-indiana.

Noi vediamo non poche possibilità di allargare ulteriormente una collaborazione reciprocamente vantaggiosa con il Giappone, anche se i tentativi di alcuni ambienti giapponesi di sfruttare la cosiddetta « que­stione territoriale » non giovano, s'intende, alle relazioni sovietico-giap-ponesi. La loro completa normalizzazione sulla base di un rispettivo trat­tato è ostacolata anche dalla presenza nel Giappone di basi militari stra­niere. Ma siffatta normalizzazione sarebbe conforme agli interessi duraturi dei popoli dei due paesi, agli interessi della pace nell'Estremo Oriente e nel bacino del Pacifico.

Ora, alcune parole sulle relazioni fra l'Unione Sovietica e gli Stati Uniti d'America. Un miglioramento delle relazioni sovietico-americane risponderebbe agli interessi del popolo sovietico e di quello americano, agli interessi del consolidamento della pace. Noi, però, nop possiamo di­sconoscere gli atti aggressivi degli USA in varie regioni del mondo. Negli ultimi tempi l'amministrazione americana ha assunto posizioni più rigide su una serie di problemi internazionali, compresi i problemi che riguardano gli interessi dell'Unione Sovietica. Le relazioni con gli Stati Uniti sono complicate anche dai frequenti zig-zag nella politica estera americana, i quali evidentemente sono legati anche a manovre di politica interna, dovute a considerazioni di natura contingente.

Noi partiamo dalla considerazione che un miglioramento delle rela­zioni fra l'URSS e gli USA è possibile. La nostra linea di principio nei riguardi dei paesi capitalistici, compresi gli USA, consiste nel mettere coerentemente e pienamente in pratica i princìpi della coesistenza paci­fica, nello sviluppare le relazioni reciprocamente vantaggiose e nel colla­borare con quegli Stati che lo vogliono sul terreno del rafforzamento del­la pace, conferendo un carattere il più stabile possibile alle relazioni con essi. Ma noi dobbiamo sempre discernere se ci troviamo di fronte ad un'aspirazione effettiva a risolvere le questioni mediante trattative o di fronte a tentativi di fare una politica da « posizioni di forza ».

Ogni qualvolta gli imperialisti sentono il bisogno di mascherare le loro imprese aggressive, essi tentano di rispolverare il mito della « mi­naccia sovietica ». Essi cercano le avvisaglie di tale minaccia sia negli abissi dell'Oceano Indiano, sia sulle cime delle Cordigliere. Quanto alle pianure europee, se le si vede con i binocoli della NATO, non si scorge nulla all'infuori delle divisioni sovietiche pronte a balzare verso Occi­dente.

Ma i tentativi di attribuire all'Unione Sovietica intenzioni che le sono estranee non inganneranno i popoli. Noi dichiariamo con la massima responsabilità: non abbiamo pretese territoriali verso chicchessia, non minacciamo nessuno e non intendiamo aggredire nessuno; noi siamo favorevoli a uno sviluppo libero e indipendente di tutti i popoli. Ma nessuno si provi a usare nei nostri confronti il linguaggio degli ultima­tum e a trattarci da posizioni di forza.

Abbiamo tutto quanto è necessario: una politica onesta di pace, potenza militare, compattezza del popolo sovietico, cioè quanto occorre per garantire l'intangibilità dei nostri confini contro qualsiasi attentato, per difendere le conquiste del socialismo.

Compagni! Il periodo in esame ha concluso il quarto di secolo passato dopo la disfatta della Germania hitleriana e del Giappone mili­tarista. I frutti di questa grande vittoria sono tuttora vivi nella realtà internazionale. Il popolo sovietico custodisce gelosamente quanto gli è costato un prezzo così caro.

Sono ormai più di 25 anni che il nostro popolo vive in condizioni di pace. Noi consideriamo ciò un'immensa conquista della politica este­ra del nostro partito. È già da un quarto di secolo che tutta l'umanità si è liberata dalla guerra mondiale. L'Unione Sovietica, la sua politica estera hanno apportato un notevole contributo anche a questa conquista storica dei popoli. Ma le forze dell'aggressione e del militarismo, anche se sono state respinte, non sono state poste in condizioni di non nuocere. Negli anni postbellici esse hanno scatenato più di 30 guerre e conflitti armati di varie dimensioni. Non si può ritenere del tutto eliminato an­che il pericolo di una nuova guerra mondiale. Non permettere che que­sta minaccia diventi realtà è un compito precipuo di tutti gli Stati amanti della pace, di tutti i popoli.

L'Unione Sovietica contrappone alla politica aggressiva dell'imperia­lismo una politica di difesa attiva della pace e di rafforzamento della sicurezza internazionale. Le direttrici fondamentali di questa politica sono ben note. Il nostro partito e il nostro Stato sovietico, in collaborazione con i paesi fratelli, con gli altri Stati amanti della pace e con l'appoggio caloroso di milioni e milioni di uomini in tutto il mondo, conducono già da molti anni una lotta, seguendo queste direttrici, per difendere la causa della pace e dell'amicizia fra i popoli. Il PCUS ritiene che i principali compiti concreti di questa lotta nella situazione contemporanea siano i seguenti.

Primo:

- Liquidare i focolai di guerra nell'Asia sud-orientale e nel Medio Oriente e contribuire alla sistemazione politica in queste regioni sulla base del rispetto dei diritti legittimi degli Stati e dei popoli vittime d'aggressioni.
- Opporsi immediatamente e fermamente a qualsiasi atto d'ag- gressione e di arbitrio internazionale. A questo scopo devono essere utilizzate in pieno anche le possibilità dell'Organizzazione delle Nazioni Unite.
- La rinuncia all'uso della forza e alla minaccia di farne uso per la soluzione delle questioni controverse deve diventare una legge della vita internazionale. Da parte sua l'Unione Sovietica propone ai paesi che condividono questa posizione di concludere i rispettivi trattati bilaterali o regionali.

Secondo:

- Partire dal riconoscimento definitivo dei mutamenti territoriali avvenuti in Europa in seguito alla seconda guerra mondiale. Ottenere una svolta radicale verso la distensione e la pace in questo continente. Assicurare la convocazione e la riuscita di una Conferenza paneuropea.
- Fare di tutto per garantire la sicurezza collettiva in Europa. Noi ribadiamo la disposizione, espressa in comune dai paesi del Trattato di­fensivo di Varsavia, ad annullare contemporaneamente questo Trattato e l'Alleanza nord-atlantica o di liquidare, quale primo passo, le loro orga­nizzazioni militari.

Terzo:
- Concludere dei trattati che mettano al bando le armi nucleari, chimiche e batteriologiche.
- Adoperarsi perché cessino ovunque e da parte di tutti gli espe­rimenti nucleari, compresi quelli sotterranei.
- Contribuire alla creazione di zone disatomizzate nelle varie re­gioni del mondo.
- Noi siamo favorevoli al disarmo nucleare di tutti gli Stati deten­tori di armi nucleari, alla convocazione a questo scopo di una conferenza delle cinque potenze nucleari: URSS, USA, RPC, Francia, Inghilterra.

Quarto:
- Intensificare la lotta per la cessazione della corsa agli armamenti di ogni tipo. Noi ci pronunciamo a favore della convocazione di una conferenza mondiale per l'esame dei problemi del disarmo nella loro globalità.
- Noi siamo favorevoli allo smantellamento delle basi militari straniere. Siamo favorevoli alla riduzione delle forze armate e degli armamenti nelle regioni dove la contrapposizione militare è particolar­mente pericolosa, e soprattutto nell'Europa Centrale.
- Noi riteniamo opportuna l'elaborazione di misure che riducano la probabilità di uno scoppio casuale o di una provocazione premeditata di incidenti militari e della trasformazione di questi ultimi in crisi inter­nazionali, in una guerra.

L'Unione Sovietica è disposta a mettersi d'accordo sulla riduzione delle spese militari e in primo luogo di quelle degli Stati importanti.

Quinto:
- Devono essere applicate in pieno le decisioni dell'ONU sulla liquidazione dei regimi coloniali rimasti. Le manifestazioni di razzismo e di segregazione razziale vanno fatte segno ad una condanna e ad un boicottaggio generali.

Sesto:
- L'Unione Sovietica è disposta ad approfondire i rapporti di col­laborazione reciprocamente vantaggiosa in tutti i campi con gli Stati che da parte loro lo vogliono. Il nostro paese è pronto a partecipare, insie­me agli altri Stati interessati, alla soluzione di problemi come la salva­guardia della natura, la valorizzazione delle risorse energetiche e di altre risorse naturali, lo sviluppo dei trasporti e delle telecomunicazioni, la prevenzione e la liquidazione delle malattie più pericolose e più diffuse, l'esplorazione e la valorizzazione del cosmo e dell'oceano mondiale.

Tale è, nelle sue linee essenziali, il programma di lotta per la pace e la collaborazione internazionale, per la libertà e l'indipendenza dei popoli, che avanza il nostro partito.

E noi dichiariamo che, facendo coerentemente una politica di pace e di amicizia fra i popoli, l'Unione Sovietica condurrà anche in avvenire una lotta decisa contro l'imperialismo, si opporrà fermamente a qual­siasi intrigo, a qualsiasi sabotaggio degli aggressori. Noi, come per il passato, sosterremo inflessibilmente la lotta dei popoli per la democra­zia, per la liberazione nazionale ed il socialismo.

Compagni! Come si vede da tutto quanto si è detto, i cinque anni trascorsi sono stati anni di intensa attività del nostro partito e del no­stro Stato nel campo della politica internazionale.

Certo, negli affari internazionali non tutto dipende soltanto da noi o dai nostri amici. Non in tutti i campi abbiamo avanzato verso gli scopi prefissi tanto speditamente quanto avremmo voluto. Una serie di im­portanti azioni non è stata ancora portata a termine, il loro significato si manifesterà in pieno più tardi. Ma il bilancio complessivo è evidente: in cinque anni sono stati conseguiti importanti risultati. La posizione internazionale della nostra Patria si è rafforzata ancora di più, il suo pre­stigio si è accresciuto, il lavoro pacifico dei sovietici è validamente protetto.