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La lezione
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IL SOCIALISMO NEL XXI SECOLO

e la concezione materialistica
dello sviluppo del movimento comunista

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Capitolo II

Socialdemocrazia
e dialettica della
rivoluzione proletaria

Alla fine del capitolo precedente, parlando del declino della prima Internazionale abbiamo concluso che un'epoca stava finendo, quella caratterizzata dallo sviluppo teorico del socialismo scientifico e dalle prime, importanti esperienze rivoluzionarie della classe operaia in un periodo di forte ascesa dell'economia capitalistica e di consolidamento del potere della borghesia.

E' disponibile
il libro su STALIN
656 pagine a cura
dell'Associazione
1ª edizione aprile 2021
2ª ed. dicembre 2022

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  Successivamente a quella fase, una tappa importante nel processo di sviluppo dell'antagonismo di classe e della lotta per il socialismo è stato il periodo che va dalla formazione dei partiti socialisti in Europa alla rivoluzione russa. Possiamo senz'altro dire che questa fu la seconda tappa storica del processo di trasformazione sociale dopo il movimento sviluppatosi con il Manifesto dei comunisti del 1848.

  Le caratteristiche di questa fase erano sì uno sviluppo dell'opera intrapresa da Marx e da Engels, ma presentavano un contesto e caratteristiche assai diverse. Il contesto era quello del periodo a cavallo tra il XIX e il XX secolo quando lo sviluppo capitalistico aveva fatto progressi enormi mentre, nel contempo, la configura­zione dei partiti che si richiamavano al socialismo e a Marx era diventata qualcosa di molto diverso dalle organizzazioni operaie che avevano ruotato in precedenza attorno all'Associazione Interna­zionale dei Lavoratori. Erano diventati partiti di massa strutturati, con un riferimento solido e organizzato tra i lavoratori, una rappresentanza parlamentare, con forti collegamenti sindacali e una attività associativa basata anche sullo strumento della coopera­zione. Per il periodo a cui ci riferiamo si tratta di un vasto arco di partiti socialisti che si erano formati in Europa anche in collaborazione con Engels dopo la morte di Marx tra gli anni '80 e '90 della fine del XIX secolo.

  Si trattava di partiti come il Partito socialdemocratico spagnolo nato in contemporanea con quello danese, in Francia nacque il Parti Ouvrier e in Inghilterra la Federazione democratica aveva adottato un programma socialista divenendo Federazione socialdemocratica. Nel 1883 Plechanov e Aksel'rod avevano fondato il gruppo Emancipazione del lavoro che divenne poi il nucleo del Partito socialdemocratico russo. Il partito socialdemocratico norvegese sorse nel 1887, quello austriaco e quello svizzero nel 1888 e quello svedese nel 1889. In Italia un Partito dei lavoratori con un programma decisamente marxista non fu costituito pienamente che nel 1892, mentre in Olanda dopo una scissione con la componente anarchica era nata nel 1889 la Lega socialdemocratica a base marxista. Anche i partiti polacco e finlandese presero una forma definitiva nel 1892. In Francia e in Belgio la discussione sulla piattaforma marxista era ancora aperta, ma alla fine l'opzione socialista finì per prevalere. Ovviamente sussistevano delle differenze tra questi partiti dovute alle particolarità su cui era sorto il movimento legato all'Associazione Internazionale dei Lavoratori di Marx ed Engels, ma ormai le affinità erano diventate prevalenti.

  Concretamente, il punto di incontro e la definizione di una prospettiva politica unitaria del movimento socialista europeo in questa nuova fase prende le mosse dal congresso del partito socialdemocratico tedesco del 1892 che si tenne a Erfurt in Germania sotto la regia di Karl Kautsky. Chi era Kautsky? Nato a Praga nel 1854 visse fino al 1938. Nel 1883 fondò a Stoccarda la rivista Neue Zeit che rimase sotto la sua direzione fino al 1917. In occasione del congresso del partito socialdemocratico nel 1892 pubblicò il 'Programma di Erfurt' e con una serie di altri scritti anche di carattere teorico, tra cui 'Le dottrine economiche di Karl Marx' e 'La questione agraria', diventò una autorità indiscussa di quella che veniva definita l'ortodossia marxista. Una ortodossia che fu però demolita da Lenin quando si arrivò ai nodi della prima guerra mondiale e della rivoluzione russa.

  Tuttavia attorno agli anni '90 del XIX secolo Kautsky dirigeva il più grande a autorevole partito socialdemocratico europeo. In Germania, dopo le dimissioni di Bismarck nel 1891, erano state revocate le leggi antisocialiste e questo aveva permesso al partito socialdemocratico tedesco di avere una grande espansione organizzativa e parlamentare che gli consentì di divenire il riferimento dei partiti socialisti in Europa.

  Karl Kautsky ne era il leader riconosciuto, anche se i dirigenti effettivi in quel periodo furono August Bebel e Wilhelm Liebknecht, e nel testo preparato per il congresso, 'Il programma di Erfurt', fu lui a definire i punti essenziali. Qui di seguito riportiamo alcune citazioni del testo [1].

  Il ‘Programma di Erfurt' si apre con un richiamo ai contenuti nel Manifesto dei comunisti del 1848. Vi si trovano infatti affermazioni di principio che richiamano Marx, precisamente dove si dice:

  “Quanto più cresce il numero dei proletari, quanto più si ingrossa l'esercito dei lavoratori in eccesso, tanto più acuto diventa il contrasto tra sfruttatori e sfruttati, tanto più aspra diventa la lotta di classe tra borghesia e proletariato che divide la società moderna in due campi ostili e che è il distintivo comune di tutti i paesi industriali”.

  In questo contesto il sistema capitalistico ”separa il lavoratore dai suoi mezzi di produzione e lo converte in un proletario nullatenente, mentre i mezzi di produzione divengono monopolio di un numero relativamente ristretto di capitalisti e di grandi proprietari terrieri”. Nel programma perciò si sostiene che :

  “Soltanto la trasformazione della proprietà privata capitalistica dei mezzi di produzione - terra, miniere, materie prime, attrezzi, macchine e mezzi di trasporto - in proprietà sociale, e la trasformazione della produzione di merci per la vendita in produzione socialista amministrata dalla società e per la società, può far sì che l'industria su larga scala e la capacità produttiva, continuamente crescente, del lavoro sociale, si tramutino, da fonte di miseria e d'oppressione per le classi sfruttate, in fonte del massimo benessere”. Questi obiettivi non possono essere raggiunti se non con la conquista del potere politico: “la classe operaia non può condurre vittoriosamente le sue battaglie economiche o sviluppare la sua organizzazione economica senza diritti politici ... e non può far passare in proprietà comune i mezzi di produzione se non conquista il potere politico”.

  Il Programma affermava quindi che la meta era una società senza classi, e che si sarebbe fatto di tutto per porre fine “ad ogni tipo di sfruttamento, sia esso diretto contro una classe, un partito, un sesso o una razza”. E la condizione per realizzare questi obiettivi era appunto la presa del potere politico.

  Fin qui la parte generale del testo elaborato da Kautsky. Il resto del programma è un elenco immediato di rivendicazioni, che pure ebbe importanza per lo sviluppo del movimento socialista e per il suo radicamento tra i lavoratori. Si trattava della richiesta di piena libertà di parola, di riunione e di associazione. Nel campo sociale si chiedeva l'istruzione obbligatoria e laica, l’assistenza medica gra­tuita, l’abolizione di tutte la leggi discriminatorie verso le donne. Per quanto riguarda i lavoratori le rivendicazioni immediate erano: giornata di otto ore, proibizione del lavoro minorile e del lavoro not­turno, sabato pomeriggio e domenica liberi, abolizione del paga­mento in natura, ispezione delle fabbriche e miglioramento delle condizioni igieniche, libertà di coalizione, sistema generale di assicurazione.

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Note


[1] Da Karl Kautsky, Il programma di Erfurt, Samona’ e Savelli, 1971.