Palmiro Togliatti (Ercoli)

Intervento alla seduta della commissione tedesca
del Segretariato dell'lKKI

9 febbraio 1937 [1]

Da Aldo Agosti, op. cit., pp.199-207, dagli archivi russi già citati,
testo dattiloscritto in tedesco tradotto da F.Focardi


Riservato
Compagno Ercoli:

  Abbiamo discusso spesso con i compagni tedeschi e li abbiamo rim­proverati di non aver valutato a pieno la forza del fascismo e, in parti­colare, l'influenza che l'ideologia e le argomentazioni fasciste sono in grado di esercitare. Se noi prendiamo oggi la "Rote Fahne", riscontria­mo ancora una simile sottovalutazione. Le argomentazioni usate con­tro il nemico, contro la propaganda fascista sono ancora deboli e insuf­ficienti, ma se prendiamo in considerazione la valutazione generale che i compagni tedeschi fanno a proposito della situazione del fascismo, della dittatura fascista, a quattro anni di distanza dall'instaurazione della dittatura fascista e dagli inizi dell'attuale situazione internaziona­le, vediamo allora che sarebbe più giusto affermare che adesso essi sopravvalutano in parte la forza del fascismo o, per meglio dire, essi individuano questa forza, ma vedono solamente i successi che il fasci­smo ha riportato e non vedono invece le contraddizioni, quelle presen­ti e quelle che si preparano, le difficoltà che la dittatura fascista deve affrontare oggi e dovrà affrontare domani. Per questo il quadro che ci viene fornito dai compagni non è del tutto corretto. Mancano aspetti importanti nella loro valutazione. Manca un'analisi complessiva della situazione tedesca e si ha come l'impressione che i compagni siano un po' spaventati, che i compagni, che sono costretti a lavorare in condi­zioni di estrema difficoltà e devono superare problemi enormi, non abbiano ben chiara la strada da seguire. Il compagno Pieck ha detto che non è un problema di nuove ricette. Questo è vero. Non esistono ricette per venir fuori da questa difficile situazione. Ma non possiamo neanche dire che tutti i problemi che sono sorti alla Conferenza di Bruxelles, o alla sessione di giugno, siano risolti. Ci sono alcune cose che dobbiamo valutare. Abbiamo fatto alcuni passi indietro. È vero! Non siamo ancora riusciti a sviluppare nel paese un'attività di massa veramente forte. Non siamo ancora riusciti a trovare la strada per liberare le masse dal fascismo. E io, compagno Pieck, in qualità di mem­bro della commissione per la Germania e di membro del partito italia­no, ti dico che nei paesi governati dal fascismo non siamo ancora riu­sciti a trovare la strada giusta. Abbiamo provato, ma non abbiamo ancora solide basi e per questo, se i compagni cercano di trovare qual­cosa di nuovo, di trovare nuove strade, nuove forme e anche nuove parole d'ordine, noi dobbiamo esaminarli molto attentamente.

   È intervenuto qualcosa di nuovo dopo il vii Congresso mondiale? C'è l'occupazione della Renania, la legge sul servizio militare, diversi successi della politica estera di Hitler, ma insieme a tutto ciò c'è anche una serie di elementi negativi, di contraddizioni su scala internazionale. Ci sono molte novità in Francia e in Spagna che possono avere nuovi effetti sulla Germania, novità che ci spingono a domandarci quale sia la strada giusta per sviluppare un'appropriata attività di massa e un movi­mento di massa in un paese governato da una dittatura fascista. Il com­pagno Varga ha detto in questa sede parole molto semplici, ma un po' generiche. È vero, se non riusciremo a creare un imponente movimento di massa Hitler avrà ancora spazi di manovra. Ma la vera questione che abbiamo davanti è: esistono oggi condizioni particolari che rendano possibile ed agevolino lo sviluppo di un movimento di massa e su quali basi? Esistono particolari difficoltà per la dittatura fascista? Certo, con­trasti ci sono dappertutto. Ma questi non portano necessariamente alla catastrofe del regime e, soprattutto, del regime fascista.

   Ci sono possibilità di un inasprimento del malcontento, tra i conta­dini ecc., nei confronti di questo regime? Questo è il problema. Rispondo anche alla domanda di che cosa abbiano fatto i fascisti in campo economico: hanno peggiorato la situazione degli operai e di tutti gli occupati, e così sono riusciti a venir fuori dalla crisi. Ciò è inimmaginabile. C'è un peggioramento della condizione della classe operaia. Tuttavia abbiamo detto al vii Congresso che i fascisti sfruttano il momento del passaggio dalla crisi alla recessione economica. Oggi, però, c'è tutta una serie di paesi in cui si registrano segnali di ripresa e di uscita dalla recessione: Inghilterra, America, paesi scandinavi; in Germania questo processo è favorito dalla politica del fascismo, la politica dell'oligarchia finanziaria tedesca.

   Quali particolari difficoltà pone in Germania la situazione politica determinata da questo sistema economico generale? Se proviamo a porci questa domanda, scopriamo che esiste un ostacolo. La politica della crisi si scontra oggi con un certo limite. È pertanto impossibile che noi assistiamo ad un inasprimento dei contrasti nel campo della borghesia.

   Prendiamo i contadini. Oggi in tutto il mondo ci sono segnali di svolta nella crisi agraria, aumento dei prezzi ecc. Non è il caso della Germania. Questo è il risultato della politica fascista praticata dall'oli­garchia finanziaria. Ed è anche il presupposto che sta alla base di que­sto malcontento e anche di altri movimenti di massa.

   Il problema principale, dicono i compagni (oggi lo dicono tutti) è la questione dei salari e oggi dobbiamo lottare per il miglioramento e l'adeguamento dei salari all'aumento del costo della vita. Questione salariale, lotta per i bisogni primari delle masse...

   Compagno Florin: La questione dei prezzi deve essere posta anche per i contadini.

   ... questo non è tutto, e mi pare che non basti per condurre una politi­ca di massa in una dittatura fascista, in un paese dove ci sono stati quat­tro anni di dittatura fascista, in un paese in cui il fascismo, quando è arrivato al potere, disponeva già di un'ampia base popolare (poteva contare su milioni di voti). Non basta, perché i nazisti hanno una rispo­sta. Noi abbiamo detto: voi date cannoni anziché burro, e loro hanno risposto sissignori, noi diamo cannoni anziché burro. Noi parliamo di un peggioramento delle condizioni di vita. Loro rispondono che è vero e spiegano: dobbiamo fare sacrifici oggi per poter vivere meglio doma­ni. Citano addirittura l'esempio dell'Unione Sovietica e dicono che anche lì durante il piano quinquennale si sono dovuti fare dei sacrifici, ma che ora l'Unione Sovietica è forte. Usano argomentazioni, insomma, che possono essere rivolte anche contro l'Unione Sovietica.

   Lozovskij: Questo proprio non lo dicono.

   La questione di fronte alla quale il popolo tedesco viene posto dai nazisti è una questione di prospettiva generale: il problema dello svi­luppo e del futuro della Germania. Noi dobbiamo analizzare la politica generale dei nazisti, la politica estera. Anche qui non siamo riusciti ad andare oltre certi limiti. Versailles era il bersaglio principale della pro­paganda fascista. Ma oggi Versailles non esiste più. Esistono solo due punti: le colonie e la definizione dei confini. Che cosa può fare ancora il fascismo? Certo, può avanzare la richiesta: "Colonie!". Ma in questo caso si scontrerebbe con l'imperialismo inglese. Oppure può sollevare questioni territoriali, con in prima fila la questione austriaca. Una qual­che forma di annessione dell'Austria alla Germania sarebbe un grande successo per Hitler. Anche ciò è possibile. Ma in questo caso si scon­trerebbe con l'Italia e verrebbe così a infrangersi tutta la linea della sua politica estera. Guerra contro la Francia e l'Unione Sovietica! Sì, però tutti dicono, specialmente gli esperti militari: attenzione, lì ci si può rompere i denti! Questo anche il popolo lo sa. Siamo arrivati ad un punto in cui le contraddizioni della politica estera di Hitler stanno venendo alla luce e in cui la maschera della politica di difesa deve cade­re. La Spagna ne è l'esempio. Si tratta di un'aggressione e dunque la questione centrale qui è: la guerra. Il fascismo conduce una politica aggressiva, il fascismo porta alla guerra. E che cosa significa la guerra per il popolo tedesco! Questo noi lo dobbiamo provare, spiegare, dimostrare. La guerra non è sinonimo, come dicono i fascisti, di miglio­ramento, bensì di peggio­ramento e probabilmente di catastrofe. Questa è la questione principale. Non è dunque solo una questione di pane, ma un problema di destino. Se il partito vuole condurre una giusta politica nei confronti delle masse, dovrà porsi il problema del destino della Germania. Noi, in quanto parte del popolo tedesco, ci interessiamo a questo problema e lo poniamo dunque a tutto il popolo tedesco.

   Ma in che termini dobbiamo porci questo problema? E veniamo all'appello. Questa è la mia opinione personale. Quest'appello è stato un pessimo metodo di lotta. Un documento come questo deve essere discusso più approfonditamente nella direzione del partito poiché determina l'intera linea del partito. Non è solo uno strumento di pro­paganda. Mi sembra che i punti principali di questo appello siano i seguenti: primo, noi dobbiamo confrontarci realmente con tutte le componenti del popolo tedesco - socialdemocratici, cattolici ed ele­menti che si trovano sotto l'influenza del fascismo. Dobbiamo porre le nostre argomentazioni in modo tale che essi, quanto meno, ci stiano ad ascoltare e discutano con noi.

   Secondo, riallacciarci alle promesse fatte dai fascisti. Anche questo è giusto. Queste promesse, in effetti, hanno avuto un ruolo di rilievo nello sviluppo del movimento fascista in Germania. Ora però la realtà della politica del movimento fascista è entrata in contraddizione con queste promesse. I fascisti non hanno promesso cose sbagliate. Noi saremmo pronti a combattere per queste cose. Ma loro non le hanno realizzate perché sono alleati con le classi più agiate. Ed ecco che arri­viamo al terzo punto: il colpo principale contro le classi più agiate delle società.

   Questi tre punti sono giusti ed efficaci.

   Dimitrov: Non esiste un'altra linea per arrivare alle masse.

   Anche la parola "riconciliazione" non mi piace. Non sono in grado di esprimere un giudizio. Però abbiamo una parola più bella - unità delle masse lavoratrici, del popolo lavoratore. I compagni che hanno trovato il termine probabilmente non ci hanno riflettuto abbastanza. Credo che sia giusto che i compagni che hanno fatto questo appello abbiano una linea leggermente diversa da quella della lotta per la democrazia, per la repubblica democratica. Mi sembra che i compagni che hanno scritto l'appello avessero in mente un confronto. Ma ci sono forse anche esempi di compagni che sollevano una critica ed hanno fatto un confronto, ma diverso. Anche questo è sbagliato. E una contraddizio­ne. Questa è una linea, un obiettivo forte: noi vogliamo farla finita con la dittatura fascista. Noi vogliamo la repubblica democratica. È questa la prima tappa.

   Ma che cosa facciamo per rendere più forte il nostro obiettivo fra le masse che si trovano sotto l'influenza dell'ideologia fascista, in che modo possiamo allontanare queste masse dalla demagogia fascista, in che modo possiamo demistificare questa demagogia? Solo ponendo questioni simili, solo usando un simile linguaggio, che non siano tra loro in contraddizione. Questa è una linea.

   D'altra parte è vero che la linea della lotta, e anche questa linea che emerge dall'appello, non viene usata con consapevolezza e coerenza dal partito. Una agitazione su vasta scala per la democrazia che sia accettabile anche dai sostenitori del fascismo non la troviamo propa­gandata nel materiale del partito, nella "Rote Fahne" e manca nell'atti­vità stessa di agitazione. Questa agitazione è oggi molto pericolosa per i fascisti. Fino a ieri - ed ancora al congresso di Norimberga - Hitler ha affermato: la democrazia è l'inizio dell'anarchia, il primo passo verso il bolscevismo. Oggi egli afferma: noi siamo la vera democrazia - proprio come Mussolini. Ciò dimostra come questa questione entri già nella coscienza delle masse. Esse vogliono libertà per poter discutere i loro problemi. I lavoratori vogliono discutere nel Fronte del lavoro. I contadini vogliono discutere nelle loro organizzazioni, i cattolici vogliono discutere delle ordinanze [2] e chiedono la loro abolizione. Gli intellettuali chiedono libertà.

   Ma noi non portiamo avanti una politica coerente in questo senso, per avvicinarci alle masse che si trovano sotto l'influenza del fascismo. Qui manca una politica coerente da parte del partito. Una questione particolare: i fascisti hanno indebolito i contratti di lavoro. Oggi esisto­no contratti particolari per particolari aziende, settori ecc. E ci sono ancora altri contratti. Ma dove troviamo un terreno di discussione coi fascisti su questa questione, analisi delle condizioni di lavoro, lotte per l'attuazione dei contratti di lavoro che ci sono nelle aziende fasciste? Dove troviamo tutto ciò nella "Rote Fahne"? Non lo troviamo. Troviamo solo propaganda generica e agitazione generica, ma nessuna battaglia concreta che ci avvicini alle masse che si trovano sotto l'influenza del fascismo. E proprio perché il nostro partito non conduce una battaglia coerente per attuare la propria politica, esso manca oggi di quella forte autorità che invece dovrebbe avere nei confronti della socialdemocrazia e nei confronti di tutti questi gruppuscoli politici. E perché mai esistono tanti piccoli gruppi politici? Perché il nostro parti­to non si preoccupa abbastanza di mostrarsi come la forza capace di unificare tutte le forze degli operai e dei lavoratori, come un'organizza­zione che conosce il proprio obiettivo e lotta coerentemente per esso. Tutto ciò manca nella politica del nostro partito perché c'è confusione e debolezza sia nella direzione sia nei quadri del partito.

Note

[1] Già il 5 febbraio 1937 il Segretariato dell'IKKI aveva cominciato a discutere la questione del lavoro del KPD, ascoltando la relazione di W. Ulbricht. Il 7 febbraio con disposizione del Segretariato dell'IKKI fu costituita la commissione tedesca, che si mise immediatamente al lavoro. Il 9 febbraio intervennero alla seduta della commissione, aperta dal discor­so introduttivo di Togliatti, E. Varga, W. Florin, D. Manuil'skij, A. Lozovskij. Il 10 febbraio presero parte alle discussioni O. Kuusinen, J. Koplenig, R. P. Arnot, K. Funck (H. Wehner), E. Varga, W. Ulbricht, W. Pieck, W. Florin. L'11 febbraio continuarono la discussione G. Dimitrov, A. Lozovskij, W. Florin, K. Funck (H. Wehner), Degen (H. Nuding), W. Ulbricht, Weber (H. Wia-trek), P. Togliatti, Kuhnert, G. Dimitrov. Il progetto di risoluzione sui compiti più urgenti del KPD fu discusso nella seduta del Segretariato dell'IKKI del 20 febbraio (nota del curatore A.Agosti).

[2] [Si tratta delle ordinanze con valore di legge ("Verordnungen mit rechtverbindlicher Kraft") emanate dal governo nazista fra il 1933 e il 1935, che viola­vano il concordato del 20 luglio 1933 in particolare per quanto concerneva l'in­segnamento della religione nelle scuole pubbliche e la libertà delle scuole e delle università private cattoliche.