Pietro Secchia

Il viaggio a Mosca
13-20 dicembre 1947

Dal Promemoria di Secchia, dicembre 1947, Archivio Pietro Secchia, op. cit. p.211



  Mio viaggio a Mosca. Colloqui con Andrea [1], argomento: situazione internazio­nale e italiana; prossime elezioni, questione di Trieste; trattato di pace. Avanzai la richiesta di un gesto amichevole verso l'Italia: rinunciare alla richiesta di conse­gna della flotta italiana, secondo le condizioni di pace.

   Mi rispose che non facevano politica americana alla rovescia, comunque si sa­rebbe esaminato. Mi disse che era dolente di aver dovuto fare alla conferenza di Varsavia delle critiche al nostro partito, ma che era stato necessario farle perché noi conducevamo una politica fiacca, di capitolazione, avevamo delle illusioni par­lamentari. Era lieto che le avessimo sinceramente accettate e che le lotte si svi­luppassero con maggior slancio. Mi disse che Malenkov si era incontrato con Pie­tro Zucca e che aveva ricevuto di lui una forte impressione. Ne era divertito e in un certo senso sfotteva Malenkov che era rimasto impressionato dalla personali­tà di Pietro. [2]"

   Conversando mi chiese come io giudicavo la situazione politica italiana. Gli dissi quello che pensavo. Mi chiese se sarei stato disposto a mettere per iscritto quelle mie opinioni. Risposi di sì.

   Dopo alcune sere, il 16 dicembre, ebbi una riunione con Giuseppe, Viencesl, An­drea, Gregorio, Laurent. [3] Avevano letto quanto io pensavo sulla situazione. Giusep­pe mi disse: voi la vostra situazione certo la conoscete meglio di me e siete voi che avete gli elementi per giudicare. Non espresse un'opinione, meglio, su un solo punto si espresse, naturalmente sempre con riserva (vedi copia della mia analisi in archivio). [4]"

   Ritornai in aereo attraverso la Jugoslavia. Avrei dovuto incontrarmi con Tito. Non c'era perché era in viaggio, mi sembra in Bulgaria. Mi incontrai con Kardelj e fui suo ospite.

   Mi fermai due o tre giorni ed ebbi conversazioni con i dirigenti del partito co­munista jugoslavo. Feci al loro ufficio politico, su loro richiesta, una esposizione sulla situazione politica italiana e sul lavoro del nostro partito. Loro mi infor­marono del loro.

   Mentre parlavo, alla mia affermazione (fatta del tutto ingenuamente, senza al­cun secondo fine) che loro avevano avuto la fortuna di essere liberati dalle armate sovietiche, Djilas mi interruppe bruscamente: macché armate sovietiche. Kardelj gli tirò la giubba. Quest'interruzione, che io avevo compreso anche se fatta non ad alta voce e nella sua lingua, mi aveva colpito, ma non ci riflettei. Alcuni mesi dopo, quando i dissensi con l'URSS scoppiarono apertamente, allora naturalmente quel­l'episodio mi divenne molto chiaro.


Note

[1] Zdanov
[2] Allude a Pietro Nenni.
[3] Nell'ordine Stalin, Molotov, Zdanov, probabilmente l'armeno Grigorian citato anche altrove, Beria.
[4] Si tratta del documento che abbiamo riprodotto [qui]. Il punto su cui Stalin si esprime è esplicitato nel resoconto ripreso da Secchia nel 1958, [qui], oltre che nella nota di Enzo Collotti [qui]. (NdR)