Le infami accuse di Kruscev a Stalin
sulla condotta della guerra [*]

Il fallimento del Blitzkrieg tedesco

Premessa

Per colpire Stalin Kruscev doveva mirare ad obiettivi che creassero una emotività immediata a livello di massa e quindi facessero scudo ad una reazione che poteva rappresentare un boomerang alle accuse mosse al XX congresso.

Gli obiettivi scelti, quelli principali, furono due: gli effetti delle misure coercitive e l'andamento della fase iniziale della guerra. Accusare Stalin di queste due cose, insinuare cioè l'idea che in fondo egli era stato il responsabile del gulag e delle fucilazioni e che aveva provocato per di più la morte di decine e decine di migliaia di soldati per non aver previsto l'attacco hitleriano, toccava i nervi scoperti di quella parte della popolazione che era stata coinvolta nelle vicende a cui stiamo facendo riferimento.


Su questo si è battuta la grancassa e gli organi di stampa occidentali hanno fatto di tutto per alimentare il clima che serviva a coprire l'operazione kruscioviana. A onor del vero anche gran parte del movimento comunista degli anni '60 del secolo scorso ha preso per buone le cose che Kruscev andava dicendo sul gulag e sulla guerra. In fondo la repressione c'era stata e anche le forti difficoltà nella fase di dispiegamento dell'operazione Barbarossa, quindi l'interpretazione kruscioviana appariva plausibile.

Noi cerchiamo di andare un po' più a fondo. Qui ci limitiamo ad affrontare la questione che riguarda l'inizio della guerra e le accuse di impreparazione dell'armata rossa. Chi volesse dare un giudizio solamente tecnico della prima fase delle operazioni di sfondamento dell'esercito tedesco, senza considerare il contesto, alla fine si limiterebbe ad asserire ovvietà, che non sono certamente utili a capire come sono andate le cose e che coprono quelle operazioni di 'revisione' che poi hanno portato alla fine dell'URSS. Partiamo invece dalle questioni generali. La politica dell'URSS di evitare la guerra ad ogni costo o perlomeno di ritardarla il più possibile, la capacità dimostrata di gestire l'accordo con la Germania e le questioni territoriali interpretando al meglio le clausole stabilite (neutralizzazione della Finlandia, recupero della Bielorussia, dei baltici e della Bessarabia) sono diventate l'elemento strategico principale su cui si è fondata la politica dell'URSS a partire dal 1939. Questa politica ha dimostrato la sua validità, tanto che la Germania ha capito chi stava guadagnando e, dopo la vittoria sulla Francia e il ritiro degli inglesi dal continente, si è preparata a rompere il gioco, ma questo è avvenuto due anni dopo lo scoppio della guerra, con francesi e inglesi impelagati fino al collo e con modifiche territoriali di non poco conto dove si andavano allestendo le nuove linee difensive sovietiche. Stalin c'entra in queste scelte oppure no? Non fa parte anche questo del bilancio su Stalin e la seconda guerra mondiale?

Va bene, si dirà, ma dal punto di vista strettamente militare le cose sono andate diversamente. L'esercito nazista è arrivato a Leningrado e a Mosca ed è dilagato a Sud in corrispondenza appunto delle tre armate organizzate dagli hitleriani per l'invasione. Questo ragionamento cozza però contro una valutazione di tutte le questioni oggettive che vanno messe sul tappeto. Consideriamone alcune, le principali.

Per cominciare la linea di difesa sovietica. Essa implicava un dispiegamento lungo migliaia di chilometri (tremila per l'esattezza), dalla Carelia al Caucaso, e quindi non in grado di parare nell'immediato l'urto di una organizzazione militare come quella tedesca concentrata e basata sui principi del Blitzkrieg e sulla disposizione meccanizzata delle truppe. Le forze tedesche, concentrate su tre punti dello schieramento, erano costituite da 154 divisioni più 29 divisioni e 16 brigate degli alleati. 19 erano divisioni corazzate e 13 motorizzate. Le forze tedesche erano costituite da 3.300.000 uomini con 7200 pezzi di artiglieria, 3350 carri armati e 2000 aereoplani. Con questi mezzi Hitler pensava di risolvere la questione in poco tempo, ma i fatti hanno dimostrato (battaglia di Mosca) non solo che i tempi previsti si allungavano, ma veniva a mancare l'obiettivo strategico dell'operazione Barbarossa.

In secondo luogo l'articolazione del fronte sovietico non era impostata sullo sforzo primario di decidere le sorti del conflitto concentrando lo scontro sulla prima linea di difesa in quanto questa scelta, dato il tipo di organizzazione della Wehrmacht, avrebbe facilitato la liquidazione del grosso del potenziale militare sovietico. Questo potenziale invece si è andato definendo in base sia alla disponibilità del popolo sovietico a combattere la guerra di sterminio che i nazisti avevano programmato e andavano attuando, sia alla capacità di organizzazione della produzione di guerra in termini quantitativi e qualitativi.

La cialtroneria kruscioviana serviva dunque a ben altre cose che ad analizzare i fatti storici. Sui quali facciamo riferimento, a titolo d'esempio, alla battaglia di Smolensk. Questa città, che si trova sulla strada per Mosca, è stata teatro di una grande battaglia a due settimane appena dall'inizio dell'invasione, precisamente nel mese di luglio fino a settembre, ed ha costretto i tedeschi a modificare i piani di battaglia contro Mosca attutendone l'impatto.

Su come i sovietici erano organizzati e combattevano riportiamo alcune pagine da "L'URSS nella seconda guerra mondiale", edizioni CEI, 1966, vol I "1941: Blitzkrieg a Est", capitolo 4 "Smolensk, la porta di Mosca" [qui]. Da notare che a Smolensk, come è detto nel testo, sono entrate in funzione le micidiali katiuscia con uno sconvolgente effetto sul morale delle truppe tedesche.

Dire dunque che i sovietici e Stalin non fossero consapevoli di che cosa si stava preparando da parte tedesca è una menzogna che la storia ha ampiamente dimostrato tale. Nel valutare complessivamente le cose teniamo presenti queste date. Nel luglio 1941 a Smolensk i tedeschi subiscono la prima grossa reazione delle truppe sovietiche, a dicembre vengono sconfitti sotto Mosca e sono costretti ad arretrare, nell'inverno successivo subiscono la sconfitta di Stalingrado. Perchè non ricordare questo per valutare la situazione? Le questioni particolari le lasciamo agli storici ricordando però un episodio significativo relativo all'inizio dell'invasione. Il comandante del distretto militare occidentale, generale Pavlov, e i suoi più stretti collaboratori furono destituiti, arrestati e fucilati a guerra iniziata per non aver saputo affrontare il nemico nazista in battaglia. Analizzando le cose da vicino si potrebbe andare oltre le affermazioni e vedere in concreto come si sono svolte le cose. Al fondo di tutto però c'è il giudizio del maresciallo G.K.Zukov che risale ad uno scritto del 1966, cioè di un'epoca non sospetta di piaggeria stalinista (peraltro Zukov fu decisivo nell'inizio del processo di 'destalinizzazione' organizzando la liquidazione di Beria). Dice Zukov:

"Stalin era a Mosca, a organizzare uomini e mezzi per la distruzione del nemico vicino alla capitale. Bisogna riconoscergli ciò che gli è dovuto. Facendo leva sul comitato di Stato alla difesa, sui membri del supremo quartier generale e sulla creatività di tutti i dirigenti dei commissariati del popolo, svolse un compito enorme nell'organizzare le riserve strategiche e i mezzi materiali e tecnici necessari per la lotta armata. Con la sua severa precisione continuò a ottenere, possiamo dire, quasi l'impossibile".


[*] Sulla condotta dell'URSS guidata da Stalin per evitare la guerra o ritardarla il più possibile e sulla condotta delle operazioni militari rimandiamo anche all'ampia documentazione pubblicata nel fascicolo "L'URSS e la seconda guerra mondiale. Perchè ha vinto l'armata rossa", n. 12 nella serie "Gli anni di Stalin" [qui]