Dolores Ibarruri
LA BANDIERA DELL'U NITÀ
PER UNA SPAGNA NUOVA

Relazione all'assemblea plenaria del giugno 1937 del comitato centrale del PCS. Da: Dolores Ibarruri - La "Pasionaria", La guerra di Spagna, E.Gi.Ti.,Roma.


Questo «plenum» del Comitato centrale del Partito si è riunito per discutere in forma concreta e decisiva il proble­ma dell'unità, il problema della fusione del Partito Socialista con il Partito Comunista in un unico partito del proletaria­to. Tale partito, armato della potente teoria di Marx-Engels-Lenin-Stalin, sarà garanzia di vittoria per il popolo e per i dirigenti della rivoluzione popolare.

Il più ardente desiderio di tutti i combattenti del fronte è il raggiungimento dell'unità da parte delle forze del prole­tariato più coscienti, più combattive, più eroiche. Unità di tutti i proletari in un solo centro sindacale; compattezza po­litica delle forze democratiche e repubblicane della piccola borghesia, unità di tutto il popolo spagnolo. Soltanto così si realizzerà il desiderio dei combattenti al fronte il cui grido di battaglia è oggi : «l'unità, per battere il fascismo, e vince­re la guerra, e con essa la rivoluzione!».

E tuttavia quante difficoltà! Noi sappiamo che realizza­re l'unità è un compito tutt'altro che facile, che ci saranno dei momenti in cui alcuni compagni, incontrandosi faccia a faccia con l'egoismo e i piccoli interessi di gruppi settari, pen­seranno «Non sarebbe meglio se il Partito Comunista, appog­giandosi alla fiducia che in esso hanno le larghe masse dei lavoratori della città e della campagna, cercasse di risolvere con le proprie forze tutti i problemi della rivoluzione?». Ma se qualcuno la pensa in tal modo, è necessario fargli cambia­re subito idea. Bisogna che tutti i compagni siano convinti della giustezza della nostra politica riguardo all'unità, soltan­to così essi potranno difendere con fermezza la nostra posi­zione.

Noi vogliamo arrivare ad avere un unico partito del pro­letariato. Il nostro Partito, che cerca di avvicinarsi con il massimo buon senso a questo problema, non può ignorare le possibilità rivoluzionarie e le qualità dei gruppi di operai che appartengono ad altre organizzazioni e, prima di tutto, al Partito Socialista, tenendo anche conto delle correnti anar­chiche, che ogni giorno più accolgono l'attività politica da parte del proletariato e che possono essere immesse nel rag­gio d'azione di un unico partito operaio.

Dobbiamo organizzare rapidamente la nostra produzione, non limitandoci alla mobilitazione di quei mezzi che aveva­mo nel primo momento della insurrezione militare-fascista, ma rinnovando i metodi di lavoro, per aumentare sempre più la produzione, per migliorarla e razionalizzarla.

Per evitare la rovina e il caos nella produzione, causate della cosiddetta socializzazione di ogni fabbrica, di ogni pic­cola impresa, il nostro Partito lotta tenacemente per la nazio­nalizzazione dei rami fondamentali dell'industria spagnola.

Uno dei problemi più immediati da risolvere è una mag­giore e una migliore produzione, lo stimolo per un lavoro più produttivo. Ciò non si ottiene con l'uguaglianza piccolo-bor­ghese, con l'uguaglianza dei salari. Una produzione più in­tensa può essere raggiunta soltanto con il sistema «per una maggior produttività del lavoro un più alto salario».

La nostra più grande preoccupazione, data la rovina eco­nomica, provocata dall'insurrezione militare-fascista, è quel­la di garantire il massimo dei prodotti alimentari della cam­pagna, indipendentemente dalla forma di produzione, sia que­sta individuale, oppure collettiva.

Il nostro Partito ha sempre difeso il lavoro collettivo, anche in campagna, poiché il lavoro collettivo permette un maggior uso delle macchine, la concimazione e l'irrigazione su più larga scala, garantendo, in tal modo, l'aumento della produzione e rendendo più leggero il lavoro dei contadini. Ma questa collettivizzazione, questo lavoro in comune deve essere conseguenza della volontà dei contadini chiaramente espressa e mai di un'imposizione forzata.

Noi abbiamo un Governo che si propone di creare al fronte come nelle retrovie le condizioni affinchè la guerra sia vinta presto e sia salvaguardato lo sviluppo della rivoluzione popolare.

Inoltre, e questo è il punto fondamentale, noi abbiamo un Partito Comunista che è diventato numericamente e poli­ticamente una forza grandissima. Noi possiamo affermare con orgoglio che nelle nostre file militano 301.500 uomini, nel nostro territorio, senza calcolare i 64.000 membri del Partito Socialista della Catalogna [1] e i 22 mila della Biscaglia (ap­plausi fortissimi). E queste cifre tendono continuamente ad aumentare.

Ma per quanto il nostro Partito sia forte, per quanto tutti siano costretti a riconoscerne la funzione decisiva nella causa comune, è tuttavia necessario liquidare nel minor tempo pos­sibile la divisione che ancora esiste tra le forze operaie e riu­scire a formare un unico potente partito del proletariato, avan­guardia riconosciuta di tutta la classe operaia, capo e guida di tutto il popolo spagnolo.

Per comprendere quanto sia giusta la nostra linea poli­tica, è necessario esaminare due differenti metodi di direzio­ne della politica proletaria. Chiunque non sia cieco deve ve­dere la parte decisiva avuta dalla Grande Rivoluzione d'Otto­bre nella lotta contro la reazione mondiale e contro il fascismo. Quanto odio, quanta critica si sono raccolti contro i bol­scevichi e contro i loro metodi di direzione per l'instaurazio­ne della dittatura del proletariato, che fu la forma più effi­cace di tutte per liquidare la controrivoluzione e lo stabilirsi di una effettiva democrazia. Oggi questa democrazia serve d'e­sempio istruttivo non soltanto al proletariato, ma a tutta l'u­manità onesta e progressiva! Ormai tutti capiscono che, gra­zie alla guida ferrea del Partito bolscevico, esiste nel mondo una fortezza socialista, l'Unione Sovietica, che indica alla clas­se operaia di tutto il mondo il cammino della liberazione. Nell'U.R.S.S. è stata creata una nuova civiltà, la civiltà sovietica, orgoglio dei proletari di tutto il mondo e di chiunque ami il progresso, la democrazia e la pace. La vittoria del socialismo in Russia è il risultato della politica e della direzione del Partito bolscevico.

Ma a questa politica rivoluzionaria si contrappone la po­litica e il metodo della socialdemocrazia, in particolare della socialdemocrazia tedesca, che con la sua «teoria» del pas­saggio pacifico dal capitalismo al socialismo, con la sua capitolazione davanti alla borghesia, ha condotto la classe operaia alla sconfitta.

Noi dobbiamo parlare qui dei risultati dell'errata poli­tica della Seconda Internazionale, per far sì che gli errori del passato non si ripetano ancora, dobbiamo richiamare l'atten­zione degli operai di tutti i paesi e, quindi, anche quella dei nostri operai. Noi dobbiamo dimostrar loro sulla base dei fat­ti che soltanto una politica e una tattica coerentemente rivo­luzionaria condurranno alla vittoria il proletariato di tutto il mondo, così come hanno portato alla vittoria il proletariato dell'Unione Sovietica, mentre la politica della collaborazione con il grande capitale, la tecnica delle concessioni e della ca­pitolazione davanti al fascismo possono condurre soltanto alla vittoria fascista.

I capi reazionari della Seconda Internazionale, indicati mille e mille volte dal proletariato come colpevoli delle sue sconfitte, non possono perdonare ai comunisti il fatto che que­sti abbiano loro ricordato la loro politica criminale, abbiano dimostrato con la massima chiarezza quanto antimarxista fos­se la loro posizione, contrastante con gli interessi del prole­tariato.

E anche ora, continuando quella politica, essi rispondono negativamente alle proposte concrete dell'Internazionale co­munista per l'unità d'azione, proposte fatte più di una volta, nei momenti critici della lotta condotta dal proletariato mon­diale. Più di una volta essi hanno rifiutato di partecipare con l'Internazionale comunista al movimento di solidarietà con la classe operaia di singoli paesi perseguitata e messa al bando per la sua attività rivoluzionaria.

Ricordate la posizione dei capi reazionari della Seconda Internazionale dopo il movimento dei minatori asturiani del 6 ottobre 1934, quando essi dicevano che i comunisti parlano dell'unità, senza volerla in pratica.

Le proposte di unità d'azione, fatte dall'Internazionale Co­munista all'Internazionale Socialista, che voi tutti conoscete e che sono sempre rimaste come la voce di colui che grida nel deserto, non sono casuali e risalgono molto indietro nel tempo. Voglio soltanto ricordare l'ultima proposta di unità d'azione, fatta dall'Internazionale comunista all'Internazionale Socialista operaia quando la flotta della Germania fasci­sta bombardò Armeria. Si trattò di una proposta fatta dietro preghiera del Partito Socialista Spagnolo al Partito Comuni­sta Spagnolo e alla quale il «presidium» della Seconda Internazionale rispose di non avere i poteri necessari per pren­dere una decisione senza il permesso del suo Consiglio che si sarebbe radunato chissà quando. Che tragica ironia!

Mentre il fascismo non abbisogna di nessun permesso per distruggere le nostre città, le nostre campagne, i capi della Se­conda Internazionale per manifestare una solidarietà interna­zionale, per promuovere una campagna del proletariato di tutto il mondo, devono aspettare la riunione straordinaria del loro Consiglio.

Ha ragione il giornale «Claridad», il quale insieme ad altri fogli proletari e democratici, ha scritto a questo propo­sito:
«Il proletariato spagnolo, aderente all'Unione Internazionale dei Sindacati e all'Internazionale Operaia Socialista, come pure il proletariato aderente alla Terza Internazionale Comunista, hanno il diritto di conoscere la verità circa i motivi che hanno impedito fin qui di condurre una campagna comune del movimento operaio internazionale in favore della Spagna democratica. Noi sappiamo, aggiunge il giornale, con che chiarezza sia stata impostata tale questione da Dimitrov nelle sue risposte alle sezioni spagnole del movimento operaio marxista. Conosciamo pure le vaghe risposte di De Broukère e di Adler in relazione alle domande degli operai spagnoli. Ma noi non ci possiamo accontentare di ciò. Non c'è proprio null'altro alla base di questa faccenda? Perchè se qualcosa c'è, noi abbiamo diritto di saperlo e di giungere a una facile conclusione: l'Unione Internazionale dei Sindacati e l'Internazionale Socialista Operaia boicottano una campagna organizzata e veramente attiva del proletariato internazionale a favore della Spagna repubblicana. Tali parole possono sembrare troppo forti, ma noi non le ritireremo, finchè non ci sarà dimostrato il contrario. La risposta data agli operai spagnoli rifiuta la proposta fatta e nessuno può rifiutare proposte del genere nell'attuale momento di lotta internazionale contro il fascismo».

Sembra che dopo questo articolo del nostro confratello «Claridad», la Seconda Internazionale sia intenzionata a in­tavolare trattative con i rappresentanti dell'Internazionale Co­munista.

Speriamo che non debba trattarsi di una semplice, incon­cludente discussione e che da questo incontro derivi un aiuto concreto all'eroico popolo spagnolo che lotta per la democrazia mondiale. Così spera, e così ha diritto di sperare, tutto il nostro popolo.

Noi desideriamo l'unità perchè sappiamo che senza di es­sa il proletariato non può raggiungere vittorie decisive e perciò noi non possiamo rinunciare al diritto di critica, cosa che im­porterebbe, sia pure indirettamente, una teoria ed una tattica apertamente contrarie agli interessi della masse lavoratrici.

Il nostro desiderio di unità non è assolutamente concilia­bile con il silenzio sugli sbagli politici di quegli stessi con i quali noi dobbiamo procedere ad un'unione di forza: Un'uni­tà senza principi, un'unità senza una chiara piattaforma poli­tica, senza una precisa determinazione dei metodi di lotta, di­venterebbe un'unità fittizia, che invece di rafforzare le parti che si vogliono unire, porterebbe nelle loro file il germe di nuove divisioni e nuove battaglie. E noi non vogliamo nessuna divisione. Perciò critichiamo tutto quanto potrebbe portare alla distruzione dell'alleanza che stiamo preparando. Noi cri­tichiamo quelle posizioni politiche che possono riuscire fatali all'esito della guerra e della rivoluzione.

Già al VII Congresso dell'Internazionale Comunista, dove ancora una volta fu riaffermata la necessità dell'unità del pro­letariato e chiarita la posizione dei partiti sotto questo punto di vista, come pure la necessità che venisse creato un Fronte popolare, cui prendesse parte la piccola borghesia democrati­ca e antifascista, il compagno Dimitrov disse:
«L'azione svolta in comune con tutti i partiti e con le or­ganizzazioni socialdemocratiche esige dai comunisti una cri­tica seria e fondata della socialdemocrazia in quanto ideolo­gia e pratica della collaborazione di classe con la borghesia e una instancabile azione di chiarificazione del programma e delle parole d'ordine comuniste da parte dei nostri compa­gni».

A differenza della posizione antiproletaria e antimarxista della Seconda Internazionale, le masse dei loro partiti sono permeate di un profondo stato d'animo classista, poiché esse hanno compreso, in seguito alla triste esperienza italiana, te­desca ed austriaca, dove può portare la divisione delle forze proletarie.

L'idea di creare il Fronte Popolare e l'unità politica e sin­dacale del proletariato si fa strada, nonostante tutti gli osta­coli.

È necessario che nel cuore e nella coscienza di ogni ope­raio, di ogni contadino e di ogni intellettuale rimangano im­presse le parole del compagno Dimitrov. «...L'unità d'azione del proletariato internazionale contro il comune nemico, ne­mico mortale di tutta l'umanità, il fascismo, costituisce il pro­blema fondamentale e immediato delle organizzazioni operaie di tutto il mondo, esigenza suprema dell'attuale momento». È a questa esigenza che noi obbediamo.

Il problema dell'unità dei Partiti Socialista e Comunista, il problema della formazione di un partito unico del proleta­riato non sono sorti soltanto ora. Essi non sono nuovi per noi, per quanto nell'attuale momento noi insistiamo sopra di essi più che nel passato.

Nel settembre del 1934, durante l'assemblea plenaria del nostro Comitato centrale, furono prospettate le forme che po­tevano portare a un legame fraterno con il Partito Socialista, alla unità d'azione, a un'opera concretamente rivoluzionaria, che già vi si delineava e che si manifestò nei combattimenti dell'ottobre 1934. Proprio in quei giorni eroici si realizzarono le aspirazioni del nostro Partito, che poi erano le aspirazioni di tutti gli operai. Nell'Asturia eroica lottarono e vinsero, fian­co a fianco, socialisti, comunisti ed anarchici. Uniti prima nel­la lotta, poi nella prigione e nella sofferenza, essi lanciarono a tutti i loro fratelli spagnoli, la parola d'ordine rivoluziona­ria: «Unitevi, fratelli proletari!». Parola d'ordine che riflet­teva lo stato d'animo delle masse e la cui efficacia è stata riaf­fermata in innumerevoli azioni rivoluzionarie.

Chi non ricorda le nostre proposte concrete alla Direzione del Partito Socialista, fatte subito dopo il movimento di ottobre, proposte tendenti all'unità d'azione di tutti i partiti come primo passo verso la costituzione di un partito unico del pro­letariato?

La feroce repressione del movimento rivoluzionario delle Asturie, repressione che mirava a distruggere le organizzazioni operaie e a «guarirle» dalle loro aspirazioni di giustizia so­ciale, portò, con grande sorpresa dei carnefici, al rafforzamento della coscienza di classe del proletariato spagnolo, aumentò il desiderio dell'unità, aumentò l'odio contro il regime di op­pressione, di terrore e di museruola, imposto dal Governo Lerroux-Gil Robles alle masse popolari della Spagna.

Il nostro Partito ripetè allora l'appello del proletariato e del popolo spagnolo all'unità, ma la sua voce non fu udita dai dirigenti del Partito Socialista!

Quanto sia stata giusta la nostra posizione viene eloquen­temente confermata dalla brillante vittoria riportata alle ele­zioni nelle Cortes del 16 febbraio 1936, vittoria che non fu possibile sfruttare in pieno, mancando una conseguente poli­tica di Fronte Popolare da parte del Partito Socialista e del­l'Unione Generale Operaia. Una politica giusta forse avrebbe allora prevenuto la rivolta militare-fascista scoppiata il 18 luglio 1936. La data del 18 luglio segna tragicamente l'inizio di una nuova era nella storia della Spagna. L'eroismo e i sa­crifici dei nostri fratelli nel territorio dove è stato possibile sconfiggere i ribelli, hanno posto termine a un lungo periodo di oppressione e di schiavitù, sotto la frusta dei grandi capi­talisti e proprietari terrieri. Riconoscendo la responsabilità sto­rica gravante su di noi, per liberare il resto della Spagna dal­l'oppressione fascista, noi poniamo ora il problema di una ra­pida fusione e della creazione di un partito unico del proleta­riato, dirigente e guida di tutte le masse popolari nella lotta per la vittoria e il rafforzamento delle conquiste rivoluzionarie.

In questi ultimi tempi il segretario del Partito Socialista, compagno Lamoneda, a nome del Comitato esecutivo del suo Partito, ha accettato la proposta, da noi fatta più volte, di creare un Comitato di coordinamento. Finalmente, questo Co­mitato è stato creato. Quasi in tutte le organizzazioni dei due Partiti sono stati creati questi Comitati per la realizzazione dell'unità di azione, per la preparazione delle condizioni ne­cessarie alla fusione dei due Partiti.

Gli operai comunisti e socialisti hanno seguito questa ini­ziativa con enorme entusiasmo, avvicinandosi ogni giorno di più gli uni agli altri sia al fronte che nelle retrovie. Essi desi­derano ardentemente una cosa sola: che si cessi di parlare della fusione, affinchè questa fusione divenga al più presto una realtà. Tuttavia questa tendenza all'unità, che vive nelle mas­se effettivamente rivoluzionarie del nostro paese, possiede an­che degli avversari che devono essere smascherati.

Ogni divergenza tra socialisti e comunisti nell'apprezza­mento dei problemi fondamentali della guerra e della rivolu­zione è quasi completamente scomparsa. Una discussione ap­profondita di tutti i problemi ideologici dovrebbe portare ra­pidamente all'elaborazione di un comune programma, sulla cui base realizzare la fusione dei due Partiti.

Ma insieme alla volontà della maggioranza dei membri del Partito Socialista di realizzare la fusione, si odono delle voci contrarie proprio in quel settore da cui meno ci si po­trebbe aspettare di udirle. Si tratta di alcuni elementi, che si autoproclamano di estrema sinistra, i quali erano favorevoli alla fusione, quando questo problema veniva posto in astratto. Ora, invece, che si tratta di realizzare l'unità in una forma concreta e pratica, essi trovano pretesti di ogni genere e intri­gano al fine di creare degli ostacoli tra comunisti e socialisti, per trattenere e frenare il processo di fusione dei due Partiti.

Questi elementi, fedeli alla scuola di tutti i rivoluzionari a parole, trovano formule «ultra-rivoluzionarie», per mante­nere la propria influenza tra gli operai, ma sabotano tutto ciò che costituisce qualcosa di effettivamente rivoluzionario del movimento operaio e precisamente l'unità. Essi hanno la sfac­ciataggine di biasimarci perchè noi abbiamo stabilito dei rapporti cordiali con la Direzione del Partito Socialista, e con coloro che questi «estremi sinistri», chiamano «centristi». Bisogna ricordare che sono i fatti e non le parole a determi­nare il carattere degli uomini e delle organizzazioni. Ora, oggi in Ispagna sono rivoluzionari coloro che desiderano l'unità, mentre coloro che la sabotano, anche se si proclamano inutil­mente sinistri, fanno il gioco della controrivoluzione.

Data l'esistenza di diverse correnti nell'interno del Parti­to Socialista, è possibile che anche in un altro dei suoi settori si troverà gente che nel momento decisivo della fusione, ci metterà dei bastoni fra le ruote. Finora, a dir la verità, non abbiamo delle prove per pensarlo. Ma se accadrà, se avremo queste prove, chiunque sia la persona che si opporrà alla fu­sione, noi la smaschereremo senza pietà davanti al proleta­riato.

Alcuni di questi «ultra sinistri», di questi «capi» so­cialisti e sindacalisti hanno fatto votare delle risoluzioni, in cui dichiarano di non poter militare nelle stesse file con i co­munisti. Ecco dei «compagni» eroici ed arcirivoluzionari! Non sarebbe forse meglio per la causa della guerra e della rivolu­zione se essi dichiarassero di non poter militare nelle file fa­sciste e se molti di essi occupassero quei posti che, data la loro età, dovrebbero occupare al fronte, dove si combatte la vera lotta contro la reazione e contro il fascismo? Non sarebbe molto più nobile da parte loro se essi usassero nella lotta con­tro il nemico del popolo, della repubblica e della rivoluzione quell'energia che oggi spendono nei loro attacchi contro il P.C.S. e l'unità dei lavoratori e del popolo? È evidente che ciò sarebbe molto più utile per la causa che noi difendiamo. Se essi facessero ciò, sarebbero veramente dei rivoluzionari, ma, purtroppo, essi non lo sono. Per questi uomini la lotta non è lotta nelle trincee, al fronte. Per essi «lotta » significa lottare nelle retrovie contro il Partito Comunista, che non permette loro di dormire sonni tranquilli.

Quanto aveva ragione il nostro Giorgio Dimitrov, dichiarando che per certi capi reazionari dei Partiti Socialisti, per quanto in Ispagna, dico io, si tratti di «capi» tra virgolette, «il nemico principale non è il fascismo, ma il Comunismo».

E siccome questi meschini non trovano una base per la lo­ro azione dannosa tra le masse effettivamente rivoluzionarie del Partito socialista, essi incominciano ad avere dei dubbi e a discutere se il compito di guidare e di indirizzare la rivolu­zione appartenga al Partito del proletariato oppure ai Sinda­cati. In tal modo in questa ala «sinistra», come giustamente scrive «Claridad», sorge il tipo sindacalisteggiante, che fa og­gi il gioco dei nemici del marxismo. Ecco dove li portano la disperazione e l'odio per il Comunismo.

Ma oltre a questi nemici dell'unità ne esistono altri, an­cora più pericolosi, i troskisti. I nemici più pericolosi del pro­letariato, della libertà e della democrazia non sono coloro che gli operai vedono dall'altra parte delle barricate. I nemici più pericolosi sono quelli che con argomenti capziosi, e difen­dendo in pratica un'opera infame, creano abissi, diverbi e contraddizioni tra gli stessi operai, affermando che è impossi­bile raggiungere l'unità del proletariato data l'esistenza nelle sue file di tendenze, teorie e tattiche diverse. Questi uomini possono recare un grande danno alla causa che oggi difende con tanto eroismo il popolo spagnolo.

Questi nemici acerrimi del proletariato e della rivoluzio­ne si sono venduti anima e corpo al fascismo, essi creano con­fusione tra gli operai i quali, non avendo una chiara coscienza di classe e la necessaria educazione politica, si prestano alle frasi vuote, demagogiche e «ultrarivoluzionarie», non scor­gendo la strada controrivoluzionaria che queste frasi aprono davanti a loro.

L'ostilità che i troskisti dimostrano al Fronte Popolare in nome di un superiore «spirito rivoluzionario», i loro siste­matici attacchi contro l'unità delle forze antifasciste (essi però non rifiutano di sfruttare al massimo i vantaggi offerti alle masse popolari dal Fronte Popolare), l'organizza­zione della criminale rivolta in Catalogna in uno dei momenti più critici del fronte, gli atti di spionaggio in favore di Franco, scoperti dal Governo, e che presto saranno pubblicati, come dimostra­zioni eloquenti di ciò che si nasconde dietro alla facciata: vi si nasconde il fascismo.

Trovandosi al servizio del fascismo, il troskismo cerca con ogni mezzo di impedire l'unione delle forze proletarie, l'unio­ne dei due Partiti. Perfino nelle file dello stesso Partito Socia­lista, il troskismo alimenta ideologicamente accaniti nemici della unità proletaria, nemici che devono essere smascherati e messi alla gogna, affinchè le masse, che vogliono l'unità, sap­piano chi difende effettivamente i loro interessi e chi, diret­tamente o indirettamente, difende gli interessi dei loro ne­mici.

Tuttavia, se i nemici dell'unità sono molti, molti sono an­che gli amici, e i buoni amici. Per la fortuna della nostra ri­voluzione, e per la vergogna degli pseudosinistri, degli pseudo­capi, i nemici dell'unità nelle file del Partito Socialista per­dono ogni giorno qualcosa della loro influenza. E con ogni giorno il loro numero, nell'ala sinistra del Partito Socialista, diminuisce. Vi sono dei socialisti i quali lavorando onesta­mente in questo movimento, hanno saputo afferrare e solle­vare la bandiera dell'unità, che altri avevano abbandonato. Tra questi fautori dell'unità tiene il primo posto Alvarez Del Vayo. Il compagno Alvarez Del Vayo lotta infaticabilmente per la unione dei due Partiti. Egli mette al disopra di tutto gli interessi del proletariato e della rivoluzione, dichiarando che «l'unità è la prima legge del momento attuale». Aiutano il compagno del Vayo nella sua lotta alcuni dei migliori com­battenti del movimento sindacale e del Partito Socialista. Il giornale «Claridad», dopo alcune deviazioni, imposte dal di fuori, è tornato nuovamente alla sua tradizione unitaria e ri­voluzionaria, scagliandosi contro il nemico dell'unità.

Vediamo ora in linee generali su che principi e su che base deve fondarsi il potente partito unico del proletariato spagnolo, su che cosa si devono basare le azioni di un partito unico, per vincere la guerra e la rivoluzione.

Io penso di esprimere anche il punto di vista dei compa­gni socialisti, fautori dell'unità, dichiarando subito in modo categorico che il partito unico deve trovare la sua base teorica nel materialismo dialettico di Marx ed Engels, arricchito dal­l'apporto teorico di Lenin e di Stalin. Appunto su questa ba­se deve essere costruito il partito unico, che si propone la lotta contro il fascismo.

Questo partito unico saprà adempiere al suo ruolo di gui­da della rivoluzione soltanto nel caso che lo scheletro della sua costruzione sia dato dal principio del centralismo demo­cratico e che le sue decisioni siano obbligatorie per tutti i membri del Partito. Noi supponiamo che nessuno di quelli che oggi desiderano effettivamente l'unità del proletariato, che desiderano un partito unico conseguentemente rivoluzionario, possa opporsi a questa base marxisticamente solida.

Noi siamo fautori della libertà nel senso lato di questo termine, ma della libertà per coloro che insieme a noi lottano per il trionfo della causa antifascista.

Noi lottiamo per una Repubblica parlamentare e demo­cratica di tipo nuovo, in cui tutti i popoli della Spagna po­tranno godere di una larga libertà e del diritto di decidere il proprio destino. Per la difesa di questa Repubblica noi siamo disposti a sacrificare tutto, anche l'ultima goccia di sangue. Ma come comunisti noi non rinunciamo al nostro desiderio di ottenere, a suo tempo, la vittoria del Socialismo e non soltanto in Ispagna ma in tutto il mondo.

Noi siamo marxisti, leninisti, staliniani, e perciò noi adat­tiamo la nostra teoria alle possibilità rivoluzionarie di ogni momento, pur senza rinunciare al nostro fine ultimo.

La nostra parola d'ordine è una repubblica parlamentare democratica di tipo nuovo perchè essa coincide con l'attuale tappa di sviluppo della nostra rivoluzione e con le condizioni del nostro paese, perchè nella lotta contro la reazione, contro il fascismo interno ed estero, sono interessati non soltanto i comunisti, ma anche i socialisti, gli anarchici, i repubblicani e tutti i ceti della democrazia piccolo borghese.

Noi crediamo fermamente che, dopo aver battuto definiti­vamente la reazione del fascismo, dopo aver represso la rivol­ta militare fascista e dopo aver cacciato dal nostro territorio gli interventisti, noi sapremo costruire, insieme con tutti quel­li che oggi lottano con noi, la Spagna della libertà e del be­nessere.

Per realizzare quest'opera grandiosa veramente rivoluzio­naria, noi siamo pronti a camminare insieme a tutti coloro che desiderano accompagnarci su questo cammino. Se qualcuno ri­marrà indietro, indugiandosi a una delle innumerevoli svolte che ci toccherà incontrare, tanto peggio per lui. Il proletaria­to, lottando per la propria liberazione, lotta per la causa di tutta l'umanità. È questo un assioma marxista che noi sempre ricordiamo.

Simili alle oche capitoline, i socialisti «ultra sinistri» oppure gli elementi anarchici incontrollati, possono conti­nuare a starnazzare, avvertendo i propri amici degli «errori» del Partito Comunista.

Il Partito Comunista è un partito conseguentemente rivo­luzionario, che sa dove è diretto, che cosa desidera, e come deve fare per raggiungere ciò che desidera.

Noi pensiamo che il partito unico del proletariato debba basarsi sul principio del centralismo democratico. Questa no­stra opinione deriva dalla esperienza vittoriosa del Partito bolscevico, dall'insegnamento di Lenin e di Stalin, da quello della Internazionale Comunista, erede diretta delle tradizio­ni rivoluzionarie del Movimento Internazionale Operaio.

Noi siamo per la democrazia proletaria, siamo per la li­bera discussione di tutti i problemi nell'interno del nostro Partito. Ma un partito rivoluzionario, che non vuole essere le­gato mani e piedi al momento dell'azione, non può essere un circolo per discutere. Tutti i problemi vengono discussi, espressi tutti i punti di vista, ma quando si è presa una deci­sione, essa deve essere obbligatoria per tutti. Nel nostro Par­tito, nel partito unico che noi vogliamo creare, tutti, dal gre­gario della cellula, fino al membro del Comitato Centrale, han­no diritto di esporre la propria opinione, di esprimere il pro­prio punto di vista e di proporre che questi punti di vista sia­no discussi ed eventualmente approvati, ma, ripeto, quando una decisione sia stata presa, essa deve essere fermamente rea­lizzata da tutti gli organi e da tutti i membri del Partito.

Alcuni compagni socialisti pensano che la nostra discipli­na sia una disciplina da caserma. Tutti obbediscono passiva­mente, senza avere il diritto di discutere. Nulla è tanto con­trario alla realtà, come questa affermazione. Ciò che esiste nel nostro Partito, e che noi vorremmo esistesse nel partito unico del proletariato, è una disciplina cosciente, basata sullo studio dei problemi, sull'analisi concreta delle situazioni, affinchè sia possibile adattare la nostra tattica alle condizioni concrete di ogni particolare situazione, senza chiudersi entro canoni dogmatici, meccanici e sterili.

È certo che l'errore di molti partiti e di molte organizza­zioni consiste nell'espressione di sonore formule rivoluzionarie che non obbligano nessuno a niente.

I nostri nemici non temono questa «verbosità rivoluzio­naria». Noi vogliamo che il partito del proletariato abbia una linea rivoluzionaria costruttiva, alla cui realizzazione tutti i membri devono dedicare la propria attività e la propria ener­gia, formando un tutto unico e monolitico.

Il partito unico del proletariato deve usare il metodo le­ninista, staliniano dell'autocritica.

Chi desidera effettivamente difendere gli interessi del pro­letariato, non deve astenersi dall'autocritica, unico mezzo per correggere i propri sbagli. Ma non si tratta, dopo aver fatto uno sbaglio, di battersi il petto e di ripetere subito dopo lo stesso sbaglio. I membri del Partito devono usare il loro di­ritto di criticare profondamente tutti gli sbagli e tutte le azioni sbagliate, per criticare anche se stessi davanti al Partito e a tutta la massa operaia, di cui il Partito è parte inseparabile. Soltanto così, il Partito avrà la possibilità di correggere i pro­pri errori, di migliorare sistematicamente la propria posizio­ne, di diventare più forte e più compatto.

È del tutto evidente che per avere una disciplina di ferro occorre l'unità ideologica del Partito. Senza una tale unità ideologica, che porta a sua volta alla disciplina cosciente e allo sviluppo del Partito, ci sarà sempre il pericolo che nel­l'interno del Partito compaiano linee politiche differenti, tat­tiche differenti, cioè precisamente quanto accadeva e accade nel Partito Socialista, dove ogni gruppo interpreta la tattica e la politica del Partito a suo proprio modo. E certe volte os­serviamo lo strano fenomeno che un giornale socialista, a Va­lencia, tenga una linea diversa da quella dell'organo sociali­sta di Madrid. Così, mentre un giornale è favorevole all'unità, un altro cerca di dividere il movimento operaio.

Gli organi dirigenti di quel partito unico che noi voglia­mo, dagli organi di base fino alla direzione nazionale, devono essere eletti democraticamente, alle assemblee generali, alle conferenze e ai congressi; essi devono rendere periodicamen­te conto della loro attività davanti alla massa dei membri.

Tuttavia non si deve dimenticare che gli organi dirigenti sono i massimi organi del Partito e che le loro decisioni de­vono essere obbligatorie per tutti i membri. La direzione cen­trale del Partito deve guidare tutto il Partito nel suo com­plesso. Il gruppo parlamentare, i ministri, la stampa del Par­tito e tutti, tutti indistintamente, dall'importante funzionario fino al gregario, devono eseguirne e realizzarne le decisioni. I ministri, i deputati, i giornalisti, gli oratori, i gregari, sono tutti membri di un unico partito; ovunque essi si trovino, essi devono difendere e realizzare una stessa politica.

Noi dobbiamo basarci sulla teoria di Marx ed Engels, noi dobbiamo seguire le indicazioni di Lenin e Stalin, i quali sono i continuatori del loro insegnamento, i quali hanno saputo trasformare in realtà la teoria di Marx ed Engels. Noi sia­mo dei leninisti, perchè Lenin, come ha detto Stalin, «è stato il discepolo più fedele e conseguente di Marx-Engels, discepo­lo che si è appoggiato completamente ai principi del marxi­smo» [2]

Noi siamo degli staliniani, perchè la teoria di Marx, En­gels e Lenin è stata arricchita da Stalin, il quale insegna a noi comunisti come resistere con fermezza anche nelle situa­zioni più difficili, con una tenacia incrollabile nella lotta e nel lavoro, come esseri implacabili contro i nemici di classe e contro i rinnegati della rivoluzione, senza temere le difficoltà, distinguendo chiaramente gli amici dell'unità dai nemici, an­che se questi indossano talvolta la toga dell'amicizia. Il com­pagno Stalin ci insegna pure ad unire la teoria alla pratica:
«...la teoria diventa astratta se non è legata alla pratica rivoluzionaria, allo stesso modo che la pratica diventa cieca, se la teoria non rischiara la strada della rivoluzione» [3].

Appoggiandosi a questa grande verità, il compagno Sta­lin, seguendo la traccia dei grandi teorici del Socialismo, ha saputo rafforzare tutte le conquiste socialiste con una magni­fica costituzione, in cui viene proclamato il diritto di tutti i lavoratori al lavoro e al benessere, con una costituzione che mostra ai lavoratori quale sia la sostanza di una vera demo­crazia e quali siano le strade che vi conducono.

Essere discepolo di Stalin, condurre una politica stalinia­na è un onore per ogni proletario, per ogni rivoluzionario, che vuol essere fedele difensore degli interessi della classe operaia.


Dopo aver delineato a larghi tratti il programma d'azione, i principi teorici, la struttura e le forme organizzative su cui deve basarsi il partito unico del proletariato, per la creazione del quale esistono oggi tutte le condizioni necessarie, parlerò ora in breve del modo pratico di affrontare il problema della fusione del Partito Socialista con il Partito Comunista. Per fortuna, l'unione tra i due Partiti, nonostante le manovre in­fami dei nemici dell'unità, diventa ogni giorno più stretta e più cordiale, cosa che rende molto più facile il compito della fusione. Esiste già un Comitato di collegamento tra le due Di­rezioni. Nei centri provinciali e nelle organizzazioni di base dei due Partiti, sono stati pure creati molti Comitati di collegamento e da essi ogni giorno noi riceviamo le testimonianze del reciproco desiderio di passare dall'unità d'azione alla fu­sione, alla formazione di un partito unico del proletariato. I Comitati di collegamento esistono e funzionano già in molte città e in molti villaggi.

Da molti posti riceviamo notizie del fatto che le organiz­zazioni di base vogliono realizzare l'unità al più presto.

Nessuno deve temere che la fusione possa allontanare de­terminate persone da determinate cariche di responsabilità. Al contrario, la formazione di un Partito unico richiederà non soltanto la collaborazione di tutti i dirigenti onesti e capaci, ma richiederà pure, oggi per la vittoria e per il rafforzamento delle conquiste della rivoluzione, domani per la rinascita del­la Spagna e per la costruzione di una società nuova, molte mi­gliaia di lavoratori dirigenti, in possesso di una esperienza di lotte e di lavoro indipendentemente dal fatto di appartenere ad un partito.

In vista di ciò, comunisti e socialisti devono prendere con­tatto anche con quegli anarchici che sono disposti a prendere parte alla politica del Fronte Popolare e prendere anche in considerazione un loro eventuale ingresso nel nuovo Partito, in cui, come ho già detto, devono raccogliersi i migliori rap­presentanti della classe operaia spagnola.

Dobbiamo rimboccarci le maniche e lavorare a tutto spia­no per la creazione di un nuovo partito il quale, sulla base dell'insegnamento di Marx, Engels, Lenin e Stalin, sia guida del proletariato e di tutte le masse lavoratrici nella costru­zione di una Spagna nuova.

Più in alto che mai la bandiera dell'unità! Il nostro Par­tito, che ha sempre tenuta alta questa bandiera, oggi lo desi­dera più che mai. Noi vogliamo realizzare e realizzeremo l'u­nità delle forze di avanguardia del proletariato in un partito unico; noi vogliamo rafforzare l'unità d'azione tra le organiz­zazioni sindacali, per fondere al più presto i due centri sin­dacali [4]. 'Noi vogliamo l'unione politica delle forze piccolo-borghesi, per realizzare l'unità d'azione di queste forze. Noi vogliamo che l'unità di tutto il popolo spagnolo, di tutti co­loro che lottano contro la reazione e contro il fascismo, per una Spagna nuova, diventi ogni giorno più profonda. Ciò per vincere la guerra, per rafforzare le conquiste della rivoluzio­ne, per costruire insieme la Spagna della pace, del lavoro, della libertà.


Note


[1] Il Partito Socialista Unificato Catalano (P.S.U.C.) si era costi­tuito nel luglio 1936 dalla fusione di quattro partiti operai della Catalogna, esso aveva dato la sua adesione alla Terza Internazionale.
[2] Stalin «Conversazione con la prima Delegazione operaia ameri­cana» da «I problemi del leninismo».
[3] Stalin: I principi del leninismo, da «I problemi del leninismo».
[4] In Spagna esistono due centrali sindacali: la U.G.T. (Unione Ge­nerale Operaia diretta da socialisti e comunisti) e la C.N.L. (Confedera­zione Nazionale del Lavoro diretta dagli anarchici).