Intervento di Bucharin
al XVII Congresso del partito bolscevico

Dal resoconto stenografico M. 1934 in Nikolaj Bucharin - Le vie della rivoluzione 1925/1936, a cura di Francesco Benvenuti, Editori Riuniti,1980, pp. 200-210

Presidente. Ha la parola il compagno Bucharin.

Bucharin. Compagni! Il XVII Congresso del partito avrà indubbiamente un'enorme importanza come quello che ha tracciato il bilancio del primo grande piano quinquennale, che porta sullo scudo il secondo, grande piano di lavori quinquennali. Esso si tiene inoltre ad una brusca svolta della storia mondiale. Si av vicina la seconda serie di guerre imperialistiche che era stata vista dallo sguardo lungimirante del compagno Lenin. Ecco perché le in dicazioni del Congresso, le sue decisioni e l'enorme, gigantesca massa di lavoro operativo che seguirà ad esso, rappresentano una grandezza storica di peso colossale. Prima di passare ad una serie di problemi sostanzialmente legati a questi, credo sia però mio dovere parlare dei problemi interni di partito. Devo dire con chiarezza che, in primo luogo, il presupposto della vittoria del nostro partito è stata l'elaborazione da parte del Comitato cen trale e del compagno Stalin, in particolare, di una giusta linea generale con tutti i suoi presupposti teorici; in secondo luogo, l'attuazione operativa e coraggiosa di questa linea e, in terzo luogo, la spie tata disfatta di tutte le opposizioni e dell'opposizione di destra in quanto pericolo principale, cioè del raggruppamento al quale io allora appartenevo. Nonostante che io, nel corso degli ultimi anni, abbia aderito attivamente alla linea generale del partito, ancora una volta a questo Congresso, Congresso di bilanci, ritengo necessario soffermarmi sulle conclusioni che ne discendono. In primo luogo, è chiaro che i destri, tra i quali io mi trovavo, avevano una diversa linea politica, una linea contraria al dispiegamento dell'attacco socialista, contraria al nuovo assalto agli elementi capitalistici verso il quale stava andando il nostro par tito. È inoltre chiaro che questa linea presupponeva ritmi diversi di sviluppo; che essa era in pratica contraria al necessario svilup po forzato dell'industrializzazione; che essa era contraria ad una lotta straordinaria e aspra contro i kulaki, una lotta che poi tro vò la propria espressione nella parola d'ordine della liquidazione dei kulaki come classe; che essa era contraria ad un corso riso luto verso la riorganizzazione della piccola agricoltura contadina; che essa indietreggiava dinanzi alle difficoltà di una inevitabile acutizzazione della lotta di classe. (E quest'ultima non era un fenomeno casuale ma affondava le proprie radici nella logica dello sviluppo delle contraddizioni prodotte dalla Nep); che essa era contraria a tutta la nuova tappa di sviluppo del grande attacco socialista, non comprendendo la sua necessità storica e traendo conclusioni politiche che non possono essere interpretate in altro modo che come antileniniste; conclusioni che a loro volta hanno portato a conseguenze politiche estremamente negative. È chiaro che proprio per questo tale raggruppamento era divenuto inelutta bilmente un centro d'attrazione per tutte le forze che combatte vano contro l'attacco socialista, sia per gli strati kulak minacciati che per i loro ideologi dell'intelligencija nelle città. È chiaro inol tre, alla luce degli ultimi avvenimenti, che la vittoria di questa deviazione avrebbe inevitabilmente scatenato una terza forza ed indebolito all'estremo le posizioni della classe operaia; avrebbe portato rapidamente all'intervento straniero (che già aveva co minciato a sondare con i propri tentacoli i nostri punti più deboli e malati) e di conseguenza alla restaurazione del capitalismo come risultato dell'inasprimento della situazione interna ed internazio nale, grazie all'indebolimento delle forze del proletariato ed allo scatenarsi di quelle antiproletarie, contro rivoluzionarie.

È chiaro, ancora, che la lotta contro il regime di partito era legata e scaturiva inevitabilmente da una linea politica di versa, antipartito, esattamente come la lotta contro il compagno Stalin, in quanto migliore rappresentante e ispiratore della linea del partito. Egli ha riportato la vittoria nella lotta interna di partito sulla base dei principi della politica leninista e proprio su questa base ha ottenuto il caldo appoggio della schiacciante maggioran za della massa del partito e della classe operaia.

È chiaro, ancora, che la decisiva sconfitta di questa opposi zione, come la disfatta dell'opposizione Trotzkijsta e della cosid detta opposizione di Leningrado, è stata il presupposto necessario del successo e della vittoria del lancio dell'attacco socialista.

È chiaro, ancora, che il compagno Stalin aveva completamente ragio ne quando ha sconfitto, applicando brillantemente la dialettica marxista-leninista, una serie di presupposti teorici della devia zione di destra, formulati in primo luogo da me. Tra questi in cludo, ad esempio, una serie di costruzioni teoriche: la cosiddetta teoria dell'equilibrio, la teoria del capitalismo organizzato, la teoria dell'integrazione degli elementi capitalistici nel socialismo, la teoria dell'affievolimento della lotta di classe e la teoria della circolazione delle merci e del mercato come via principale e ri solutiva per la riorganizzazione dell'economia contadina. E' chiaro che egli aveva ragione sconfiggendo al tempo stesso i relativi tentativi di dar vita in certa misura al frazionismo, che scaturivano da queste indicazioni teoriche e si facevano strada attraverso un preciso, concreto orientamento politico. In tal modo è stata soffocata completamente l'opposizione di destra.

È chiaro, ancora, che dopo che i capi della destra ebbero riconosciuto i propri errori, le tendenze sotterranee e la resistenza aperta da parte dei nemici del partito trovarono la propria espres sione in raggruppamenti diversi, i quali con sempre maggiore consequenzialità e rapidità scivolavano verso la controrivoluzione; tali sono stati anche i botoli delle tendenze antipartito, tra i quali una serie di miei ex allievi, che hanno ricevuto il meritato castigo.

È infine chiaro che è obbligo di ogni membro del partito lottare contro tutti i raggruppamenti antipartito, attivamente e senza pietà, indipendentemente dai precedenti rapporti personali, stringersi attorno al Ce e attorno al compagno Stalin, che incarna l'intel ligenza e la volontà del partito, suo dirigente e capo teorico e pratico.


Dopo l'analisi esaustiva che il compagno Stalin ha dato con la massima completezza nella sua relazione-rapporto al XVII Congresso del partito, mi pare difficile che si possa aggiungere qualcosa di sostanziale. Il ricchissimo materiale che abbiamo qui veduto parla ancora una volta con la più grande eloquenza della nascita del nuovo paese del socialismo e delle sue nuove fondamenta tecniche, con la sua nuova struttura economica, con il suo uomo nuovo e con la sua nuova cultura.

Sono state in primo luogo create le nuove forze produttive del paese, sia materiali (nuovi macchinari e attrezzature) che umane (nuovi quadri qualificati, in quantità nuova). La crescita stessa delle forze produttive materiali ha il suo aspetto quantitativo e qualitativo (nuovi tipi di macchine, nuove capacità produttive ecc.). Questo processo trova la propria prima ed essenziale espressione nell'elettrificazione del nostro paese, si trova qui, per cosi dire, l'espressione universale dal punto di vista qualitativo della nuova tecnica, che è passata dal vapore all'energia elettrica.
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Questa crescita qualitativa della tecnica trova, inoltre, espres sione in una massa di macchine e di attrezzature di nuovo tipo, turbine, generatori, possenti altiforni, laminatoi, numerosi tipi di tornio, nell'enorme quantità di nuovi tipi di strumenti agricoli, macchine automatiche e aeroplani, complessi apparati dell'indu stria chimica, ecc. È particolarmente importante sottolineare la rivoluzione tecnica nelle campagne, condizione della quale è stata la costruzione di una grande economia socialista. Qui abbiamo veramente un salto incommensurabile dall'aratro di legno, dall'erpice e dal rastrello, al trattore, alla mietitrebbiatrice, alle mac chine agricole complesse.

Oltre a ciò, sono stati trascinati nella produzione, come da un fiume possente, nuovi uomini; ha avuto luogo una risuddivi sione della popolazione dal punto di vista delle funzioni lavorati ve e della qualificazione tecnica. Ciò è del tutto eccezionale.

Sono state liquidate le classi improduttive e si è enormemente innalzato il peso specifico dei lavoratori produttivi. La generale ascesa della cultura e della qualificazione tecnica è un fatto. Sono state create qualificazioni tecniche del tutto nuove, prima scono sciute in Russia: come il conducente di trattori. Sono apparse nuove categorie sociali di lavoratori, che danno risultati nel lavoro del tutto inauditi (il movimento di massa per l'assimilazione del la nuova tecnica, il movimento di Izotov, ecc.). Questi udarniki delle fabbriche e dei campi dei kolchozy sono una forza di lavoro dalla qualificazione nuova. Sono infine cresciuti nuovi quadri tec nici proletari.

A completamento e direttamente collegate alle forze materiali produttive sono state create recentemente nel nostro paese no tevoli forze produttive scientifiche (Marx, come è noto chiamava la scienza il lato teoretico del processo produttivo, consideran dola una forza produttiva). La rete dei nostri istituti di ricerca è cresciuta. I laboratori delle nostre fabbriche ed officine, che prima si contavano a poche unità e costituivano delle eccezioni, oggi si sono trasformati nella regola. È cresciuta enormemente la quantità delle organizzazioni di progettazione, degli uffici di costruzione (come si chiamano queste organizzazioni nell'indu stria), esperte sezioni di fabbrica, esperte stazioni agricole, ecc. Ma questo non è affatto un aspetto formale perché i presupposti or ganizzativi ricordati si sono anche dimostrati un punto d'appoggio potente per il raggiungimento di una serie di risultati nel campo della scienza e della tecnica.
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Assieme alla crescita delle forze produttive si sviluppano nuove forme economiche. Come ha mostrato brillantemente ieri il compagno Stalin, l'unica forma sociale, esclusiva, decisiva è divenuto il socialismo, mentre il settore individuale contadino è stato re legato all'ultimo posto nei nostri processi economici.

Di grandezza eccezionale è il rivolgimento che ha avuto luogo nelle campagne. Dal punto di vista teorico questa era la questione più difficile di tutta la rivoluzione socialista, e nella pratica essa si è rivelata non meno difficile che in teoria. Occorre dire che già Marx dava un'importanza esclusiva ad un rivolgimento agra rio nelle campagne dopo la presa del potere e l'organizzazione della dittatura del proletariato. Ho già avuto modo alcune volte di citare brani di una sua lettera ad Engels nella quale diceva che ad un certo grado dello sviluppo, dopo la presa del potere, «una riforma dell'agricoltura» «con l'abolizione dello sconcio della proprietà privata sulla terra» doveva essere «l'alfa e l'omega», cioè l'inizio e la fine de «il futuro rivolgimento»; e che, se que sto non fosse avvenuto, allora «avrebbe avuto ragione il padre Malthus», cioè nessuno avrebbe avuto da mangiare. Tutti gli av venimenti hanno confermato questa prognosi di Marx, eccezio nalmente solida e valida. Tutta la situazione portava verso l'at tuazione di questo rivolgimento tramite un attacco organizzato contro il kulak, la sua liquidazione, e tramite una possente rior ganizzazione della piccola economia contadina.

Quali sono state qui le difficoltà, quante tappe ha attraver sato il partito, quanti modi di approccio, mutamenti di parole d'ordine, indicazioni diverse sono passate dinanzi a noi! Perché tale questione era fondamentale, in ogni caso la più difficile, il problema più difficile della rivoluzione socialista.

Il grande merito della direzione del nostro partito e perso nalmente di Stalin consiste proprio nell'aver stabilito il momento storico dell'inizio di questo attacco, le sue tappe, la sua attua zione operativa e nell'aver brillantemente risolto il problema più complesso della rivoluzione socialista nel nostro paese, che aveva al tempo stesso un'importanza storico-universale.

La configurazione dell'economia, che delinea i fondamentali rapporti di produzione, è divenuta la base per l'enorme rafforzamento del principio della pianificazione nella nostra economia. Noi siamo realmente passati, sotto questo aspetto, in una nuova di mensione. Con l'aiuto e sotto la direzione del nostro partito sono stati creati nuovi stimoli al lavoro, nella campagna e nelle città. Di qui sono sorti il movimento udarnik, l'emulazione socialista, il siste ma di retribuzione del lavoro, le consegne obbligatorie, il trudoden in agricoltura, il commercio sovietico, il corso intrapreso per rendere agiato il kolchoziano ed il kolchoz bolscevico.

Tutto ciò ha aperto nuove prospettive nelle campagne, ha mostrato alle masse più vaste (e noi sappiamo che, in ultima istanza, è l'espe rienza di milioni di persone l'elemento decisivo) che su queste nuove basi possono essere raggiunte grandissime vittorie; che si può andare verso una vita agiata, che già andiamo verso una vita agiata, che qui si aprono possibilità ed orizzonti immensi che si allargano sempre di più con ogni nuova macchina, trattore, con ogni nuovo uomo ben preparato che la città dà alle campagne. Si colma, si riempie, la maledetta distanza che ha separato la città dalle campagne in due tipi di vita completamente diversi, la vita civile della città e l'idiotismo della vita rurale. Sulla base del cointeressamento materiale, sulla base degli interessi materiali immediati, si sono sviluppati grandi stimoli sociali al lavoro, quan do il lavoro è divenuto, secondo l'alata espressione del compagno Stalin, «una questione d'onore, una questione di gloria, una questione di coraggio e d'eroismo» e su questa base si è sviluppato un gigantesco movimento di massa per l'assimilazione della tecnica. Esso non deve essere affatto sottovalutato, perché è una delle più grandi conquiste che abbia raggiunto la nostra rivoluzione, che si muove verso il periodo di ricostruzione con le forme sempre più perfezionate della nostra esistenza socialista. La lotta di classe del proletariato procede vittoriosamente. È stato spezzato il capitale privato. Spezzati i kulaki, particolarmente pericolosi non solo perché erano la classe capitalistica più numerosa, ma anche perché essi sono i naturali organizzatori di una delle due metà dell'anima del piccolo produttore di merci, l'anima volta alla speculazione. Sono stati battuti i raggruppamenti controrivolu zionari, nazionalisti, sostenitori dell'intervento straniero, sabo tatori. Sono state consolidate come mai, a cominciare dal partito, tutte le forze e le leve fondamentali della dittatura del proleta riato. La lotta ulteriore si svilupperà sulla base delle rafforzate posizioni del proletariato e del radicale e rapido mutamento della psicologia della massa fondamentale dei nostri contadini. Tutto il paese si trasforma in una grande fabbrica socialista che riela bora masse di uomini con uno stile operativo senza precedenti, nel lavoro concreto. Se ricordiamo che non molto tempo fa il nostro era il paese degli Oblomov, il paese dei ritmi di lavoro asiatici, schiavisti, noi vedremo i giganteschi mutamenti, il salto gigantesco che abbiamo fatto negli ultimi tempi.

Compagni! Il secondo piano quinquennale ha una importanza eccezionale. La passione per la costruzione viene completata dalla passione per l'assimilazione. L'industria pesante, il suo ulteriore sviluppo, sarà completato da un grande sviluppo nel campo del l'industria leggera. I trasporti e la circolazione commerciale di verranno uno dei compiti centrali di tutto il corso di lotta per la società socialista senza classi, per l'attuazione del quale saranno impegnate tutte le forze di massa, della tecnica e della scienza, dello spirito operativo e organizzativo del nostro partito.

Bisogna dire che una brillante politica estera ha allontanato da noi, a suo tempo, il pericolo di guerra. Se volete, dovrei dire in proposito che uno degli strali più acuminati, criminosi, che sono stati lanciati dall'opposizione è stata l'accusa al regime di partito di costituire uno sfruttamento dei contadini militare-feudale. È stata una delle parole d'ordine che potevano disorganizzare al massimo grado le file che andavano all'assalto delle piazzeforti capitalistiche e che era particolarmente pericolosa proprio in rap porto al pericolo di guerra, un pericolo che allora era indubbia mente all'ordine del giorno.

La direzione del partito ha conseguito due importantissimi obiettivi nella lotta contro la guerra: da un lato, essa ha attuato una brillante politica estera in campo diplomatico e dall'altro, con grande violenza, con grandi sforzi, ha costruito la difesa militare, ponendo alla sua base l'industria pesante, l'esigenza del cui sviluppo era stata posta non solo dalla nostra situazione in terna ma anche dalla nostra posizione all'esterno.

Oggi esistono due piazze d'armi da cui può partire un'aggres sione controrivoluzionaria, rivolta contro di noi: la Germania fascista e il Giappone imperiale. Mi permetto, compagni, di ci tare alcuni passi da fonti assai «solide», perché sia assoluta mente chiaro l'orientamento caratteristico dei nostri avversari. Nel proprio libro Mein Kampf, scritto a fini di proselitismo, Hitler ha scritto:
«1. Noi poniamo fine al movimento secolare dei germani a sud e ad ovest dell'Europa e volgiamo lo sguardo ad est. Noi poniamo fine alla politica commerciale coloniale e passiamo ad una politica di conquista di nuove terre. E quando oggi parliamo di nuova terra in Europa, possiamo pensare solo alla Russia ed ai territori ad essa sottoposti. Il destino stesso sembra indicare questa strada. Dando la Russia in balìa del bol scevismo, esso ha tolto al popolo russo l'intelligencija, che finora gli aveva dato e garantito l'esistenza in quanto Stato. Poiché l'organizzazione dello Stato russo non era il risultato della capa cità degli slavi di organizzarsi in Stato, ma solo uno splendido esempio dell'attività di creazione statale dell'elemento germanico in mezzo ad una razza soggetta. «2. La missione della Germania è “nel lavoro industrioso dell'aratro tedesco, cui la spada deve dare la terra”.
«3.“Il vangelo politico del popolo tedesco” nel campo della politica estera deve consistere “una volta per tutte” in quanto segue: Se accanto alla Germania si forma un nuovo Stato, “con siderate non solo un vostro diritto ma un vostro dovere impedire la costituzione di un tale Stato con tutti i mezzi, fino alla forza delle armi oppure se esso è già nato, distruggere questo Stato!
«4. Il fine futuro della nostra politica estera non deve essere né l'orientamento verso ovest né verso est ma una politica orien tale che vada nel senso di acquisire il necessario territorio per il popolo germanico ».

Hitler rivolge un esplicito appello a distruggere il nostro Stato, Hitler parla apertamente di conquistare con la spada il territorio che sarebbe necessario al popolo tedesco prendendolo dalle terre della nostra Unione Sovietica. Ed il suo più vicino compare, il signor Rosenberg, nel suo opuscolo II cammino futuro della politica estera tedesca, così definisce l'essenza della nostra rivoluzione: «L'essenza della rivoluzione russa, se la si esamina dal punto di vista storico e razziale, consiste nel fatto che le inconsapevoli forze mongoliche hanno riportato la vittoria su quelle nordiche nell'organismo del popolo russo e sono pas sate alla distruzione di questo elemento che esse considerano a sé ostile... In Russia è sufficiente avere le sembianze di un uomo alto, longilineo e robusto per essere torturato a morte nella Ceka dai capi strabici della “Guardia rossa”».

Ma dopo questa notevole spiegazione «sociologica» della nostra rivoluzione d'ottobre, nella quale non si trova il minimo accenno alla lotta di classe e a tutto il resto, Rosenberg entra in un solo blocco proprio con dei «mongolici» come i giapponesi.

Recentemente uno dei ministri di Hitler, ad un ricevimento presso il console giapponese o di qualche altro paese, ha dichia rato che «le ultime scoperte scientifiche» affermano che i giap ponesi non sono affatto mongoli, bensì terribilmente vicini agli ariani. Perciò si è deciso il matrimonio, a maggior gloria della moderna eugenetica, tra giapponesi e prussiani.

L'unità di propositi trova un'eco perfino in Araki, il quale, infilandosi gli stivali da generale anche sul campo della filosofia, in uno dei suoi articoli programmatici ha scritto che il Giappone ha fatto «il primo passo su indicazione di Dio» prendendosi la Manciuria; che l'ha fatto per provvedere ai coreani che là vivono e che le stesse «cure» attendono la Siberia: «Il Giappone non desidera - scrive Araki - tollerare l'esistenza di un territorio così ambiguo come la Mongolia.
« Bisogna dire chiaramente e apertamente che qualsiasi ne mico ostacoli la diffusione dell'idea imperiale, deve essere distrutto.
« Ripetiamo: il mantenimento della pace in Estremo Oriente significa in primo luogo la diffusione dell'etica imperiale... Su questa base è avvenuta l'annessione al Giappone della Corea ».
Anche in Manciuria si è intervenuti a «favore» dei coreani.
« Inoltre — spiega definitivamente il signor generate — nella Siberia orientale vivono alcune centinaia di migliaia di coreani e la loro posizione è pure minacciata. «Dobbiamo sentire profondamente la necessità di preoccu parci di loro, come facciamo nei confronti dei coreani che vivono in Manciuria... Le nostre tradizioni ed i nostri sentimenti nazio nali non ci consentono di tacere, con le mani in mano, osser vando la loro posizione minacciata».

Tutti questi «sentimenti umanitari» devono «giustificare» la politica brigantesca, straordinariamente tracotante, che Hitler formula quando esprime la volontà di ricacciarci in Siberia, e che gli imperialisti giapponesi formulano quando dicono di volerci cacciare dalla Siberia. Sarà necessario trasferire in qualche alto forno di Magnitogorsk la popolazione di 160 milioni della nostra Unione.

Queste piazze d'armi sono le basi di forze militarizzate. Esse sono assai grandi, nonostante che i paesi capitalistici mostrino un processo imponente di decomposizione. Mai fino a questo mo mento la borghesia aveva lanciato, nella lotta contro il proleta riato, parole d'ordine così apertamente retrograde, abominevoli e reazionarie come oggi. Voi tutti conoscete quelle sulla «male dizione della tecnica», la predicazione della «riruralizzazione», del «nuovo feudalesimo». Ecco alcuni esempi.

Un fascista tedesco, Hilser, scrive in un suo libretto, pre dicando il ritorno al passato: «Diventare più rurali, significa di ventare più poveri e primitivi; forse, più selvaggi e barbari, ma anche più tedeschi. La barbarie porta in sé il proprio diritto».

Un altro dotto, Spann, scrive: «Darwin e Marx, con il loro concetto meccanicistico di sviluppo, hanno portato un danno ter ribile alla nostra cultura. Esso infatti toglie ad ogni attività il proprio valore, poiché ogni oggi sarà superato da un domani. E ciò ha generato l'utilitarismo, il materialismo ed il nichilismo, caratteristici dei nostri giorni ».

Un terzo, Blunck, assicura che nei Pensieri e ricordi di Bismarck è contenuta più filosofia che in centinaia di opere e di università. E domanda: a cosa servono al popolo tedesco «la scienza di Darwin, di Virchow, di Du Bois-Reymond, di Haeckel, di Planck e di Einstein, che ha rotto il legame tra l'anima e Dio...

«Siamo piuttosto per una concezione che viene ingiuriata come barbarie, perché noi, occorre sottolineare, consideriamo il miglior grido di guerra il “ritorno alla barbarie”, proclamato negli ultimi anni».

In campo morale O. Spengler, il celebre filosofo del fascismo, predica senza pudore: «L'animale da preda è la più alta forma di vita liberamente dispiegantesi... Il fatto che l'uomo sia un animale da preda conferisce al tipo umano un alto rango»; «la loro [di questi animali, N.B.] vita consiste nell'uccidere gli altri; il piacere più alto è immergere una lama nel caldo corpo del nemico».

Oggi in Germania vengono espunti dal calendario i nomi cri stiani, con la motivazione che si tratta di una «influenza orien tale»; si predica il culto di Wotan, il dio degli antichi teutoni. Anche alcuni preti si sono ribellati. Circa duemila preti hanno stilato una dichiarazione, dicendo che questo è insegnamento an ticristiano. Ma oggi i fascisti non hanno neppure bisogno dei gingilli ipocritamente umanitari, sparsi qua e là nel cosiddetto «nuovo testamento». È tutta «influenza orientale». Essi predicano la rapina aperta, una filosofia apertamente bestiale, il pu gnale insanguinato, la rissa al coltello.

Essi hanno un celebre poeta, Johst, che era fino a poco tempo fa presidente dell'accademia dei poeti. In un suo dramma dedi cato ad Adolf Hitler ha scritto: «Quando sento la parola cultura, tolgo la sicura alla mia browning» (risa).

E altrove egli dice: «Il popolo deve chiedere dei capi sacerdoti, che spargano sangue, sangue, sangue, che scannino e macellino!»
È scritto proprio cosi: Die Blut, Blut, Blut vergiessen.

Ecco l'aspetto bestiale del nemico di classe! Ecco chi ci sta dinanzi e con chi, compagni, avremo a che fare in tutte le gigan tesche battaglie storiche che la storia ci ha posto sulle spalle.

Noi sappiamo bene che le nostre sono le file dei combattenti per il socialismo e, per questo, sono le file dei combattenti per la tecnica, la scienza, la cultura, la felicità degli uomini!

Noi siamo l'unico paese che incarni le forze progressive della storia ed il nostro partito, il compagno Stalin in persona, è il possente araldo non solo del progresso economico ma anche tecnico e scientifico sul nostro pianeta. Noi andiamo in battaglia per le sorti dell'umanità. Per questa battaglia è necessaria com pattezza e ancora compattezza.

Abbasso tutti i disorganizzatori!

Viva il nostro partito, questa grande società di combattenti, temprati, saldi come l'acciaio, intrepidi rivoluzionari, che otten gono le loro vittorie sotto la direzione del glorioso feldmare sciallo delle forze proletarie, del migliore tra i migliori, il compagno Stalin! (Applausi).

[XVII S'ezd Stenograficeskij otcët., M. 1934]