Tesi sulle condizioni d'ammissione
all'Internazionale comunista


Risoluzione del 6 agosto 1920 del II Congresso dell'Internazionale, da Leitsätze und Statuten, cit. , pp. 25-30, in italiano da Aldo Agosti, cit., vol. I/1 pp. 285-291.


Il primo congresso dell'Internazionale comunista non ha posto condizioni precise per l'ingresso nella Terza Internazionale. Fino al momento della convocazione del I Congresso nella maggioranza dei paesi esistevano soltanto tendenze e gruppi comunisti.

In condizioni del tutto diverse si riunisce ora il II Congresso dell'Internazionale comunista. Attualmente, nella maggioranza dei pae­si esistono non soltanto correnti e tendenze comuniste ma partiti e organizzazioni comuniste.

All'Internazionale comunista si volgono spesso partiti e gruppi che ancora poco tempo fa appartenevano alla Seconda Internazionale e che ora vogliono entrare nella Terza, ma che di fatto non sono diven­tati comunisti. La Seconda Internazionale è definitivamente disgre­gata. I partiti intermedi e i gruppi del «centro», che comprendono la totale mancanza di prospettive della Seconda Internazionale, cercano ora di appoggiarsi all'Internazionale comunista, sempre più vigorosa. Sperano tuttavia di conservare una certa «autonomia» che assicuri loro la possibilità di continuare nella loro politica opportunistica o «centrista». L'Internazionale comunista in un certo senso è diven­tata di moda.

La richiesta di alcuni gruppi dirigenti del «centro» di entrare nella Terza Internazionale è una conferma indiretta del fatto che l'In­ternazionale comunista ha conquistato le simpatie della stragrande maggioranza dei lavoratori aventi coscienza di classe e che di giorno in giorno essa diviene una forza crescente.

L'Internazionale comunista è minacciata dal pericolo di essere indebolita da elementi oscillanti e caratterizzati dall'incertezza, che non hanno ancora abbandonato in modo definitivo l'ideologia della Se­conda Internazionale.

Inoltre in alcuni grandi partiti (in Italia, Svezia, Norvegia, Jugo­slavia, ecc.), la cui maggioranza è ormai sulla piattaforma comunista, permane ancor oggi una consistente ala riformista e socialpacifista, che aspetta soltanto il momento di rialzare la testa, per dare l'avvio ad un sabotaggio attivo della rivoluzione proletaria e aiutare così la borghesia e la Seconda Internazionale.

Nessun comunista può dimenticare gli insegnamenti della repub­blica ungherese dei soviet. La fusione dei comunisti ungheresi con i cosiddetti socialdemocratici «di sinistra» è costata cara al proleta­riato ungherese.

Di conseguenza, il II Congresso dell'Internazionale comunista ri­tiene necessario stabilire con la massima precisione le condizioni per l'accettazione di nuovi partiti, e richiamare quei partiti che sono stati accolti nell'Internazionale comunista ai doveri che hanno di fronte.

Il II Congresso dell'Internazionale comunista stabilisce le se­guenti condizioni per l'appartenenza all'Internazionale comunista:

1. Tutta la propaganda e l'agitazione debbono avere un'impronta effettivamente comunista e corrispondere al programma e alle risolu­zioni dell'Internazionale comunista. Tutti gli organi di stampa del partito debbono essere diretti da comunisti di provata fede, che ab­biano dimostrato la loro dedizione alla causa del proletariato. Non si può parlare della dittatura del proletariato semplicemente come di una formula corrente imparata a memoria; essa deve essere propagan­data in modo tale da apparire necessaria ad ogni semplice lavoratore, lavoratrice, soldato e contadino in base ai dati della vita quotidiana, dati che la nostra stampa deve osservare sistematicamente e utilizzare giorno per giorno.

La stampa periodica e non periodica e tutte le pubblicazioni di partito debbono essere completamente subordinate alla direzione del partito, indipendentemente dal fatto che esso nella sua totalità sia nel momento dato legale o clandestino. Non è tollerabile che le edi­zioni abusino della loro autonomia e conducano una politica che non corrisponde interamente a quella del partito.

Nelle colonne della stampa, nelle assemblee popolari, nei sinda­cati, nelle cooperative di consumo, dovunque gli aderenti alla Terza Internazionale ottengano accesso, è necessario bollare a fuoco, in mo­do sistematico e implacabile, non soltanto la borghesia ma anche i suoi complici, i riformisti di qualunque sfumatura.

2. Ogni organizzazione che voglia aderire alla Internazionale co­munista deve estromettere, in modo metodico e pianificato, da tutti i posti di maggiore o minore responsabilità del movimento operaio (or­ganizzazioni di partito, redazione di giornali, sindacati, gruppi parla­mentari, cooperative, amministrazioni comunali) gli elementi riformi­sti e centristi, sostituendoli con comunisti fidati, senza preoccuparsi del fatto che, soprattutto agli inizi, al posto di opportunisti «esperti» subentrino semplici lavoratori della massa.

3. In quasi tutti i paesi d'Europa e d'America la lotta di classe sta entrando nella fase della guerra civile. In tali condizioni, i comu­nisti non debbono fidarsi in alcun modo della legalità borghese. Essi sono tenuti a creare dovunque un apparato organizzativo clandestino parallelo, che al momento decisivo aiuterà il partito a compiere il suo dovere verso la rivoluzione. In tutti i paesi in cui i comunisti a causa dello stato d'assedio e delle leggi eccezionali non hanno la pos­sibilità di compiere legalmente tutto il loro lavoro, è assolutamente necessario combinare l'attività legale con quella clandestina.

4. Il dovere di diffondere le idee comuniste implica un impegno particolare per una propaganda condotta in modo martellante e siste­matico nell'esercito. Là dove questo tipo di agitazione è impedito dalle leggi eccezionali, bisogna condurla clandestinamente. Rinunziare a que­sto lavoro significherebbe tradire il dovere rivoluzionario e sarebbe incompatibile con l'appartenenza alla Terza Internazionale.

5. È necessaria un'agitazione sistematica e pianificata nelle cam­pagne. La classe operaia non può vincere se non ha dietro di sé i pro­letari delle campagne e almeno una parte dei contadini poverissimi e se non si è garantita la neutralità di una parte delle restanti popola­zioni rurali con la propria politica. L'attività comunista nelle campagne acquista al momento presente un'importanza preminente. Deve essere condotta di preferenza con l'aiuto degli operai rivoluzionari comuni­sti, della città e della campagna, legati alla campagna stessa. Rinun­ciare a questo lavoro, ovvero affidarlo a elementi non fidati, semiri­formisti, equivale a rinunziare alla rivoluzione proletaria.

6. Ogni partito che desideri appartenere alla Terza Internazio­nale è tenuto a smascherare non soltanto il socialpatriottismo aperto ma anche la disonestà e l'ipocrisia del socialpacifismo: a dimostrare sistematicamente agli operai che senza l'abbattimento rivoluzionario del capitalismo nessun tribunale arbitrale internazionale, nessun accordo sulla limitazione degli armamenti, nessun rinnovamento «de­mocratico» della Società delle Nazioni saranno in grado di prevenire nuove guerre imperialistiche.

7. I partiti che desiderano appartenere all'Internazionale comu­nista sono tenuti ad approvare la rottura totale con il riformismo e la politica del «centro» ed a propagandare questa rottura tra i più vasti strati dei loro membri. Senza di questo, è impossibile una coerente politica comunista.

L'Internazionale comunista chiede in modo incondizionato e as­soluto che questa rottura avvenga nel più breve tempo. L'Interna­zionale comunista non può ammettere che opportunisti notori, i quali sono attualmente rappresentati da Turati, Kautsky, Hilferding, Hillquit, Longuet, MacDonald, Modigliani e altri, possano avere il diritto di passare per membri della Terza Internazionale. Ciò potrebbe avere come unica conseguenza che la Terza Internazionale diventi in larga misura simile alla Seconda Internazionale ormai affossata.

8. Sul problema delle colonie e delle nazioni oppresse, è neces­saria una posizione particolarmente marcata e chiara dei partiti di quei paesi la cui borghesia è in possesso di colonie ed opprime altre nazioni. Qualsiasi partito che desideri appartenere alla Terza Inter­nazionale è tenuto a smascherare gli intrighi dei «suoi» imperialisti, ad appoggiare non soltanto a parole ma nei fatti ogni movimento di liberazione nelle colonie, a esigere la cacciata dalle colonie dei propri imperialisti, a inculcare negli animi degli operai del proprio paese un sentimento davvero fraterno verso le popolazioni lavoratrici delle co­lonie e verso le nazioni oppresse ed a condurre in seno alle truppe del proprio paese un'agitazione sistematica contro qualsiasi oppressione dei popoli coloniali.

9. Ogni partito che desideri appartenere all'Internazionale co­munista deve svolgere in modo sistematico e tenace un'attività comu­nista in seno ai sindacati, ai consigli operai e di fabbrica, alle coope­rative di consumo e ad altre organizzazioni di massa degli operai. All'interno di queste organizzazioni è necessario organizzare cellule comuniste che, con lavoro costante e tenace, guadagnino i sindacati, ecc. alla causa del comunismo. Nel loro lavoro quotidiano, le cellule sono tenute a smascherare il tradimento dei socialpatrioti e l'inco­stanza del «centro». Le cellule comuniste debbono essere intera­mente subordinate all'insieme del partito.

10. Ogni partito appartenente all'Internazionale comunista è tenuto a condurre una lotta implacabile contro l'«Internazionale» di Amsterdam delle associazioni sindacali gialle. Esso deve propagan­dare vigorosamente tra gli operai organizzati sindacalmente la neces­sità di rompere con l'Internazionale gialla di Amsterdam. Deve inoltre appoggiare con tutti i mezzi la nascente Federazione internazionale dei sindacati rossi, che aderiscono alla Internazionale comunista.

11. I partiti che vogliono appartenere alla Terza Internazionale sono tenuti a sottoporre a revisione i membri dei gruppi parlamen­tari, ad estromettere da questi gruppi tutti gli elementi non fidati, a subordinare i gruppi non soltanto a parole ma nei fatti alle direzioni dei partiti, esigendo che ciascun parlamentare subordini tutta la sua attività agli interessi di una propaganda e di una agitazione realmente rivoluzionarie.

12. I partiti appartenenti all'Internazionale comunista debbono essere strutturati in base al principio del centralismo democratico. Nella fase attuale di guerra civile acutizzata, il partito comunista sarà in grado di compiere il proprio dovere soltanto se sarà organizzato il più possibile centralisticamente, se in esso dominerà una disciplina ferrea e se la direzione del partito, sostenuta dalla fiducia di tutti i membri, godrà di tutto il potere, di tutta l'autorità e delle più ampie facoltà.

13. I partiti comunisti dei paesi nei quali i comunisti debbono operare clandestinamente debbono intraprendere di quando in quando epurazioni (nuove registrazioni) dei membri della loro organizzazione, per epurare il partito sistematicamente dagli elementi piccolo-borghesi che vi si sono insinuati.

14. Ogni partito che desideri appartenere all'Internazionale co­munista è tenuto a sostenere senza riserve ogni repubblica sovietica nella lotta contro le forze controrivoluzionarie. I partiti comunisti debbono condurre un'aperta azione di propaganda per impedire il tra­sporto di munizioni ai nemici delle repubbliche sovietiche; debbono inoltre fare propaganda con tutti i mezzi, in modo legale o clandestino, tra le truppe inviate a soffocare le repubbliche operaie.

15. I partiti che fino ad oggi hanno ancora conservato i loro vecchi programmi socialdemocratici sono tenuti a modificare nel più breve tempo possibile tali programmi e, conformemente alla situazione particolare del proprio paese, ad elaborare un nuovo programma co­munista coerente con le risoluzioni dell'Internazionale comunista. Di regola, il programma di ogni partito aderente all'Internazionale comunista deve essere approvato dal congresso ordinario o dal Comi­tato esecutivo di quest'ultima. Qualora il programma di un partito non sia stato approvato dal Comitato esecutivo, il suddetto partito ha il diritto di appellarsi al congresso dell'Internazionale comunista.

16. Tutte le risoluzioni dei congressi dell'Internazionale comu­nista, come pure le risoluzioni del suo Comitato esecutivo, sono vinco­lanti per tutti i partiti appartenenti all'Internazionale stessa. L'Inter­nazionale comunista, che opera in condizioni di durissima guerra ci­vile, deve essere strutturata in modo assai più centralizzato di quanto non fosse la Seconda Internazionale. Naturalmente, sia l'Internazio­nale comunista sia il suo Comitato esecutivo nella loro attività com­plessiva debbono tener conto delle differenti condizioni in cui deb­bono lottare ed operare i singoli partiti, e prendere decisioni di vali­dità universale soltanto per i problemi per i quali è possibile farlo.

17. Di conseguenza, tutti i partiti che vogliono appartenere al­l'Internazionale comunista debbono modificare la propria denomina­zione. Ogni partito che voglia appartenere all'Internazionale comuni­sta deve avere il nome di Partito comunista di questo o quel paese (sezione della Terza Internazionale comunista). Il problema della de­nominazione non è soltanto un problema formale ma in larga misura politico e di grande importanza. L'Internazionale comunista ha di­chiarato guerra a tutto il mondo borghese e a tutti i partiti socialde­mocratici gialli. È necessario che ogni semplice lavoratore abbia ben chiara la differenza tra i partiti comunisti ed i vecchi partiti ufficiali «socialdemocratici» e «socialisti», che hanno tradito la bandiera della classe operaia.

18. Tutti gli organi dirigenti della stampa dei partiti di tutti i paesi sono tenuti a pubblicare tutti i documenti ufficiali importanti dell'Esecutivo dell'Internazionale comunista.

19. Tutti i partiti che appartengono all'Internazionale comunista o hanno fatto richiesta per entrarvi sono tenuti a convocare il più presto possibile, e al più tardi entro quattro mesi dopo il II Con­gresso dell'Internazionale comunista, un congresso straordinario per esaminare tutte queste condizioni. Le direzioni debbono quindi curare che tutte le organizzazioni locali siano a conoscenza delle risoluzioni del II Congresso dell'Internazionale comunista.

20. I partiti che intendono entrare ora nella Terza Internazionale ma che non hanno mutato radicalmente la propria tattica debbono provvedere, prima del loro ingresso nell'Internazionale comunista, affinché non meno di due terzi dei membri del loro Comitato centrale e di tutte le più importanti istituzioni centrali siano composti di com­pagni che, prima ancora del II Congresso dell'Internazionale comu­nista, si sono inequivocabilmente e pubblicamente pronunziati in fa­vore dell'ingresso del partito nell'Internazionale comunista. Le ecce­zioni sono consentite dietro approvazione del Comitato esecutivo della Terza Internazionale. L'Esecutivo dell'Internazionale comunista ha il diritto di fare eccezioni anche per i rappresentanti della corrente cen­trista indicati al paragrafo 7.

21. Tutti i membri del partito che respingono fondamentalmente le condizioni e le norme poste dall'Internazionale comunista debbono essere espulsi dal partito stesso.

Lo stesso vale naturalmente per i delegati al congresso straor­dinario.