Vladimir I. Lenin

I compiti della rivoluzione [1]


   La Russia è un paese di piccola borghesia. L'immensa maggioranza della popolazione appartiene a questa classe. Le sue oscillazioni tra la borghesia e il proletariato sono inevitabili. La causa della rivoluzione, cioè la causa della pace, della libertà, della consegna delle terre ai la­voratori avrà assicurata una vittoria facile, pacifica, rapida, tranquilla, solo se la piccola borghesia si unirà al proletariato.

  La marcia della nostra rivoluzione ci fa vedere praticamente le esitazioni della piccola borghesia. Non facciamoci illusioni sui partiti socialista-rivoluzionario e menscevico, e perseveriamo, con fermezza, sulla nostra via classista proletaria. La miseria dei contadini più poveri, gli orrori della guerra e della carestia mostrano sempre più chiaramente alle masse che la via proletaria è la via giusta e che è necessario soste­nere la rivoluzione proletaria.

  La marcia della rivoluzione spezza crudelmente, implacabilmente, inesorabilmente le speranze «pacifiche» che la piccola borghesia ripone nella «coalizione» con la borghesia, nell'accordo con quest'ultima, nel­la possibilità di attendere «tranquillamente» la convocazione «pros­sima» dell'Assemblea costituente ecc. Ultima, dura, grande lezione, l'avventura di Kornilov, è giunta a completare le mille e mille piccole lezioni - consistenti in inganni - date ogni giorno ai soldati dai loro ufficiali, agli operai e ai contadini localmente dai capitalisti e dai grandi proprietari fondiari, ecc. ecc.

  Il malcontento, l'indignazione, l'esasperazione crescono continua­mente nell'esercito, fra i contadini, fra gli operai. La «coalizione» dei socialisti-rivoluzionari e dei menscevichi con la borghesia, che tutto ha promesso e che nulla ha dato, esaspera le masse, apre loro gli oc­chi, le spinge all'insurrezione.

  L'opposizione di sinistra si sviluppa tra i socialisti-rivoluzionari (Spiridonova ed altri) e tra i menscevichi (Martov e il suo gruppo) raggiunge già il 40% del «Consiglio» e del «Congresso» di questi partiti. Alla base, tra il proletariato e i contadini, particolarmente tra i contadini più poveri, la maggioranza dei socialisti-rivoluzionari e dei menscevichi appartiene alla «sinistra».

  L'avventura di Kornilov insegna. L'avventura di Kornilov ha già insegnato molto.

  Non è possibile sapere se i Soviet potranno spingersi oggi più innanzi dei loro capi socialisti-rivoluzionari e menscevichi, e assicurare così lo sviluppo pacifico della rivoluzione, o se continueranno a segnare il passo e a rendere così inevitabile l'insurrezione proletaria.

  Non è possibile prevederlo.

  Noi dobbiamo fare tutto il possibile per assicurare una «ultima» probabilità di sviluppo pacifico alla rivoluzione, esponendo il nostro programma, mettendone in luce il carattere generale, popolare, dimo­strando che esso soddisfa completamente gli interessi e le rivendica­zioni dell'immensa maggioranza della popolazione.

  Le righe che seguono costituiscono un tentativo di esporre questo programma.

  Avviciniamoci ancora con questo programma al «basso popolo», alle masse, agli impiegati, agli operai e ai contadini, non solo a coloro che sono già con noi, ma anche e soprattutto a coloro che seguono i socialisti-rivoluzionari, ai senza partito, agli elementi ancora inco­scienti. Adoperiamoci a insegnar loro a ragionare da sé, a prendere da sé le loro decisioni, a inviare le loro delegazioni alla conferenza, ai Soviet, al governo, e allora il nostro lavoro non sarà vano, comunque la conferenza vada a finire. Allora, il nostro lavoro servirà per la confe­renza, per le elezioni all'Assemblea costituente, per l'azione politica in generale.

  La vita insegna che il programma e la tattica dei bolscevichi sono giusti. Dal 20 aprile all'avventura di Kornilov: «Quanto si è vissuto in così poco tempo!».

  L'esperienza delle masse, l'esperienza delle classi oppresse ha loro impartito molti insegnamenti in questo periodo. I capi socialisti-rivolu­zionari e menscevichi si sono completamente staccati dalle masse. Preci­samente sulla base del programma più concreto possibile, e nella misura in cui riusciremo a farlo conoscere alle masse, ciò si dimostrerà del tutto giusto.


Conseguenze funeste della politica di intesa con i capitalisti


  1. Lasciare al potere i rappresentanti della borghesia, anche in piccolo numero, lasciarvi i complici di Kornilov, come i generali Ale-xeiev, Klembovski, Bagration, Gagarin e altri, o uomini che, come Kerenski, hanno dimostrato la loro completa impotenza di fronte alla borghesia e la loro propensione per i metodi bonapartisti, significa spalancare le porte, da un lato, alla carestia e all'incombente catastrofe economica, che i capitalisti aggravano e accelerano deliberatamente, e, dall'altro, alla catastrofe militare, perché l'esercito detesta lo stato mag­giore e non può partecipare con entusiasmo alla guerra imperialista.

  È inoltre indubitabile che i gerarchi e gli ufficiali complici di Kornilov, restando al potere, apriranno deliberatamente il fronte ai tedeschi, come hanno già fatto in Galizia e a Riga. Solo la forma­zione di un nuovo governo sulle basi che esporremo in seguito potrà prevenire la catastrofe economica e militare imminente. Dopo tutto ciò che è avvenuto dal 20 aprile in poi, continuare, in qualunque forma, la politica di intesa con la borghesia, sarebbe, da parte dei socialisti-rivoluzionari e dei menscevichi, più che un errore, un aperto tradi­mento del popolo e della rivoluzione.


Il potere ai Soviet


  2. Tutto il potere statale deve passare esclusivamente ai rap­presentanti dei Soviet dei deputati degli operai, dei soldati e dei con­tadini, sulla base di un programma determinato, e con la piena respon­sabilità del governo davanti ai Soviet. Si deve procedere immediata­mente a nuove elezioni per i Soviet, per approfittare dell'esperienza che il popolo ha acquistato durante le ultime settimane della rivoluzione, particolarmente ricche di insegnamenti, e per rimediare a parecchie in­giustizie stridenti (rappresentanza non proporzionale, ineguaglianze elettorali, ecc.) che sussistono ancora in qualche luogo.

  Nelle località in cui non esistono ancora istituzioni democratica­mente elette, e così pure nell'esercito, tutto il potere deve passare esclu­sivamente ai Soviet locali, ai commissari eletti da questi ultimi e ad altre istituzioni esclusivamente elettive.

  Si dovrà procedere, ovunque e senza condizioni, col pieno ap­poggio dello Stato, all'armamento degli operai e delle truppe rivolu­zionarie, delle truppe cioè che si sono mostrate capaci di reprimere i tentativi dei seguaci di Kornilov.


La pace ai popoli


  3. Il governo dei Soviet deve proporre immediatamente a tutti i popoli belligeranti (e cioè ai loro governi e alle masse operaie e contadine nello stesso tempo) una pace generale, a condizioni demo­cratiche, e un armistizio immediato (anche solo per tre mesi).

  La rinuncia alle annessioni (conquiste) è la condizione principale di una pace democratica. Questa rinuncia deve esser intesa non nel senso errato che tutte le potenze riacquistano quello che hanno perduto, ma nel solo senso giusto, e cioè che ogni nazionalità, senza eccezione, in Europa e nelle colonie, deve avere la libertà e la possibilità di deci­dere se erigersi in Stato indipendente o far parte di un altro Stato qualsiasi.

  Proponendo le condizioni della pace, il governo dei Soviet dovrà immediatamente cominciare ad applicarle: pubblicare e annullare i trat­tati segreti conclusi dallo zar, che ci legano ancor oggi e che promet­tono ai capitalisti russi le spoglie della Turchia, dell'Austria, ecc. Inol­tre noi dobbiamo riconoscere immediatamente le rivendicazioni degli ucraini e dei finlandesi, e assicurare loro, come a tutte le altre nazionalità della Russia, la libertà completa, fino al diritto di separazione. Tale dovrà essere il nostro atteggiamento verso l'intera Armenia, che noi dovremo impegnarci a evacuare; così pure per i territori turchi occu­pati dalle nostre truppe, ecc.

  Queste condizioni di pace non avranno il gradimento dei capi­talisti, ma saranno accolte da tutti i popoli con tanto entusiasmo, provocheranno inoltre su scala mondiale una tale esplosione di gioia, una tale indignazione contro il prolungamento di questa guerra bri­gantesca, che noi otterremo molto probabilmente, subito, un armi­stizio e il consenso ad iniziare trattative di pace. Perché la rivoluzione operaia contro la guerra si sviluppa ovunque con forza irresistibile, e potranno farla progredire non le frasi sulla pace (con la quale tutti i governi imperialistici, compreso il nostro governo Kerenski, ingannano da lungo tempo gli operai e i contadini), ma soltanto la rottura con i capitalisti e le concrete proposte di pace.

  Se si produrrà l'eventualità meno probabile, se in altre parole nessu­no degli Stati belligeranti accetterà neppure un armistizio, allora la guerra diventerà per noi una guerra veramente imposta, una guerra veramente giusta, una guerra difensiva. E già per il solo fatto che il proletariato e i contadini più poveri ne avranno coscienza, la Russia diventerà infini­tamente più forte, anche militarmente, soprattutto dopo una rottura completa con i capitalisti che spogliano il popolo; senza parlare del fatto che da quel momento noi faremo la guerra non a parole ma con i fatti, uniti alle classi oppresse di tutti i paesi, uniti ai popoli oppressi del mondo intero.

  In particolare, è necessario mettere il popolo in guardia contro una affermazione dei capitalisti, alla quale abboccano qualche volta gli elementi più timorosi e i piccoli borghesi: i capitalisti inglesi, e gli altri, se romperemo l'alleanza brigantesca con loro, potranno dan­neggiare gravemente la rivoluzione russa. Questa affermazione è del tutto falsa, perché «il sostegno finanziario degli alleati», arricchendo i ban­chieri, «sostiene» gli operai e i contadini russi esattamente come la corda sostiene l'impiccato. La Russia ha grano, carbone, petrolio, ferro a sufficienza; basta sbarazzare il popolo dai grandi proprietari fondiari e dai capitalisti che lo derubano, per poter assicurare la giusta riparti­zione di quei prodotti. Quanto all'eventualità di un'azione militare dei suoi attuali alleati contro il popolo russo, è evidentemente assurdo sup­porre che i francesi e gli italiani possano unire le loro truppe a quelle dei tedeschi e lanciarle contro la Russia, dopo che questa abbia proposto una pace giusta. L'Inghilterra, l'America ed il Giappone, anche suppo­nendo che dichiarino guerra alla Russia (il che sarebbe assai difficile, data l'estrema impopolarità di tale guerra e i contrasti di interessi fra i capitalisti di questi paesi sulla spartizione dell'Asia e in modo parti­colare sul saccheggio della Cina), non potrebbero causare alla Russia la centesima parte dei danni e delle calamità che le sono inflitte dalla guerra con la Germania, l'Austria e la Turchia.


La terra a chi la lavora


  4. Il governo dei Soviet deve proclamare immediatamente l'espropriazione senza indennizzo delle terre dei grandi proprietari fon­diari e affidarle in gestione ai comitati contadini fino alla decisione dell'Assemblea costituente. Anche le scorte dei proprietari fondiari dovranno essere affidate agli stessi comitati perché siano messe immedia­tamente e gratuitamente a disposizione dei contadini più poveri.

  Questi provvedimenti, reclamati già da molto tempo dall'immensa maggioranza dei contadini, nelle risoluzioni dei loro congressi, e in cen­tinaia di mandati dei delegati locali (come risulta, fra l'altro, dal­l'esame dei 242 mandati pubblicati nelle Izvestia del Soviet dei depu­tati dei contadini) sono di una necessità urgente e assoluta. Nessuno di quei temporeggiamenti di cui hanno tanto sofferto i contadini sotto il ministero di «coalizione» è più ammissibile.

  Qualunque governo che meni per le lunghe la realizzazione di tali provvedimenti, deve essere considerato un governo nemico del popo­lo, che meriterà di essere rovesciato e schiacciato dall'insurre­zione degli operai e dei contadini. Soltanto il governo che applicherà quei prov­vedimenti sarà considerato, per contro, il governo del popolo intero.


Lotta contro la carestia e lo sfacelo economico


  5. Il governo dei Soviet deve istituire immediatamente su scala statale il controllo operaio della produzione e del consumo. Senza tale controllo, come è stato dimostrato dagli avvenimenti successivi al 6 maggio, tutte le promesse, tutti i tentativi di riforma sono impotenti, la carestia e una catastrofe senza precedenti minacciano il paese da una settimana all'altra.

  La nazionalizzazione immediata delle banche e delle società di assi­curazione, e così pure dei rami più importanti dell'industria (petro­lio, carbone, metallurgia, zucchero, ecc.), si impone, contemporanea­mente all'abolizione completa del segreto commerciale e alla istituzione di una sorveglianza rigorosa esercitata dagli operai e dai contadini sull'in­fima minoranza dei capitalisti, che arricchendosi con le forniture dello Stato cerca di non rendere alcun conto e si sottrae ad ogni giusta imposta sul reddito e sul patrimonio.

  Questi provvedimenti, che non toglieranno ai contadini medi, ai cosacchi e ai piccoli artigiani neppure un copeco del loro avere, sono assolutamente necessari per l'equa ripartizione dei gravami della guerra e sono resi urgenti dalla lotta contro la carestia. Solo frenando le rapine dei capitalisti, e impedendo loro di sabotare deliberatamente la produzione, si potrà migliorare la produttività del lavoro, introdurre il servizio generale del lavoro, assicurare lo scambio normale dei cereali coi prodotti dell'industria, far rientrare nel tesoro i molti miliardi di carta-moneta nascosti dai ricchi.

  Senza questi provvedimenti, l'abolizione senza indennizzo della pro­prietà fondiaria è impossibile, perché la maggioranza delle grandi te­nute è ipotecata presso le banche, e gli interessi dei grandi proprietari fondiari sono indissolubilmente legati a quelli dei capitalisti.

  L'ultima risoluzione della sezione economica del Comitato esecu­tivo centrale dei Soviet dei deputati degli operai e dei soldati (vedi la Rabociaia Gazieta, n. 152) non solo riconosce che i provvedimenti del governo (come l'aumento del prezzo del grano, destinato ad arric­chire i grandi proprietari fondiari e i kulak) sono «nocivi», non solo riconosce «l'inefficienza completa degli organi centrali creati dal go­verno per regolare la vita economica», ma denuncia anche la «violazione delle leggi» da parte del governo. Questa confessione dei partiti diri­genti socialista-rivoluzionario e menscevico attesta ancora una volta quan­to sia criminale la politica di intesa con la borghesia.


Lotta contro la controrivoluzione
dei proprietari fondiari e dei capita­listi


  6. La sollevazione di Kornilov e di Kaledin è stata appoggiata da tutta la classe dei grandi proprietari fondiari e dei capitalisti, con alla testa il partito cadetto («partito della libertà del popolo»). I fatti pubblicati nelle Izvestia del Comitato esecutivo centrale lo hanno già provato.

  Ma nulla di serio è stato fatto né potrà essere fatto per la repres­sione completa della controrivoluzione e per un'inchiesta effettiva sulle sue trame, senza la trasmissione del potere ai Soviet. Nessuna commis­sione potrà condurre a fondo un'inchiesta completa né arrestare i col­pevoli, se non dispone del potere statale. Solo il governo dei Soviet lo potrà e lo dovrà. Solo un tale governo, arrestando i generali kornilovisti e i capi della controrivoluzione borghese (Gučkov, Miliukov, Riabuscinski, Maklakov e consorti), decretando lo scioglimento delle associazioni controrivoluzionarie (Duma di Stato, leghe degli ufficiali, ecc.), sottoponendo i loro membri alla sorveglianza dei Soviet locali, congedando le unità militari controrivoluzionarie, potrà preservare la Russia dall'inevitabile ripetizione dei tentativi «kornilovisti».

  Solo il governo dei Soviet potrà creare una commissione che con­duca un'inchiesta pubblica e completa sull'affare Kornilov e consorti, come su ogni altro affare di questo genere, provocato dalla borghesia; e solo a una commissione di questo tipo il partito inviterà dal canto suo gli operai bolscevichi a sottomettersi e a prestare il loro concorso senza riserve.

  Solo il governo dei Soviet potrà lottare con successo contro un'in­giustizia clamorosa come il fatto che i capitalisti, grazie ai milioni ru­bati al popolo, sono padroni delle più importanti tipografìe e della maggioranza dei giornali. I giornali controrivoluzionari borghesi (Riec, Russkoie Slovo e altri) devono essere chiusi, le loro tipografie confi­scate, la pubblicità privata monopolizzata dallo Stato e riservata a un giornale governativo pubblicato dai Soviet e che dica la verità ai contadini. È questo il solo mezzo per strappare alla borghesia l'arma potente della stampa, di cui essa si serve per mentire e per calunniare impunemente, per ingannare il popolo, per indurre i contadini in errore e per preparare la controrivoluzione.


Lo sviluppo pacifico della rivoluzione


 &emsp7. La democrazia russa, i Soviet, i partiti socialista-rivoluzionario e menscevico hanno oggi la possibilità, rarissima nella storia delle rivoluzioni, di assicurare la convocazione dell'Assemblea costituente alla data fissata senza nuovi rinvii, di risparmiare al paese una catastrofe eco­nomica e militare, di assicurare lo sviluppo pacifico della rivoluzione.

  Se i Soviet prenderanno oggi il potere statale - integralmente ed esclusivamente - per realizzare il programma su esposto, sarà ad essi assicurato non solo l'appoggio dei nove decimi della popolazione della Russia, l'appoggio della classe operaia e della stragrande maggioranza dei contadini, ma anche l'immenso entusiasmo rivoluzionario dell'eser­cito e della maggioranza del popolo, quell'entusiasmo senza il quale è impossibile vincere la carestia e la guerra.

  Non sarà possibile alcuna resistenza ai Soviet, se i Soviet non avranno esitazioni. Nessuna classe oserà insorgere contro i Soviet. Am­maestrati dall'esperienza di Kornilov, i grandi proprietari fondiari e i capitalisti, davanti all'ultimatum dei Soviet, cederanno pacificamente il potere. Per vincere l'opposizione dei capitalisti al programma dei Soviet, basterà far sorvegliare gli sfruttatori dagli operai e dai contadini e punire i recalcitranti con la confisca totale dei loro beni e con un po' di prigione.

  I Soviet, prendendo tutto il potere, potranno ancora oggi - ed è probabilmente l'ultima occasione favorevole - assicurare lo sviluppo pacifico della rivoluzione, l'elezione pacifica dei deputati da parte del popolo, la lotta pacifica dei partiti in seno ai Soviet, la verifica pratica del programma dei vari partiti, il passaggio pacifico del potere da un par­tito all'altro.

  Se non si afferra questa occasione, la più aspra guerra civile tra la borghesia e il proletariato è inevitabile, come dimostra tutto il corso della rivoluzione, cominciando dal movimento del 20 aprile fino all'avven­tura di Kornilov. La catastrofe inevitabile affretterà la guerra civile. Per quanto è possibile giudicare sulla base di tutti i dati e di tutte le considerazioni accessibili alla mente umana, la guerra civile finirà con la vittoria completa della classe operaia, sostenuta dai contadini più poveri, per la realizzazione del programma su esposto; ma potrà diventare crudele e sanguinosa, potrà costare la vita a decine di migliaia di grandi proprietari fondiari, di capitalisti e di ufficiali che li appoggiano. Il proletariato non si arresterà dinanzi ad alcun sacrificio per salvare la rivoluzione, il che è impossibile all'infuori del programma su esposto. Ma il proletariato sosterrebbe con tutti i mezzi i Soviet, se i Soviet afferrassero l'ultima occasione di assicurare lo sviluppo pacifico della rivoluzione.


Note


[1] Pubblicato nel Raboci Put, nn. 20 e 21, 26 e 27 settembre (9 e 10 ottobre) 1917. Testo italiano da Lenin, cit. pp. 963-971.