Vladimir I. Lenin

Lettere da lontano [1]
La prima tappa della prima rivoluzione

Svizzera, marzo 1917


  La prima rivoluzione generata dalla guerra imperialistica mondiale è scoppiata. Questa prima rivoluzione non sarà certamente l'ultima.

  La prima tappa di questa prima rivoluzione, e cioè della rivoluzione russa del 1° marzo 1917 - a giudicare dagli scarsissimi dati di cui dispone chi dalla Svizzera scrive queste righe - è terminata. Questa prima tappa della nostra rivoluzione non sarà certamente l'ultima.

  Come è stato possibile questo «miracolo»: che in soli otto giorni - e cioè entro il termine indicato da M. Miliukov nel suo presuntuoso telegramma a tutti i rappresentanti della Russia all'estero - sia crollata una monarchia che si era mantenuta per secoli e che, malgrado tutto, aveva resistito tre anni, dal 1905 al 1907, ai tremendi conflitti di classe del popolo intero?

  Nella natura e nella storia non avvengono miracoli, ma ogni svolta repentina della storia, compresa ogni rivoluzione, offre un contenuto così ricco, sviluppa combinazioni così inattese e originali delle forme di lotta e dei rapporti delle forze in lotta, che molte cose debbono sembrare miracoli a un cervello piccolo-borghese.

  Perché la monarchia zarista crollasse in pochi giorni è stato necessario il concorso di tutta una serie di condizioni d'importanza storica mondiale. Indichiamo le principali.

  Senza i tremendi conflitti di classe del 1905-1907, senza l'energia rivoluzionaria di cui diede prova il proletariato russo in quei tre anni, una seconda rivoluzione così rapida - rapida in quanto ha portato a termine in pochi giorni la sua tappa iniziale - sarebbe stata impossibile. La prima rivoluzione (1905) aveva rimosso profondamente il terreno, sradicato i pregiudizi secolari, risvegliato alla vita e alla lotta politica milioni d'operai e decine di milioni di contadini, rivelato le une alle altre - e al mondo intero - tutte le classi (e tutti i principali partiti) della società russa nella loro vera natura, nei reali rapporti reciproci dei loro interessi, delle loro forze, dei loro metodi d'azione, dei loro scopi immediati e lontani. La prima rivoluzione e il periodo di controrivoluzione che l'ha seguita (1907-1914) hanno messo a nudo tutta la sostanza della monarchia zarista, l'hanno spinta sino al «limite estremo», hanno scoperto tutta la putredine, tutta la turpitudine, tutto il cinismo e la corruzione della banda zarista con a capo il mostruoso Rasputin, tutta la ferocia della famiglia dei Romanov, di questi massacratori che inondarono la Russia del sangue degli ebrei, degli operai, dei rivoluzionari, di questi grandi proprietari fondiari «primi fra uguali», che posseggono milioni di desiatine [2] di terra, che sono pronti a tutte le atrocità, a tutti i delitti, a rovinare e a strangolare un numero qualsiasi di cittadini pur di conservare questa «sacra proprietà» loro e della loro classe.

  Senza la rivoluzione del 1905-1907, senza la controrivoluzione del 1907-1914, un'«autodefinizione» così precisa di tutte le classi del popolo russo e di tutti i popoli che abitano la Russia, la definizione dell'atteggiamento di queste classi le une verso le altre e verso la monarchia zarista, che si è rivelata negli otto giorni della rivoluzione del febbraio-marzo 1917, sarebbe stata impossibile. Questa rivoluzione di otto giorni è stata «recitata» - se è lecita la metafora - precisamente dopo una decina di prove parziali e generali; gli «attori» si conoscevano, conoscevano la loro parte, il loro posto, il loro palcoscenico in lungo e in largo, e conoscevano - fino ad ogni sfumatura di una qualche importanza - le tendenze politiche e i mezzi d'azione.

  Ma se la prima, grande rivoluzione del 1905 - condannata come una «grande ribellione» dai signori Gučkov e Miliukov e dai loro accoliti - ha condotto dopo dodici anni alla «brillante» e «gloriosa» rivoluzione del 1917, che i Gučkov e i Miliukov proclamano «gloriosa» giacché (per il momento) ha dato loro il potere, ad essa è stato necessario un grande, forte e onnipotente «regista», il quale, da una parte, fosse in condizioni di accelerare enormemente il corso della storia universale e, dall'altra, di generare crisi mondiali, economiche, politiche, nazionali e internazionali di incomparabile intensità. Oltre allo straordinario acceleramento della storia universale, erano necessarie delle svolte particolarmente brusche perché il carro della monarchia dei Romanov, insanguinato ed infangato, si rovesciasse di colpo.

  Questo «regista» potentissimo, questo acceleratore vigoroso è stata la guerra imperialistica mondiale.

  Ormai è indiscutibile che essa è una guerra mondiale, poiché oggi gli Stati Uniti e la Cina sono già a metà trascinati nella guerra e lo saranno interamente domani.

  Ormai è indiscutibile che essa è imperialistica per entrambe le parti. Soltanto i capitalisti ed i loro accoliti socialpatrioti e social-sciovinisti - ovvero, dicendo nomi politici conosciuti in Russia invece di dare definizioni critiche generiche - solo i Gučkov e i Lvov, i Miliukov e gli Scingarev, da una parte, solo gli Gvozdev, i Potresov, i Ckhenkeli, i Kerenski e i Ckheidze, dall'altra, possono negare o mascherare questo fatto. Così dalla borghesia tedesca, come dalla borghesia anglo-francese, la guerra è fatta per spogliare altri paesi, soffocare i piccoli popoli, dominare finanziariamente il mondo, dividere e ridividere le colonie, salvare dalla rovina il regime capitalista con la mistificazione e la divisione degli operai dei diversi paesi.

  La guerra imperialistica doveva, per necessità obiettiva, accelerare straordinariamente e inasprire incomparabilmente la lotta di classe del proletariato contro la borghesia; doveva trasformarsi in guerra civile fra classi nemiche.

  Questa trasformazione si è iniziata con la rivoluzione del febbraio-marzo 1917, la cui prima tappa ci ha mostrato, in primo luogo, un colpo simultaneo vibrato allo zarismo da due forze opposte: tutta la Russia borghese e dei grandi proprietari fondiari con tutti i suoi accoliti incoscienti e i suoi dirigenti coscienti, gli ambasciatori e i capitalisti anglo-francesi, da una parte, e il Soviet dei deputati operai, che ha cominciato ad attirare a sé i deputati soldati e contadini, dall'altra.

  Questi tre campi, queste forze politiche fondamentali: 1. la monarchia zarista alla testa dei grandi proprietari feudali, alla testa dei vecchi funzionari e generali; 2. la Russia ottobrista e cadetta della borghesia e dei grandi proprietari fondiari dietro la quale si trascina la piccola borghesia (i cui principali rappresentanti sono Kerenski e Ckheidze); 3. il Soviet dei deputati operai e soldati, che cerca i suoi alleati in tutto il proletariato e in tutte le masse più povere della popolazione - queste tre forze politiche fondamentali si sono già manifestate, durante gli otto giorni della «prima tappa», con la massima chiarezza, tanto che possono essere riconosciute persino da un osservatore così lontano dagli avvenimenti e costretto, come chi scrive queste righe, ad accontentarsi dei laconici telegrammi dei giornali esteri.

  Ma, prima di parlarne, più particolareggiatamente, debbo ritornare alla parte della mia lettera dedicata al fattore più potente, alla guerra mondiale imperialistica.

  La guerra ha legato l'uno all'altro, con catene di ferro, le potenze belligeranti, i gruppi capitalistici belligeranti, i «padroni» del regime capitalistico, gli schiavisti della schiavitù capitalistica. Un solo ammasso sanguinolento: ecco che cos'è la vita sociale e politica nel momento storico che attraversiamo.

  I socialisti che sono passati dalla parte della borghesia al principio della guerra, tutti questi David e questi Scheidemann in Germania, questi Plekhanov, Potresov, Gvozdev e consorti in Russia, si sono per lungo tempo spolmonati a denunciare le «illusioni» dei rivoluzionari, le «illusioni» del manifesto di Basilea, la ridicola «chimera» della trasformazione della guerra imperialistica in guerra civile. Essi hanno decantato su tutti i toni la forza, la vitalità, la capacità di adattamento che il capitalismo avrebbe dimostrato: essi, che hanno aiutato i capitalisti ad «adattare», addomesticare, ingannare e dividere la classe operaia dei diversi paesi.

  Ma «ride bene chi ride ultimo». La borghesia non ha rinviato di molto la crisi rivoluzionaria generata dalla guerra. Questa crisi si sviluppa con forza irresistibile in tutti i paesi, a cominciare dalla Germania, la quale, secondo l'espressione di un osservatore che l'ha visitata recentemente, vive in uno stato di «fame genialmente organizzata», per finire all'Inghilterra e alla Francia, dove la fame si avvicina egualmente e dove l'organizzazione è molto meno «geniale».

  È naturale che la crisi rivoluzionaria sia scoppiata, prima di tutto, nella Russia zarista dove c'era la disorganizzazione più mostruosa e il proletariato più rivoluzionario (non grazie a qualità particolari, ma in seguito alle tradizioni vive del 1905). Questa crisi è stata accelerata da una serie di gravissime sconfitte subite dalla Russia e dai suoi alleati. Le sconfitte hanno scosso tutta la vecchia macchina governativa e tutto il vecchio regime, hanno suscitato contro di esso l'indignazione di tutte le classi della popolazione, hanno esasperato l'esercito, distrutto in grandissima misura il vecchio corpo degli ufficiali - formato da una nobiltà fossilizzata e specialmente da una burocrazia imputridita - che è stato sostituito da elementi giovani, freschi, prevalentemente borghesi, professionisti di origine plebea e piccolo-borghese. Quei servitori dichiarati della borghesia o semplicemente quegli uomini senza carattere, che hanno urlato e strepitato contro il «disfattismo», sono posti ora dinanzi al fatto del nesso storico esistente fra la disfatta della monarchia zarista più arretrata e più barbara e l'inizio dell'incendio rivoluzionario.

  Ma se le disfatte all'inizio della guerra sono state un fattore negativo che ha accelerato l'esplosione, anche il nesso esistente tra il capitale finanziario anglo-francese, l'imperialismo anglo-francese e il capitale russo ottobrista e cadetto è stato un fattore che ha accelerato la crisi mediante la diretta organizzazione del complotto contro Nicola Romanov.

  Su questo aspetto della questione, straordinariamente importante, la stampa anglo-francese, per ragioni molto comprensibili, ha fatto il silenzio, mentre quella tedesca lo mette malignamente in rilievo. Noi marxisti dobbiamo guardare in faccia la verità, tranquillamente, senza lasciarci impressionare né dalle menzogne ufficiali, melliflue dei diplomatici e dei ministri del primo gruppo di belligeranti imperialistici, né dalla strizzata d'occhio e dal risolino dei suoi concorrenti finanziari e militari dell'altro gruppo. Tutto il corso degli avvenimenti della rivoluzione del febbraio-marzo dimostra chiaramente che le ambasciate inglese e francese - le quali da molto tempo compivano, con i loro agenti e le loro «aderenze», gli sforzi più disperati per impedire un accordo «separato» e una pace «separata» tra Nicola II (speriamo e ci adoperiamo affinché sia l'ultimo) e Guglielmo II - organizzavano direttamente un complotto insieme con gli ottobristi e i cadetti, insieme con una parte dei generali e del corpo degli ufficiali dell'esercito e della guarnigione di Pietroburgo soprattutto per destituire Nicola Romanov.

  Non ci facciamo illusioni. Non cadremo nell'errore di coloro che sono pronti a esaltare ora - come certi «okisti» o «menscevichi» che ondeggiano fra il campo Gvozdev-Potresov e l'internazionalismo e troppo spesso si impantanano nel pacifismo piccolo-borghese - l'«accordo» del partito operaio con i cadetti, l'«appoggio» del primo ai secondi, ecc. Costoro, in ossequio alla loro vecchia dottrina imparata a memoria (e niente affatto marxista), gettano un velo sul complotto degli imperialisti anglo-francesi con Gučkov e Miliukov allo scopo di destituire il «guerriero principale» Nicola Romanov, e di mettere al suo posto guerrieri più energici, più freschi, più capaci.

  Se la rivoluzione ha trionfato così presto e - apparentemente, a un primo sguardo superficiale - in modo cosi radicale, è soltanto perché una situazione storica estremamente originale ha fuso assieme, e fuso in modo notevolmente «armonico», correnti del tutto differenti, interessi di classe eterogenei, aspirazioni politiche e sociali del tutto opposte. E precisamente: da una parte la congiura degli imperialisti anglo-francesi, che spingevano Miliukov, Gučkov e consorti a impadronirsi del potere per continuare la guerra imperialista, per condurla con accanimento e ostinazione ancora maggiori, per massacrare altri milioni di operai e di contadini russi al fine di ottenere Costantinopoli... per i Gučkov, la Siria... per i capitalisti francesi, la Mesopotamia... per i capitalisti inglesi, ecc. E dall'altra parte un profondo movimento proletario e delle masse popolari (tutta la popolazione più povera delle città e delle campagne), un movimento di carattere rivoluzionario per il pane, la pace, la libertà effettiva.

  Sarebbe semplicemente sciocco parlare di «appoggio» del proletariato rivoluzionario russo all'imperialismo cadetto-ottobrista, «imbastito» col denaro inglese e abominevole quanto quello zarista. Gli operai rivoluzionari hanno cominciato a distruggere, hanno già distrutto dalle fondamenta l'ignominiosa monarchia zarista, senza entusiasmarsi né turbarsi se in certi momenti, brevi, dovuti ad un concorso di fattori storici eccezionali, interviene in loro aiuto la lotta di Buchanan, di Gučkov, di Miliukov e consorti che vogliono soltanto sostituire un monarca con un altro e preferibilmente sempre con un Romanov!

  Così e soltanto così stanno le cose. Così e soltanto così deve considerarle l'uomo politico che non teme la verità, che pondera freddamente i rapporti delle forze sociali nella rivoluzione, che valuta ogni «momento attuale» non soltanto dal punto di vista della sua originalità contingente, ma anche dal punto di vista dei moventi più profondi, dei più profondi rapporti esistenti fra gli interessi del proletariato e quelli della borghesia, sia in Russia che in tutto li mondo.

  Gli operai di Pietrogrado, come pure gli operai di tutta la Russia, hanno combattuto con abnegazione contro la monarchia zarista, per la libertà, per la terra ai contadini, per la pace, contro la carneficina imperialistica. Il capitale imperialista anglo-francese, per continuare e intensificare la carneficina, ordiva intrighi di palazzo, tramava un complotto con gli ufficiali della guardia, incoraggiava e spingeva i Gučkov e i Miliukov e teneva completamente pronto un nuovo governo il quale, poi, ha preso il potere non appena la lotta proletaria ha assestato i primi colpi allo zarismo.

  Questo nuovo governo, in cui gli ottobristi e i «rinnovatori pacifici [3]» Lvov e Gučkov, ieri complici di Stolypin l'impiccatore, hanno preso nelle loro mani i posti veramente importanti, i posti di battaglia, i posti decisivi, l'esercito, la burocrazia, questo governo in cui Miliukov e gli altri cadetti seggono più che altro a scopo ornamentale, per far bella mostra, per pronunciare melliflui discorsi professorali, mentre il «trudovik» [4] Kerenski funge da balalaika per ingannare gli operai e i contadini, questo governo non è un aggruppamento accidentale di persone.

  Questo è il governo dei rappresentanti della nuova classe che in Russia è assurta al potere politico, la classe dei grandi proprietari fondiari capitalisti e della borghesia che da molto tempo reggono economicamente il nostro paese e che - sia durante la rivoluzione del 1905-1907, sia nel periodo della controrivoluzione (1907-1914), sia, infine, e con particolare celerità, durante gli anni della guerra (1914-1917) - si sono organizzati politicamente con estrema rapidità, impadronendosi delle amministrazioni locali, dell'istruzione pubblica, dei congressi di ogni specie, della Duma, dei comitati di mobilitazione industriale, ecc. All'inizio del 1917, questa nuova classe era già «quasi» al potere; e perciò i primi colpi sono bastati per abbattere lo zarismo e per sgombrare il terreno alla borghesia. La guerra imperialista, esigendo un'incredibile tensione delle forze, ha accelerato a tal punto lo sviluppo della Russia arretrata che noi abbiamo raggiunto «di colpo» (in realtà apparentemente di colpo) l'Italia, l'Inghilterra e quasi la Francia ed abbiamo un governo di «coalizione», «nazionale» (cioè adatto a condurre la carneficina imperialistica e ad ingannare il popolo), «parlamentare».

  Accanto a questo governo - che, dal punto di vista della guerra attuale, non è, in sostanza, se non un commesso della «ditta» miliardaria «Inghilterra e Francia» - è sorto un governo operaio, importante, non ufficiale, poco sviluppato e ancora relativamente debole, il quale esprime gli interessi del proletariato e di tutta la parte povera della popolazione urbana e rurale. Questo governo è il Soviet dei deputati operai di Pietrogrado, che cerca dei legami con i soldati e i contadini e anche con gli operai agricoli, e naturalmente con questi in particolare, in primo luogo, più che con i contadini.

  Tale è l'effettiva situazione politica che noi dobbiamo, innanzi tutto, sforzarci di definire colla massima precisione obiettiva, al fine di stabilire la tattica marxista sull'unica base solida che essa deve avere e cioè sulla base dei fatti.

  La monarchia zarista è stata abbattuta, ma non è ancora distrutta.

  Il governo borghese degli ottobristi e dei cadetti - che vuol condurre «fino in fondo» la guerra imperialistica e che in realtà è un commesso della ditta finanziaria «Inghilterra e Francia» - è costretto a promettere al popolo il massimo della libertà e delle concessioni compatibili colla conservazione del suo potere sul popolo e colla possibilità di continuare il massacro imperialista.

  Il Soviet dei deputati operai, organizzazione di operai, è l'embrione di un governo operaio, è il rappresentante degli interessi di tutte le masse più povere della popolazione e cioè dei nove decimi della popolazione, che aspirano alla pace, al pane, alla libertà.

  La lotta di queste tre forze determina la situazione che si crea attualmente e che segna il passaggio dalla prima alla seconda tappa della rivoluzione.

  Fra la prima e la seconda forza la contraddizione non è profonda, ma momentanea, provocata solo dalla congiuntura dell'ora, dalla repentina svolta degli avvenimenti della guerra imperialista. Tutto il nuovo governo si compone di monarchici, perché il repubblicanesimo verbale di Kerenski non è affatto serio, non è degno di un uomo politico, è oggettivamente politicantismo. Il nuovo governo non aveva ancora distrutto la monarchia zarista e già incominciava a realizzare un'intesa con la dinastia dei grandi proprietari fondiari Romanov. Alla borghesia di tipo ottobrista-cadetto occorre la monarchia quale dirigente della burocrazia e dell'esercito per proteggere i privilegi del capitale contro i lavoratori.

  Chi dice che gli operai devono appoggiare il nuovo governo nell'interesse della lotta contro la reazione dello zarismo (e lo dicono evidentemente i Potresov, gli Gvozdev, Ckhenkeli, come pure Ckheidze nonostante tutto il suo atteggiamento ambiguo) è un traditore degli operai, un traditore della causa del proletariato, della causa della pace e della libertà. In effetti proprio questo nuovo governo è già legato mani e piedi al capitale imperialista, alla politica imperialista di guerra e di rapina, ha già cominciato ad accordarsi (senza interpellare il popolo!) con la dinastia, sta già lavorando per restaurare la monarchia zarista, invita già Mikhail Romanov come nuovo candidato al trono degli zar, si preoccupa già di consolidare questo trono, di sostituire alla monarchia legittimista (basata sulla vecchia legge) una monarchia bonapartista,    plebiscitaria (basata su votazioni popolari falsificate).

  No, per lottare effettivamente contro la monarchia zarista, per assicurare effettivamente la libertà, - non soltanto a parole, non soltanto nelle promesse dei magniloquenti Miliukov e Kerenski - non gli operai devono sostenere il nuovo governo, ma questo governo deve «sostenere» gli operai! Giacché l'unica garanzia della libertà e della distruzione completa dello zarismo consiste nell'armamento del proletariato, nel consolidamento, nell'estensione, nello sviluppo della funzione, dell'importanza e della forza del Soviet dei deputati operai.

  Tutto il resto è frase vuota e menzogna, automistificazione dei politicanti del campo liberale e radicale, manovra truffaldina.

  Aiutate l'armamento degli operai, o almeno non ostacolatelo, e in Russia la libertà sarà invincibile, la restaurazione della monarchia impossibile, la repubblica assicurata.

  Altrimenti i Gučkov e i Miliukov restaureranno la monarchia e non attueranno nessuna, assolutamente nessuna delle «libertà» da loro promesse. Con delle promesse tutti i politicanti della borghesia, in tutte le rivoluzioni borghesi, hanno «nutrito» il popolo e beffato gli operai.

  La nostra rivoluzione è una rivoluzione borghese e perciò gli operai debbono sostenere la borghesia - dicono i Potresov, gli Gvozdev, i Ckheidze, come diceva ieri Plekhanov.

  La nostra rivoluzione è una rivoluzione borghese, diciamo noi marxisti, e perciò gli operai debbono aprire gli occhi al popolo dinanzi alla mistificazione dei politicanti borghesi, insegnargli a non credere alle parole, a contare unicamente sulle proprie forze, sulla propria organizzazione, sulla propria unione, sul proprio armamento.

  Il governo degli ottobristi e dei cadetti, dei Gučkov e dei Miliukov - anche se lo volesse sinceramente (solo dei bambini possono credere alla sincerità di Gučkov e Lvov) - non può dare al popolo né la pace, né il pane, né la libertà.

  Non può dare la pace perché è un governo di guerra, un governo di continuazione del massacro imperialista, un governo di rapina, che vuole saccheggiare, occupare l'America, la Galizia, la Turchia, Costantinopoli, riconquistare la Polonia, la Curlandia, la regione lituana, ecc. Questo governo è legato mani e piedi al capitale imperialista anglofrancese. Il capitale russo non è che una succursale della «ditta» universale che maneggia centinaia di miliardi di rubli e porta l'insegna: «Inghilterra e Francia».

  Non può dare pane perché è un governo borghese. Nel migliore dei casi, darà al popolo «la fame genialmente organizzata», come ha fatto la Germania. Ma il popolo sopporterà la fame. Il popolo saprà, e probabilmente presto, che vi è pane e che se ne può avere, ma unicamente per mezzo di misure che non s'inchinino alla santità del capitale e della proprietà fondiaria.

  Non può dare la libertà perché è il governo dei grandi proprietari fondiari e dei capitalisti, un governo che teme il popolo e che ha già cominciato ad accordarsi con la dinastia dei Romanov.

  In un altro articolo parleremo sugli aspetti tattici della nostra futura politica nei confronti di questo governo. Mostreremo in che cosa consiste l'originalità della situazione attuale - passaggio dalla prima alla seconda tappa della rivoluzione - e diremo perché in questo momento, la parola d'ordine che fissa il compito all'«ordine del giorno», dev'essere: Operai, nella guerra civile contro lo zarismo, avete compiuto prodigi d'eroismo proletario, popolare; dovete compiere prodigi nell'organizzazione del proletariato e di tutto il popolo al fine di preparare la vittoria nella seconda tappa della rivoluzione.

  Ci limitiamo per ora ad analizzare la lotta di classe ed i rapporti delle forze di classe nella presente fase della rivoluzione, ma dobbiamo ancora porre la seguente questione: quali sono gli alleati del proletariato nella rivoluzione in corso?

  Il proletariato ha due alleati. Innanzi tutto, in Russia, la grande massa dei semiproletari e, in parte, dei piccoli contadini, che ammonta a decine di milioni e abbraccia la stragrande maggioranza della popolazione. A questa massa occorre la pace, il pane, la libertà e la terra. Questa massa subirà inevitabilmente una certa influenza della borghesia e particolarmente della piccola borghesia, alla quale essa è politicamente vicina per le sue condizioni d'esistenza, e oscillerà tra la borghesia e il proletariato. Le dure lezioni della guerra, che saranno tanto più dure quanto più Gučkov, Lvov, Miliukov e consorti condurranno energicamente la guerra, spingeranno inevitabilmente questa massa verso il proletariato, la costringeranno a seguirlo. Noi dobbiamo ora sforzarci di approfittare della libertà del nuovo regime e dei Soviet dei deputati operai, innanzi tutto e soprattutto per illuminare e organizzare questa massa. Creare i Soviet dei deputati contadini, i Soviet degli operai agricoli: ecco uno dei nostri compiti più seri. Perciò i nostri sforzi saranno diretti non soltanto a far sì che gli operai agricoli formino i propri Soviet speciali, ma anche a far sì che i contadini più poveri e non abbienti si organizzino separatamente dai contadini agiati. Sulle forme e gli scopi speciali del lavoro di organizzazione, oggi più che mai urgente e necessario, parleremo nella prossima lettera.

  L'altro alleato del proletariato russo è il proletariato di tutti i paesi belligeranti e di tutti i paesi in generale. Esso è oggi notevolmente schiacciato sotto il peso della guerra, e in suo nome parlano troppo spesso i socialsciovinisti, che anche in Europa - come Plekhanov, Gvozdev, Potresov in Russia - sono dalla parte della borghesia. Ma ogni mese di guerra imperialista ha fatto compiere un passo avanti alla liberazione del proletariato dalla loro influenza, e la rivoluzione russa affretterà inevitabilmente e immensamente questo processo.

  Con questi due alleati, il proletariato può marciare e marcerà, utilizzando le particolarità dell'attuale momento di transizione, verso la conquista, prima della repubblica democratica e della vittoria completa dei contadini sui grandi proprietari fondiari al posto della semimonarchia di Gučkov-Miliukov, e, in seguito, verso il socialismo, che solo darà ai popoli martoriati dalla guerra la pace, il pane e la libertà.


Note


[1] Le cinque Lettere da lontano, in cui Lenin esaminava gli avvenimenti rivoluzionari in Russia, furono scritte in Svizzera alla fine di marzo e all'inizio di aprile del 1917. Questa prima lettera fu pubblicata sulla Pravda, nn. 14 e 15, 21 e 22 marzo (3 e 4 aprile); le altre quattro furono pubblicate nel 1924. Testo italiano da Lenin, cit. pp. 701-711.
[2] Misura equivalente a poco più di un ettaro.
[3] II Partito del rinnovamento pacifico era un'organizzazione controrivoluzionaria della grossa borghesia, fondata nel 1906, che riuniva gli ottobristi di sinistra e i cadetti di destra.
[4] “Laburista”.