Sul discorso di Gomulka
all'VIII plenum del CC del POUP
20 ottobre 1956

Wladyslaw Gomulka, segretario del Partito Operaio Polacco dal 1945 fino al 1948, quando fu destituito e poi arrestato per "deviazionismo nazionalistico di destra", dopo il XX Congresso del PCUS, il 27 ottobre 1956, viene nuovamente nominato segretario generale del partito (POUP dopo l'unificazione con i socialisti). Alla vigilia del reinsediamento Gomulka tiene un importante discorso. Quello che segue è il commento - con ampie citazioni del discorso - scritto nel novembre del 1957 dal comunista tedesco Kurt Gossweiler (da "Contro il revisionismo - da Kruscev a Gorbaciov: saggi, diari e documenti", Zambon Editore, 2009, pp.273-290).


(Archiv der Gegenwart, 27 ottobre 1956, p. 604 e segg., testo accessibile solo nel novembre del 1957).

Dal discorso si evince che Gomulka aveva tentato di essere presente già al VII plenum, ma che al tempo la resistenza era stata ancora troppo forte. ("Contro la mia volontà non ho potuto partecipare a quella seduta. Molti di voi hanno fatto il mio nome e discusso della possibilità e della neces­sità che tornassi a operare nel Partito. Questo è stato fatto dipendere dalla posizione che avrei preso nei confronti del­la risoluzione approvata nella seduta plenaria"). Inizia poi a parlare come se fosse già primo segretario, mentre non era stato ancora neppure chiarito se potesse rientrate nel lavoro di partito. Questo dimostra come tut­to fosse orchestrato, da mesi, ancora prima del VII plenum. Al termine di una dichiarazione ambigua, "Lungi da me l'intenzione di sminuire il valore delle conquiste com­piute dal nostro paese", Gomulka passa a delineare la (certo difficile) situazione economica a tinte anche più fosche, esagerando senza misura i dati reali, per conclu­dere che un cambiamento potesse aver luogo solo modi­ficandosi a fondo la politica economica. Era questo il suo interesse principale, l'obiettivo ultimo della sua argo­mentazione (come preparato nei mesi precedenti dall'at­tività del suo gruppo).

Gomulka afferma che la Polonia era venuta a trovarsi nei confronti dei suoi creditori "nella situazione di un debito­re insolvente in bancarotta", che deve continuamente sup­plicare per ottenere una proroga dei pagamenti (come se questa fosse una questione particolarmente drammatica tra Stati socialisti!).

Interessante, tuttavia, la constatazione che segue:
"Nel frattempo una parte considerevole di questi crediti di investimento non è stata ancora utilizzata nella produ­zione in forma di macchinari e impianti. E non lo sarà per molti anni. Una percentuale rilevante di tali mezzi deve essere considerata come un valore perso, impossibile da recuperare".

Domanda: perché si è giunti a questo punto? Chi ha osta­colato un utilizzo corretto dei crediti? Per rispondere a questo interrogativo nel modo adeguato, occorre appura­re dove e quanti seguaci di Gomulka ricoprissero già po­sizioni di responsabilità prima dell'VIII plenum! Gomulka fa alla risoluzione del VII plenum il rimprovero di valutazioni abbellite e afferma:

"Bisogna dire apertamente che l'intera nazione deve pa­gare per la cattiva politica economica e in primo luogo la classe operaia. Il CC del Partito ha mancato di trarre le conseguenze dovute nei confronti dei responsabili di que­sta situazione".

Qui si chiarisce di che cosa propriamente si tratta. Non si tratta in modo assoluto di correggere gli errori compiuti, ma di accusare, di diffamare, di escludere quei dirigenti che hanno divergenze di principio con la cricca di Gomulka, che difendono il punto di vista marxista-le­ninista contro gli attacchi dei "comunisti nazionali". Poiché era impossibile batterli sul piano ideologico, occorre­va creare una situazione che consentisse di addossare a loro non solo gravi errori, ma veri e propri crimini. Una situazio­ne del genere è stata instaurata dal loro complice Kruscev:

a) riabilitando la banda di Tito e tutti coloro che al tempo erano stati condannati in diversi paesi come titoisti,
b) con le accuse contro Stalin, che ovviamente dovevano compromettere tutti i dirigenti dei partiti comunisti che avevano più strettamente operato al suo fianco in passato, lasciando invece emergere come i "migliori comunisti" coloro che sotto "il regime di Stalin" erano stati "perseguitati", dunque l'intera sporca banda di trockisti come Gomulka!
c) con le chiacchiere sulle "lesioni della legalità socialista", il cui scopo fondamentale era nello stesso modo quello di offrire un punto d'appoggio per "chiedere conto" ai responsabili di queste "lesioni", e cioè per renderli inoffensivi.

Dalle conseguenze che Gomulka trae dal XX Con­gresso, possono leggersi con esattezza i piani di questa banda.

Ora, nel novembre del 1957, dopo il fallimento di tutto, dopo che erano stati messi tutti insieme con le spalle al muro, ora da Gomulka non sentiamo più affermare (co­me ad esempio in occasione del X plenum del CC del Partito polacco) che la politica economica precedente all'VIII plenum avesse condotto il paese alla catastrofe, ora, nel momento in cui egli è esposto alla doppia pressione dell'offensiva marxista-leninista esterna e interna e per il fatto che non può ricevere più alcun aiuto da parte di Kruscev, si dà la zappa sui piedi, in quanto dichiara esattamente il contrario di quanto aveva sostenuto orgo­glioso e sicuro del successo all'VIII plenum. Ma perché meravigliarsi? Non è noto da sempre che i trockisti han­no la lingua biforcuta?

Nel discorso tenuto durante l'VIII plenum, Gomulka ave­va puntato essenzialmente a criticare la "collettivizzazio­ne". Le sue proposte significavano liquidare il settore so­cialista nell'agricoltura e creare cooperative "alternative", dominate dagli elementi kulaki. È soprattutto qui, nelle questioni agricole, che Gomulka si smaschera nel modo più chiaro come un nemico del socialismo, un fautore di diversione e un guastatore.

"Dal 1949, dunque durante gli ultimi sei anni, il Partito ha intrapreso una campagna per la collettivizzazione della produzione agricola. Durante questo periodo si sono co­stituite alcune decine di migliaia di cooperative agricole che comprendono circa il 6% delle aziende rurali". Con questo 6% la Polonia occupa uno degli ultimi posti tra i paesi socialisti! E Gomulka vuole farci credere che la maggior parte delle cooperative formanti questo 6% sia nata sotto una pressione inammissibile! Dovrebbe essere vero piuttosto il contrario, ossia che gli elementi antisocia­listi hanno esercitato una pressione per tenere i contadini lontani dalle cooperative!

"La Polonia può sfamare la sua popolazione solo se au­menta le rese per ettaro".

Segue ora un "calcolo" a la Vieweg [esponente revisionista della SED, espulso dal Partito, ndr], che "dimostra" che le rese per ettaro e le consegne delle aziende private sono maggiori rispetto a quelle delle cooperative. "La produzione delle fattorie individuali [è] superiore del 37% rispetto a quella delle fattorie statali". "Le cooperative sono soggette a una tassazione ridotta ri­spetto a quella cui sono tenute le aziende individuali. [...] Tale differenza equivale a un contributo statale a favore delle cooperative". E Gomulka non è d'accordo con que­sto punto! (Sebbene Engels e anche Lenin abbiano parlato della necessità dell'aiuto da parte dello Stato socialista nei confronti delle cooperative, a un Gomulka non importa, le autorità non sono Marx, Engels e Lenin, bensì Tito!) "Una situazione analoga risulta dai pagamenti supple­mentari per i servizi resi dalle stazioni dei macchinari sta­tali nella aziende cooperative. Questi pagamenti hanno raggiunto negli anni dal 1952 al 1955 un importo di circa 1,7 miliardi di zloty".

Pensate! 1,7 miliardi di zloty in tre anni per rinforzare l'al­leanza tra classe operaia e contadina! Che spreco! È fin troppo chiaro che tutte queste chiacchiere mirano a risve­gliare l'egoismo degli operai, ad aizzare operai e contadi­ni gli uni contro gli altri: potremmo stare molto meglio, se non dovessimo continuamente sborsare denaro per appa­gare le fauci insaziabili dei contadini, cioè delle cooperati­ve! E a che scopo? Per ricevere comunque meno alimenti di quanti ci vengono forniti dai contadini privati! Basta al­lora con queste cooperative dispendiose! Neppure la borghesia si è mai mostrata tanto spilorcia in questioni di alleanze come questo signor Gomulka (si pensi agli "aiuti all'Est" in Germania durante la Repubblica di Weimar!). Ma, secondo il punto di vista di Gomulka, il Partito si è reso colpevole di una serie di altri errori: per far sì che anche le cooperative deboli fossero in grado di pagare ai loro membri un salario minimo, lo Stato ha elar­gito loro addirittura un credito!

"Si sono incrementate così in modo artificiale le entrate di­sponibili delle aziende cooperative".

"Indipendentemente da questa forma di aiuto statale, i be­ni collettivi hanno ottenuto significativi crediti statali. [...] Possiamo aggiungere che le aziende cooperative hanno goduto di un trattamento privilegiato nella fornitura di concime artificiale".


Ma a che punto deve essere giunto un partito comunista se tali ovvietà, tali misure indispensabili per l'edificazione del socialismo nell'agricoltura vengono utilizzate come capi di accusa contro i responsabili della loro introduzione! A che punto si è arrivati, se si conclude: "Questa è in poche parole la situazione economica dei be­ni collettivi. Un quadro desolante. Nonostante le ingenti spese sostenute, hanno ottenuto ricavi più bassi con costi di produzione elevati, per non parlare comunque del­l'aspetto politico di questo problema" (?!). Degno di nota quello che Gomulka riesce a dire sul signi­ficato del XX Congresso:

"Il XX Congresso del PCUS ha rappresentato una svolta nella vita politica del nostro paese (!). Un movimento sti­molante, sano (!) ha animato la massa del Partito, la clas­se operaia e la società intera. Il modo di comportarsi ha cominciato a rafforzarsi. Gli animi silenti (!), ridotti in schiavitù (!!), hanno preso ad eliminare il veleno della menzogna (!), della falsità (!) e dell'ipocrisia (!!!)".

In questo modo dunque Gomulka aveva caratterizzato il potere del popolo in Polonia in occasione dell'VIII ple­num! (Lui, supremo bugiardo, gran maestro di falsità e ipocrisia!). Molto interessante leggere come la sua valutazione dei fatti sia oggi mutata, ad esempio durante il X ple­num! Quando ha espresso la sua vera opinione, all'VIII, al IX o al X plenum?

Il punto fondamentale è stato però l'ammissione che solo il XX Congresso [del PCUS] gli ha concesso l'opportunità di far penetrare il suo "sano movimento" nelle masse! (E que­sto viene chiamato un "Congresso del ritorno a Lenin"!!!). In secondo luogo Gomulka ha affrontato le questioni del­lo Stato e della direzione dell'industria: "Non esiste via di fuga dinnanzi alla verità. Eppure la leadership del Partito, presa dal timore, se ne è ritratta. Certuni erano intimoriti dalla responsabilità per gli esiti della politica svolta, altri si sentivano più legati ai loro co­modi posti che ai lavoratori, grazie ai quali avevano ot­tenuto quelle posizioni [...]".

(Dunque già nell'ottobre del 1956 Gomulka pronuncia le stesse calunnie che in seguito Kruscev rivolgerà contro Malenkov e compagni!)

"Perdere la fiducia dei lavoratori equivale a perdere la ba­se morale del potere".

Sempre la stessa cosa: l'importante è che i seguaci della banda di Gomulka conquistino delle posizioni! Che questi signori si prodigassero tanto per diffondere il discorso, ad esempio, anche in Germania grazie al ben solerte aiuto del­l'Ufficio degli Esteri della Spd [Partito socialdemocratico te­desco], dimostra che le affermazioni in esso contenute non erano rivolte solo contro i marxisti-leninisti nel proprio paese, ma anche contro quelli di altri Stati socialisti, specifi­camente però contro la dirigenza del Partito tedesco! "E possibile che la classe operaia abbia perso la fiducia verso certi soggetti. È del tutto normale. Ed è anche nor­male che queste persone abbandonino le proprie posizio­ni. [...] Per eliminare dalla nostra vita politica ed economi­ca tutti quegli inconvenienti che ne hanno ostacolato lo sviluppo e si sono accumulati nel corso degli anni, occor­re modificare parti significative del nostro sistema di go­verno, nell'organizzazione dell'industria, nei metodi di lavoro nello Stato e nell'apparato partitico. Urge correggere tutti i lati negativi del nostro modello di socialismo con dei buoni pezzi di ricambio (!), per conferirgli i nostri pro­pri ancor più perfetti (!) marchi [...]". "Il problema delle modifiche dell'organizzazione indu­striale è una questione dal carattere fondamentalmente strutturale. Ciò che importa in primo luogo è di migliora­re la forma presente del socialismo. Il problema dell'auto­gestione operaia, di cui così frequentemente discutono gli operai nelle imprese e i diversi organi di partito e di Stato, risulta in definitiva da quanto ho sostenuto riguardo alla produzione e allo standard di vita [...]". "L'iniziativa della classe operaia, volta al miglioramento della pianificazione industriale e alla partecipazione degli operai alla pianificazione del lavoro, dovrebbe essere ac­colta con profonda comprensione [...]". "Nell'industria di base (!) troviamo le condizioni più favo­revoli alla sperimentazione (!), così come in quelle imprese che percorrono l'intero processo produttivo, dall'inizio alla fine, e anche in quelle fabbriche che non hanno difficoltà di approvvigionamento quando collaborano pure con altre imprese. In queste aziende occorrerebbe partire con le spe­rimentazioni, senza indugio. A mio parere, sarebbe il caso di condurre una ricerca esauriente e stabilire se sia possibi­le ricorrere, ad esempio nell'industria mineraria, a incenti­vi materiali più sostanziosi, che devono essere strettamente connessi a una maggiore prestazione estrattiva [...]". "Uno di questi incentivi potrebbe essere che ogni tonnel­lata di carbone estratta in più rispetto a quanto pianifica­to venga ripartita tra gli operai della miniera in questione e lo Stato in qualità di gestore (!) della miniera [...]". "Questo esempio, magnificamente calzante per l'industria mineraria, illustra il pensiero fondamentale che deve esse­re alla base dell'idea di autogestione operaia e collabora­zione all'interno dell'organizzazione di una determinata impresa".

(In Polonia si delineò in pratica un sistema che, ad esem­pio, diede modo agli operai di una miniera o di un'impresa di importare autonomamente quel che essi e l'impresa ritenevano auspicabile. Con ciò è stato abbattuto in primo luogo il monopolio statale del commercio estero; in secon­do luogo sono stati introdotti per vie legali i prodotti ne­cessari alla speculazione, è stata infine seppellita sistema­ticamente la coscienza di classe della classe operaia. Ca­ratteristico di tutti questi Tito e Gomulka è che i loro "esperimenti" tendono a fare dell'operaio un bottegaio e uno speculatore, cioè a disgregare la classe operaia. Si trat­ta del corrispondente - nelle condizioni di uno Stato so­cialista - della "partecipazione agli utili" e delle "azioni popolari" in un sistema capitalistico).

Gomulka tenta quindi di rafforzare a livello "teorico" gli attacchi rivolti contro i principi di base della conduzione dell'economia socialista (la fonte jugoslava traspare qui inequivocabilmente):

"Il punto saliente consiste nell'erronea visione che la legge del valore non gioca anch'essa nei rapporti della produzio­ne socialista". (Chi l'ha mai detto?). "Pertanto nello smercio dei beni tra le imprese statali i prezzi vengono fissati arbi­trariamente e spesso al di sotto dei costi di produzione. La nostra politica economica è sbagliata. Il sistema dei prezzi, cui ci atteniamo, dovrebbe essere modificato e i prezzi venire adeguati al valore".

(Che prova di saggezza! È ovvio che certi prezzi possano venire fissati erroneamente. Ma che lo Stato socialista fac­cia uso della legge del valore, proprio in quanto non sta­bilisca tutti i prezzi conformemente al valore, ma in con­siderazione delle circostanze economiche e politiche, costituisce l'ABC della politica economica marxista. La pianificazione non avrebbe altrimenti senso e i prezzi potrebbero tranquillamente oscillare in base alla doman­da e all'offerta. Ed è proprio questo in effetti l'esito cui Gomulka non può ancora giungere, senza prima aver sparato contro l'obiettivo più immediato). "La nostra economia socialista dovrebbe tener conto della necessità di un'autonomia delle imprese socialiste, considerando contemporaneamente tutte le esigenze della pia­nificazione centrale".

Come ciò si faccia, Gomulka non è riuscito in un anno a mostrare: autonomia delle imprese e pianificazione cen­trale! In tutta la questione emerge soltanto che questa co­stituisce un attacco al sistema della direzione centrale dell'economia popolare e una speculazione sui più retri­vi stati d'animo piccolo-borghesi della classe operaia.

In tale contesto Gomulka diventa molto concreto anche in relazione all'agricoltura e senza reticenza sviluppa un programma di impronta dichiaratamente kulaka: "Anche la politica agraria necessita di essere corretta. Per quanto riguarda le cooperative, meritano di essere soste­nute solo quelle sane mediante crediti di investimento che possano venire ripagati, eliminata qualsiasi forma di sov­venzioni statali". (La condanna a morte per il movimento cooperativo!).

"Il movimento cooperativo può secondo me [Gomulka, ndr] continuare ad avere un futuro (!) solo alle condizioni seguenti:

1. L'adesione alla cooperativa deve essere volontaria. Il che vuol dire che bisogna escludere non solo intimida­zioni e costrizioni di ordine psicologico, ma anche co­strizioni economiche. Le misure fiscali e la fissazione dell'entità delle quote di consegna sono da intendersi anch'essi come mezzi di coercizione". (Non c'è da meravigliarsi che tutti i nemici del comu­nismo, a partire dai kulaki polacchi fino a Dulles, fos­sero entusiasti di un "comunista" di tal fatta!).

2. "I soci delle cooperative si autogestiscono (!). Esse non sono altro che aziende di produzione agricola che si au­togestiscono" (e invece pensavamo sinora che fossero qualcosa di molto più importante, ovvero i pionieri del­la trasformazione socialista dell'agricoltura!). "La presi­denza viene eletta liberamente dai soci". ("Elezioni libe­re", la parola magica di tutti gli pseudosocialisti!). "La gestione dei mezzi cooperativi dovrebbe ugualmente essere decisa secondo la volontà dei soci". (Nes­suno statuto modello dunque che garantisca lo svilup­po socialista della cooperativa, ma via libera ai conta­dini "forti" economicamente, che intendano conquista­re le cooperative dall'interno!).

3. Le cooperative hanno il diritto di acquistare con i pro­pri mezzi o mediante crediti statali (!) tutti i macchina­ri di cui necessitano per la produzione agricola o per imprese sussidiarie. Le stazioni statali di macchinari devono essere basate sul principio della piena redditi­vità, funzionando come officine di riparazione (!!!). Possono possedere un numero determinato di macchi­ne agricole pesanti, come riserva per cooperative e fat­torie private.

4. Lo Stato garantisce alle cooperative l'aiuto in crediti, assolutamente necessario per scopi di investimento, concede loro la priorità in caso di stipula di contratti di compravendita, di consegna di materie prime agricole o di fornitura di concime artificiale". (Che generosità!). Eppure, per Gomulka, tutto questo, un programma controrivoluzionario da kulako, non è ancora suffi­ciente. Evidentemente teme che nel partito vi sia anco­ra un discreto numero di forze oppositrici che possano remare contro la sua attuazione. Aggiunge così al pro­gramma una seconda parte, ancora più scandalosa: "Per costituire aziende cooperative abbiamo bisogno di un pensiero progressista e creativo che non sta cer­tamente nel monopolio di un partito o di un singolo. Per innalzare il livello del lavoro agricolo cooperativo e nella ricerca delle forme migliori di lavoro collettivo, un ampio raggio d'azione spetta a una concorrenza (!) tra il nostro partito e quello contadino e tra tutti coloro che auspicano un rafforzamento del sistema socialista, del sistema dell'equità sociale. Perché il movimento cattoli­co progressista, solo per fare un esempio, non dovrebbe concorrere con noi nella realizzazione di forme coopera­tive agricole? E un errore ritenere che solo i comunisti siano in grado di costruire il socialismo, solo gente dunque con un punto di vista materialista e socialista". (Se questo non basta!!! E dopo un discorso così, questo tipo è riuscito a diventare primo segretario!!!).

Segue una denigrazione della politica cooperativa fino ad allora condotta dal Partito, che era proceduta - viene asserito - dal "presupposto che il socialismo potesse es­sere costruito sulla base della povertà e del declino della proprietà contadina. Per un pensiero dogmatico era in­concepibile che sotto il sistema democratico popolare tutte le forme di collaborazione agricola potessero con­durre al socialismo e che queste forme contribuissero ad elevare il senso della comunità produttiva, e che il socia­lismo potesse svilupparsi al meglio proprio sulla base della prosperità del popolo contadino lavoratore (!)". (Ecco la miracolosa risurrezione di Bucharin!). "Non c'è nulla di più giusto che far sviluppare tali forme volonta­rie di comunità agricole: questa è la nostra via al sociali­smo nell'agricoltura!".

(La "via polacca" qui delineata è una dozzinale riprodu­zione della "via jugoslava". E le "diverse comunità agrico­le" somigliano molto più alle "cooperative Raiffeisen" di grandi contadini [Istituzioni creditizie del settore privato aventi la tipologia legale delle cooperative, ndr] che al so­cialismo!).

Ma il bello deve ancora venire:
"Ugualmente sconsiderata la convinzione, ancora oggi diffusa, che l'effetto positivo della politica agraria condot­ta in passato sarebbe stato che i kulaki in rovina si sareb­bero sottomessi al potere del popolo. Questo tipo di sotto­missione si sarebbe ottenuta in qualsiasi momento e non era necessario perseguire per anni la cosiddetta politica di restrizione ai danni dei kulaki, che in realtà, invece di es­sere una politica finalizzata ad arginare lo sfruttamento, è stata una condotta destinata a far precipitare nella rovina le fattorie dei kulaki".

Ecco qui ora l'avvocato dei kulaki, che ha gettato la ma­schera! Si lamenta della "rovina delle fattorie dei kulaki" e pretende di eliminare il sostegno statale alle cooperative di produzione! Nei fatti, che "comunista"! "Io intendo eliminare le quote di consegna, che non pos­sono costituire il nostro sistema né una caratteristica eco­nomica del nostro sistema. Le quote di consegna sono piuttosto un fenomeno che contraddistingue periodi di guerra". (Che l'Unione Sovietica abbia mantenuto e man­tenga l'obbligo di consegna è per Gomulka naturalmente proprio una conferma che tale mezzo non possa valere per la "via polacca"!)

E per finire: "IO intendo [...]", la locuzione esprime l'essen­za di questo soggetto, di questo "alfiere" della lotta contro il culto della personalità, che da quel momento in poi per settimane e mesi interi si è fatto acclamare in modo super­lativamente esagerato come "eroe dell'ottobre polacco", "salvatore della patria". Quando ha tenuto questo discor­so, però, non era ancora nessuno, non rivestiva alcuna funzione partitica, ma sentiva già suo il ruolo di "leader": "IO intendo [...]"! E che cosa altro intendeva costui?

"Nel nostro paese esistono possibilità significative di ac­crescere la produzione agricola attraverso tre forme di aziende (cooperative, kulake e statali). Esse dipendono in primo luogo da una politica agraria corretta e lungimiran­te, in secondo luogo dalla fornitura di macchinari agricoli adatti ad ogni tipo di azienda (dunque anche ai kulaki!?!) da parte dell'industria e in particolare anche dalla fornitu­ra di concimi chimici, e in terzo luogo dall'innalzamento della qualificazione di ogni singolo contadino". A questo punto Gomulka passa alla denigrazione del Partito. Anche in ciò l'aggancio è con il XX Congresso. Dapprima una giustificazione "teorica" del "nazional-comunismo".

"La costante del comunismo è l'abolizione dello sfrutta­mento dell'uomo da parte dell'uomo. Le strade per rag­giungere questo obiettivo possono essere diverse e lo sono. Il modello del socialismo può anch'esso variare. Può essere come quello realizzato nell'Unione Sovietica, può essere strutturato come in Jugoslavia e può conoscere anche altre forme". (Per esempio, come il modello di Schumacher e Ollenhauer?) [dirigenti della socialdemo­crazia tedesco-occidentale, ndr].

"Di fronte alle incredibili difficoltà che hanno accompa­gnato sotto ogni punto di vista l'opera di trasformazione del sistema di una Russia zarista in un sistema socialista, durante il periodo in cui Stalin fu alla guida del Partito, si iniziò a liquidare in modo sempre più spietato il conflitto formale dei punti di vista sulle questioni sollevate dalla vita concreta e che emergevano all'interno del Partito ai tempi di Lenin. La posizione prima assunta dal confronto interno al Partito venne usurpata dal culto della persona­lità, mentre quel confronto risultò via via sempre più eli­minato. Tracciare la via russa al socialismo passò gradual­mente dalle mani del CC a quelle di un gruppo sempre più ristretto di persone fino a diventare monopolio di Stalin. Monopolio che comprendeva anche la teoria del socialismo scientifico. Il culto della personalità è un siste­ma particolare dell'esercizio del potere, una via particola­re in avanti, in direzione del socialismo (solo "in direzio­ne del socialismo"? Dunque il socialismo non era ancora stato costruito nell'Urss???!), ricorrendo però a dei metodi che contraddicono l'umanesimo socialista, la concezione socialista della libertà dell'uomo e della legalità". (Che cosa distingue questo Gomulka da Schumacher e Ollenhauer???).

"Le relazioni reciproche tra i partiti e gli Stati del campo socialista non rappresentano e non devono rappresentare un motivo di complicazioni. Questo è uno dei caposaldi del socialismo. Tali relazioni devono essere orientate ai principi della solidarietà internazionale della classe ope­raia, essere fondate su fiducia reciproca e parità di diritti, sulla garanzia di mutua assistenza e, qualora sia necessa­ria, su una critica amichevole e reciproca, su una soluzio­ne ragionevole di tutte le contrapposizioni secondo lo spi­rito dell'amicizia e del socialismo. Nell'ambito di queste relazioni ogni paese dovrebbe essere pienamente indipendente e i diritti di ogni nazione ad avere un governo so­vrano in un paese indipendente dovrebbero venire rispet­tati in pieno. Così dovrebbe essere e, mi sembra, la situa­zione comincia ora a delinearsi in questi termini. In quali­tà di leader del partito e dell'Unione Sovietica Stalin rico­nosceva formalmente i principi sopra enucleati, sulla base dei quali dovrebbero caratterizzarsi le relazioni tra i paesi del campo socialista. Non solo li accettava, ma addirittura li proclamava a gran voce. Nella realtà, però, tali principi non trovavano terreno fertile nell'atmosfera creata dal cul­to della personalità".

Un'ipocrisia da farisei! Proprio da parte di coloro che si erano proposti nel più grossolano dei modi di intrometter­si nelle questioni interne di quei partiti comunisti, le cui leadership non fossero disposte a imitare Gomulka! Invito a confrontare in definitiva il modo in cui Gomulka ha parlato della posizione dell'Urss nei riguardi degli altri Stati socialisti con quanto ha affermato, sempre su questo argomento, in occasione delle celebrazioni per il 40° anni­versario!

Passiamo ora alla più volgare canea anticomunista, che fi­no ad allora aveva trovato eco solo nella stampa trockista, socialista di destra e comunque imperialista: "Il culto della personalità non può essere limitato esclu­sivamente alla persona di Stalin. Si tratta di un sistema ben preciso" (questo è anche il caso con Tito), "che ha preso il sopravvento nell'Unione Sovietica ed è stato poi trapiantato probabilmente in tutti i partiti comunisti e in una serie di paesi del campo comunista, compresa la Po­lonia. L'essenza di questo sistema risiedeva nella creazio­ne di una scala individuale e gerarchica di culti. Ogni culto abbracciava una precisa area di influenza. Nel bloc­co degli Stati socialisti, era Stalin a sedere ai vertici di questa scala gerarchica di culti. Tutti coloro, che occupa­vano i pioli inferiori della scala, inchinavano il capo in­nanzi a lui. Queste persone non erano solo i dirigenti dei partiti comunisti e operai nei paesi del campo socialista.

I successivi erano i primi segretari dei Comitati centrali dei partiti dei diversi paesi che, posizionati sul secondo piolo della scala del culto della personalità, vestivano an­ch'essi gli abiti talari dell'infallibilità e della saggezza. Il loro culto si radicava però solo nel paese in cui occupa­vano il vertice della scala nazionale del culto medesimo. Questo culto potrebbe essere definito come uno splendo­re riflesso, quale una luce non propria, come quella della luna. Un bagliore pur potente all'interno della propria sfera d'azione. In ogni paese si era così costituita una sca­la di culti a diversi gradini. Il titolare del culto della per­sonalità era onnisciente, sapeva come ogni cosa andava fatta, risolta, gestita e stabilita all'interno della propria sfera d'azione. Costui era il più intelligente a prescindere dalle conoscenze personali, dalle abilità o dalle altre qua­lità personali. La cosa in sé non sarebbe stata grave, se a vestire gli abiti talari fosse stata una persona ragionevole e moderata. Ma un uomo così non si sente normalmente a proprio agio in queste vesti. Può dirsi che egli ne pro­verebbe vergogna e non avrebbe voglia di indossarle" (si confronti il culto di Gomulka dopo l'ottobre in Polonia!), "pur non potendosele sfilare di dosso. Infatti, nessun di­rigente di un'organizzazione partitica potrebbe lavorare in modo normale, anche se operasse collettivamente con l'intera leadership, perché in un sistema politico fondato sul culto della personalità mancherebbero di fatto le con­dizioni per un lavoro di questo tipo. Ma ancor peggio, e addirittura grave, sarebbe stato il caso se a ricoprire gli incarichi di potere e ad assumere il diritto al culto fosse stato un uomo mediocre, un gregario ottuso o uno spor­co arrivista. Gente di tal fatta ha scavato, spensierata­mente ma con certezza, la fossa al socialismo".

Quanto odio bisogna nutrire nei confronti del comunismo e dei partiti comunisti per vituperarli e calunniarli in questi termini, per privarli intenzionalmente e deliberatamente della loro autorità e convogliare su di essi l'astio e il di­sprezzo delle masse! E che incredibile ipocrita deve essere un uomo che oggi, senza batter ciglio, sostiene esattamente il contrario di tutto quanto una volta, gonfio del senso del trionfo, certo della vittoria, aveva sentenziato contro i tanto odiati "stalinisti", vale a dire contro i veri leninisti. Costui bastona oggi quali "revisionisti" coloro che si distaccano dalle sue posizioni, solo perché continuano a ripetere nel­l'ottobre del 1957 ciò che egli stesso aveva proclamato nel­l'ottobre del 1956, ed è palesemente così ingenuo da crede­re che si potranno così cancellare le proprie impronte.

Metodo per l'istigazione di un sentimento di massa al fine di realizzare un rovesciamento controrivoluzionario:

"Eventi tragici hanno segnato la Polonia, allorché degli in­nocenti sono stati condannati a morte. Molti altri, tra cui anche comunisti, sono stati trattenuti per diversi anni in prigione senza avere nessuna colpa. Molti sono stati sotto­posti a torture bestiali. Dominavano al tempo terrore e de­moralizzazione. Sul terreno del culto della personalità hanno preso piede fenomeni che hanno offeso e persino distrutto il senso più profondo del potere del popolo. Ab­biamo segnato la fine di questo sistema, una volta per tut­te. Dobbiamo ringraziare il XX Congresso del PCUS, per­ché ci ha aiutati a liquidare questo sistema" (un linguag­gio come quello dei nazisti: "14 anni di sistema [...]") (!!!). Gomulka chiedeva allora la creazione di una commissione della dirigenza del partito per indagare sulla responsabilità dei "Berija polacchi". L'obiettivo è chiaro: finché tutti gli "stalinisti" non siano stati epurati dalla leadership, la vitto­ria di Gomulka non è garantita definitivamente, la trasfor­mazione del Partito polacco in un partito pseudo comuni­sta, alla Tito, non sarà del tutto saldamente compiuta. Nel frattempo si è già reso evidente che anche questa com­missione non è servita a perseguire l'obiettivo che le era stato assegnato.

Sui fondamentali principi partitici, che si sarebbero dovu­ti attuare, Gomulka affermava:

"Tra questi principi il primo posto deve essere occupato dalla questione dell'autorità del partito, del carattere pub­blico della sua vita (che cosa vuol dire?) e dal diritto che siano garantite le proprie opinioni, nel rispetto però del principio secondo il quale le decisioni della maggioranza sono vincolanti per tutti i membri del partito. Quest'ulti­mo principio è oggi più che mai importante". (Un capolavoro! Fino a quando la sua cricca non è stata al potere, ha praticato l'esatto contrario! I trockisti sostengo­no la libertà di costituire delle frazioni solo quando sono all'"opposizione". Sono invece i più appassionati fautori dell'"unità del partito" e della lotta contro tutte le corren­ti che esprimono divergenze, quando essi raggiungono il vertice e stabiliscono il corso del partito). Viene proclamato il principio, secondo il quale il partito (di fatto) non deve essere la forza leader, ricorrendosi al­la demagogica contrapposizione tra "governare" e "gui­dare" (cfr. lo Statuto del Partito jugoslavo e di quello un­gherese!)

"Il principio secondo il quale il partito e il suo apparato non governano, ma solo guidano, che il compito di gover­nare spetta allo Stato e al suo apparato, deve acquisire una forma concreta e venire in luce nell'attività pratica, e non solo nelle parole [...]".

Sulla "democratizzazione": uno dei punti principali con­siste nel potenziamento del ruolo del Sejm. In realtà, un tentativo di tornare, nella misura in cui fosse comunque possibile, ai metodi del parlamentarismo borghese, di cir­coscrivere il ruolo del partito all'interno del Sejm e sen­z'altro nella funzione legislativa e di allevare di nuovo una sorta di "parlamentari di professione". "Consegue che [...] una parte dei deputati dovrebbe dedi­carsi ai propri compiti come professione principale [...]". "L'emanazione di decreti da parte del Consiglio di Stato" (alla cui presidenza sedeva Alexander Zawadzki!) "do­vrebbe essere limitata a problemi urgenti; al plenum do­vrebbe essere inoltre riconosciuto il diritto di modificare o annullare questi decreti. Il parlamento dovrebbe ancora esercitare una più ampia attività di controllo sul lavoro del governo e degli altri organi statali". "La Camera superiore per il controllo dello Stato, subordinata al Sejm, dovrebbe essere ricostituita. [...] Il Sejm ha ancora il compito di valutare l'operato del governo e rientra nelle sue competenze prendere delle decisioni ri­guardo alle persone che mancano nell'adempimento adeguato dei loro incarichi. Una ragionevole definizione dei poteri che spettano al Sejm e pure un ampliamento di questi poteri oltre i limiti stabiliti dalla Costituzione, as­sieme a una ragionevole definizione dei compiti del par­tito rispetto all'apparato statale, non provoca una colli­sione tra il Sejm e la tesi del ruolo guida del Partito. Le elezioni avverranno sulla base della nuova legge eletto­rale, che permette al popolo di scegliere realmente e non di dare soltanto il proprio voto".

(E per questa interpretazione prettamente parlamentare e borghese di "democrazia" ci sono stati dei compagni qui da noi [Rdt, ndr], che si sono entusiasmati come se si fosse trovata la chiave per la democratizzazione della nostra vi­ta! Del resto, prima delle elezioni da parte di tutti i partiti si fece appello a non utilizzare il diritto di cancellazione. A che scopo allora tutta quella messa in scena?!) "È chiaro che chi non gode della fiducia di ampie cerchie di elettori non entrerà nei futuri Sejm [...]".

Fin qui dal discorso di Gomulka. Altro sull'VIII plenum (da Archiv der Gegenwart, 7-10-1956, p. 6054).
Il 21 ottobre, dopo una lunga e tormentosa discussione, il plenum del CC ha eletto il Politbjuro e la segreteria. (...)