Gramsci
Fuori dall'agiografia
e dalle strumentalizzazioni


  Nel 1926, con il suo arresto, si interrompe l'attività politica di Antonio Gramsci e comincia la sua vita da detenuto che lo allontana da ogni possibilità di gestione delle vicende del PCdI. Nel tentativo di dimostrare che Gramsci sarebbe stato un antistalinista e un antesignano della 'via italiana al socialismo' così come l'hanno immaginata i suoi epigoni, la ricostruzione della sua vita in carcere è stata oggetto in questi anni di una ricerca storiografica che ha strumentalizzato i suoi silenzi e alcuni singoli episodi. Certo, non è stato possibile a costoro collegare la Bolognina all'Ordine Nuovo e al congresso di Lione, però il brodo di cultura 'gramsciano' è divenuto terreno di caccia di tutti i fautori della via italiana al socialismo e successivamente dei liberaldemocratici.

   Contrapporre un Gramsci rivoluzionario e un Gramsci liberaldemocratico è una operazione priva di senso, una falsificazione. Gramsci difatti va giudicato concretamente per quello che è stato politicamente prima del carcere e per quegli scritti 'politici' che si trovano nei Quaderni che ci danno la misura della sua elaborazione dopo il congresso di Lione e sono ad esso collegabili.

   Questa parte del nostro lavoro cerca di far uscire Gramsci dall'agiografia e di definire il suo rapporto con la storia dei comunisti italiani stabilendo una sostanziale demarcazione tra il Gramsci politico e il Gramsci intellettuale al quale sono state dedicate biblioteche intere di saggi. Il Gramsci che vogliamo qui considerare è quello che ha fondato e diretto l'Ordine Nuovo, quello che ha dato il via alla liquidazione del bordighismo, quello che, sotto il peso delle sconfitte degli anni '20, ha avviato una analisi su come affrontare la strategia della rivoluzione comunista in Italia dopo lo slancio iniziale dell'Internazionale. Stabilendo un filo rosso tra questi passaggi si può avere il senso della ricerca teorica e politica di Antonio Gramsci e capire come egli abbia pesato nella formazione del gruppo dirigente del partito comunista, direttamente e, indirettamente, coi suoi scritti dal carcere. Questo metodo ci permette di vedere le cose nel contesto degli avvenimenti storici, cosa che difficilmente avviene da parte degli apologeti del dirigente comunista impegnati a tirarlo per la giacca su altri terreni.

   Dando una visione materialistica e dialettica dell'operato di Gramsci non si sminuisce il suo apporto, ma lo si colloca in uno scenario in cui si intravedono bene le questioni che il movimento comunista in Italia aveva di fronte negli anni successivi alla fondazione dell'Internazionale comunista.

   Il Gramsci dei Quaderni è bivalente. Da una parte scrive portandosi dietro le questioni su cui aveva lavorato a partire dall'Ordine Nuovo, ma dall'altra subentra la nuova dimensione in cui si viene a trovare con l'esperienza carceraria. Gramsci in carcere non è il dirigente comunista che fino al 1926 aveva diretto il partito, ma un uomo che per ragioni fisiche, ma anche di prospettive personali dovute alla previsione di una lunga detenzione, sceglie di staccare la spina e dedicarsi allo studio e alla situazione famigliare. In questo senso va interpretato il suo silenzio politico e il modo con cui stabilisce i rapporti con l'esterno. Non erano solo le sbarre a decidere. Era la nuova dimensione in cui si era trovato dopo il 1926 e a cui egli aveva reagito non più come dirigente, ma come intellettuale comunista. Il rispetto per Gramsci deve partire dal riconoscimento di questa scelta ed è in questa chiave che noi vogliamo contribuire a capire il suo ruolo nella storia dei comunisti italiani.