Il VII Congresso

Dall'opera di V.M Lejbzov e K.K. Širinja, Il VII Congresso dell'Internazionale comunista, Editori Riuniti, marzo 1975 riportiamo le pagine 85-89 che inquadrano i lavori del Congresso


Il VII Congresso dell'Internazionale comunista cominciò il 25 luglio 1935 a Mosca e si protrasse per quasi un mese, chiudendosi nella notte del 21 agosto. Vi presero parte 510 delegati: 371 con voto deliberativo e 139 con voto consultivo.

Al congresso precedente, il VI, erano state rappresentate 62 se­zioni, tra cui i partiti di 57 paesi. I delegati del VII Congresso rappresentavano 65 partiti comunisti di diversi paesi, nonché le organiz­zazioni internazionali esistenti a titolo di sezioni dell'Internazionale comunista.

All'epoca del VII Congresso, il Comintern raggruppava 76 sezioni, di cui 19 partiti a titolo di organizzazioni simpatizzanti.

Nei sette anni che avevano separato il VII Congresso da quello precedente era cresciuto il numero dei comunisti nel mondo. Nei paesi capitalistici gli iscritti erano passati da 445.300 a 785.500. Si era pure rafforzata la gioventù comunista, i cui iscritti erano aumentati da 127.300 a 221.100. I partiti comunisti avevano aumentato i loro iscritti in molti paesi. Il PCF da 30.000 iscritti nel 1931 era passato a 53.000 nel primo trimestre del 1935. All'inizio di giugno 1935 la segreteria del PCF aveva consegnato 71.000 tessere. Nello stesso periodo la gioventù comunista francese aveva triplicato il numero dei suoi iscritti. Il Partito comunista spagnolo, che contava 800 iscritti nel 1931, ne aveva 19.200 alla data del VII Congresso. Il Partito comunista cecoslovacco, il quale dopo la profonda crisi interna era sceso a 25.000 iscritti all'inizio degli anni trenta, si era consolidato rapidamente e contava nuovamente 50.000 membri. Dal 1° gennaio al luglio 1935 si erano iscritte al partito 13.000 persone. Il Partito comunista cinese, prima della quinta offensiva del Kuomintang contro le basi rivoluzionarie, nell'ottobre 1933, contava circa 300 mila tes­serati.

I partiti comunisti lottavano nelle difficili condizioni dell'offensiva imperialista. Mentre alla data del VI Congresso 35 sezioni del Comintern su 62 agivano legalmente e 27 erano illegali, al momento del VII Congresso soltanto 22 sezioni, di cui 11 in Europa, potevano svolge­re la loro attività nella legalità e semilegalità, e 45 sezioni erano costrette a lavorare nella più dura clandestinità e nel terrore più profondo. I colpi più duri erano stati inferti dal fascismo al Partito comunista tedesco. Nel 1932 la KPD era nel mondo capitalista il partito comunista numericamente più forte con 300.000 iscritti. Il terrore e le persecu­zioni più spietate fecero sì che in due anni di dittatura fascista gli iscritti si riducessero a 60.000.

Ma nonostante questi colpi il movimento comunista internazionale continuava a crescere e a consolidarsi. Nelle sue file si erano formati uomini politici preparati e dirigenti temprati, noti in tutto il mondo.

«In questi sette anni - si notava nella relazione dell'EIC - il mondo ha potuto convincersi del coraggio e dello spirito di abnega­zione dei quadri dell'Internazionale comunista, della loro illimitata fe­deltà alla causa della lotta per l'emancipazione di tutti gli sfruttati e di tutti gli oppressi.»

Esempi eloquenti del coraggio e della fermezza di questi uomini erano state le requisitorie pronunciate da G. Dimitrov al processo di Lipsia, da Antikainen davanti al tribunale finlandese, da Fiete Schulze in Germania e di molti altri.

Tra i delegati al congresso [con voto deliberativo, NdR] 214 il 55%, erano operai, [sul totale, NdR] 330 (66%) erano venuti direttamente al partito, mentre gli altri prove­nivano dai partiti socialdemocratici (29,4%), da organizzazioni anarco-sindacaliste (2%), dal Kuomintang e da altri partiti (2,6%).

La composizione degli iscritti venuti dagli altri partiti, rispetto a quelli che avevano partecipato ai primi congressi del Comintern, rispecchiava anch'essa i grandi mutamenti avvenuti. Dei 147 delegati ex socialdemocratici la maggioranza erano giovani delusi dallo spirito di conciliazione dei riformisti, desiderosi di svolgere un'attività combat­tiva e rivoluzionaria; solo 69 di essi erano stati in quei partiti per oltre cinque anni. Nel CC del Partito comunista austriaco, ad esem­pio, il 50% dei membri del CC era costituito da ex schutzbundisti, staccatisi dai socialdemocratici durante le lotte di febbraio 1934.

Il congresso ammise nell'Internazionale, a titolo di sezioni, i parti­ti comunisti dell'Indocina, delle Filippine, del Perù, della Colombia, di Portorico, di Costarica, del Venezuela e incaricò l'Esecutivo del Comintern di esaminare la richiesta di ammissione, dopo ricezione di documenti aggiuntivi, dei partiti comunisti di Panama, dell'Ecuador, di Cipro, nonché quella di separazione dal Partito comunista francese dei partiti comunisti dell'Algeria e del Marocco.

Il movimento comunista si stava rafforzando e il VII Congresso era chiamato a dargli un nuovo orientamento nelle complesse condizioni del pericolo fascista e della minaccia di guerra.

L'ordine del giorno del congresso prevedeva: il rapporto di attività del Comitato esecutivo del Comintern, relatore W. Pieck e la relazione della Commissione di controllo internazionale, relatore A. Angaretis. Al centro del dibattito del congresso vi era il rapporto di G. Dimitrov L'offensiva del fascismo e i compiti dell'Internazionale comunista nella lotta per l'unità della classe operaia contro il fascismo. Una grande attenzione fu dedicata al rapporto di Ercoli (P. Togliatti), La prepara­zione di una nuova guerra mondiale da parte degli imperialisti e i compiti dell'Internazionale comunista.

Inoltre D. Manuilskij tenne al congresso il rapporto su La vittoria del socialismo nell'URSS e la sua portata storica mondiale, in cui tracciava un grandioso quadro delle trasformazioni nell'URSS, che ne facevano un esempio vivente per i lavoratori di tutti i paesi, una forza decisiva che si contrapponeva alla reazione imperialista nel mondo.

A suo tempo Lenin, parlando della strategia della rivoluzione mondiale, aveva concentrato la sua attenzione su un problema molto importante e cioè su quello che doveva riuscire a realizzare l'Unione Sovietica «sino al prossimo conflitto armato con l'imperialismo». «Bisogna che faccia a tempo a diventare civile» e occorre, senza risparmiare le forze, far inforcare al paese «il cavallo della grande industria mecca­nica, della elettrificazione...». «La nostra speranza è questa e soltanto questa.»

Al VII Congresso il Partito comunista dell'Unione Sovietica presentò una relazione sui risultati dell'edificazione socialista nell'URSS, esponendo davanti al proletariato mondiale quanto era già stato fatto e quanto si faceva per «civilizzare» il paese del socialismo, per tra­sformarlo in una potenza industriale, in un invincibile baluardo della rivoluzione socialista mondiale. I delegati accolsero con applausi frago­rosi la affermazione di Manuilskij, secondo la quale il giovane paese socialista, per volontà del partito, si pone al servizio degli interessi della rivoluzione proletaria mondiale e «rende conto ai lavoratori di tutto il mondo del modo in cui ha adempiuto al suo dovere interna­zionale».

Negli interventi di una serie di delegati si sottolineò che la vittoria del socialismo nell'URSS, dell'industrializzazione socialista sarebbe stata fonte di profonda influenza del socialismo su tutto l'ulte­riore corso della storia. Questa vittoria infondeva nelle masse lavoratrici la fiducia nelle proprie forze. Godendo dell'appoggio dell'URSS, i lavoratori potevano avere più peso sul corso degli avvenimenti, lottare con maggior successo contro l'offensiva del fascismo, contro la reazione imperialista e contro la guerra.

La risoluzione del congresso, riflettendo questi concetti, affermava: «Con la vittoria del socialismo l'URSS è diventata una potente forza politica e statale, economica e culturale, che esercita la sua azione sulla politica mondiale, è diventata centro di attrazione e di coesione di tutti i popoli, i paesi e gli Stati interessati alla pace nel mondo, il baluardo dei lavoratori di tutto il mondo contro il pericolo di guerra, un possente strumento per l'unità dei lavoratori di tutto il mondo contro la reazione mondiale». La risoluzione chiamava la vittoria del socialismo in URSS l'inizio di «una nuova fase dello sviluppo della rivoluzione proletaria mondiale».

Prevedendo che nel futuro scontro con il fascismo e la reazione imperialista lo sforzo massimo sarebbe stato sopportato dall'URSS, il congresso chiamava i comunisti, il proletariato mondiale, tutte le forze antimperialiste e democratiche «a contribuire al consolidamento dell'URSS, a lottare contro i suoi nemici», a concorrere alla sua vittoria.

La relazione di Manuilskij fu letta alla fine del congresso; eppure la discussione di tutti i problemi fu permeata da un senso di sicurezza per le vittorie conseguite dal socialismo. Al mondo capitalista con le sue crisi, la disoccupazione, l'oppressione dei lavoratori, si contrappo­neva l'esempio reale di una società socialista che aveva raggiunto enormi successi sociali ed economici.

Nella seduta serale del 5 agosto i delegati al congresso ascoltarono la relazione di Manuilskij sul tema Engels nella lotta per il marxismo rivoluzionario, dedicata al 40° anniversario della morte di Engels, la quale mostrava che le idee creative del congresso erano il retaggio del patrimonio teorico dei classici del marxismo.

«Sbaglia chi pensa - affermava Manuilskij - che la rivoluzione deve svilupparsi seguendo una linea retta, una traiettoria come quella di una freccia lanciata da un arco, che nel processo di maturazione non vi saranno intoppi, interruzioni, ripiegamenti. Sbaglia chi crede che la tattica di un partito rivoluzionario deve costruirsi non sul rappor­to di forze esistente, ma su quello che vorremmo ci fosse. Sbaglia chi crede che per un partito proletario, sia nel corso della preparazione della rivoluzione, sia nel corso stesso del suo sviluppo, basti appoggiarsi sulle forze di avanguardia e non sulla maggioranza della classe operaia. Sbaglia chi crede che un partito del proletariato, ignorando le altre forze di classe, senza tentare di far passare dalla parte della rivoluzione, almeno temporaneamente, le classi tentennanti, crei in tal modo una situazione di "classe contro classe". Sbaglia chi crede che si possa preparare ed attuare una rivoluzione senza mettere a profitto le con­traddizioni nel campo nemico, senza compromessi parziali o temporanei con le altre classi e gruppi che si avvicinano alle idee rivoluzionarie, e con le loro organizzazioni politiche. Marx, Engels e Lenin non hanno mai preteso di poter anticipare l'esatta via che seguirà la rivoluzione socialista, di poter indicare con esattezza le sue norme tattiche, di dare una risposta a problemi che ai tempi loro non erano risolvibili.»

Il VII Congresso ha dato una risposta ai problemi posti dalla realtà e le parole di Lenin, riportate nell'intervento di Manuilskij, secondo le quali Engels come politico della classe operaia si distingue per «una profondissima comprensione dei fini rinnovatori fondamentali del proletariato e determina in modo straordinariamente flessibile i correlativi compiti della tattica, dal punto di vista di quei fini rivolu­zionari e senza fare la minima concessione all'opportunismo e alla frase rivoluzionaria», possono essere considerate come una sorta di epigrafe di tutta l'attività del VII Congresso dell'Internazionale comunista.