La lezione di Marx e di Engels

Come si è avviato
il processo di trasformazione sociale
con il socialismo scientifico
e l’Associazione internazionale dei Lavoratori


Si può certamente dire che il processo storico che ha aperto la strada alla trasformazione della società capitalistica è iniziato quando Marx ed Engels hanno posto le basi scientifiche per interpretare le leggi che la governano e le contraddizioni sociali che la attraversano. Da lì si è andato definendo un percorso che oggi va valutato nella sua portata storica, al di fuori di ogni romanticismo rivoluzionario, e misurato invece sugli effetti concreti che ha comportato. Non si tratta ovviamente solo di valutare i risultati, ma anche di andare a una verifica della corrispondenza tra elabora­zione teorica e sviluppo del processo storico.

  Da quel fatidico 1848, quando fu redatto il Manifesto dei comunisti sono passati quasi due secoli, ma la questione del superamento del sistema capitalistico è rimasta all'ordine del giorno. Quello spettro che si aggirava per l'Europa ha allargato i suoi orizzonti ed è divenuto un fattore con caratteristiche mondiali. E’ anche vero però che nel tempo il suo percorso ha subito modifiche e salti dialettici, che ci obbligano a inquadrare la storia del movimento comunista tenendo conto dei fattori oggettivi che ne hanno condizionato lo sviluppo e soprattutto ci costringono a domandarci come sia avanzato finora “il movimento reale che trasforma lo stato di cose presente [1]”. In altri termini: a che punto siamo della trasformazione?

  Ma prima di andare allo specifico e di analizzare quale sia stato il lavoro di Marx ed Engels è bene chiarire che esso non è consistito solo nell’analisi della formazione sociale capitalista e delle leggi che la governano, ma anche nella definizione di una concezione materialista della storia del genere umano che consente di comprendere, insieme al conflitto capitale-lavoro, anche la natura delle strutture e sovrastrutture che si vanno via via definendo nel corso della storia e dello stesso sviluppo del capitalismo. Le due cose, analisi del capitale e concezione materialistica della storia, prendono forma nello stesso procedi­mento scientifico e vanno considerate di pari passo perchè funzio­nano in modo dialettico tra di loro, nel senso che il funzionamento del capitale come sistema e le condizioni storiche della sua riproduzione agiscono contemporaneamente definendo le caratteri­stiche di ogni fase storica e del livello concreto della conflittualità che si sviluppa al suo interno.

  L'errore che i comunisti possono commettere nel definire il loro progetto strategico sta nell’appiattire l'analisi senza stabilire una relazione tra il livello della contraddi­zione capitale-lavoro e il modo storicamente determinato che questa contraddizione assume sul piano più generale, cioè quello politico, sia interno a ogni singolo paese che internazionale. Per comprendere la dinamica dei fatti bisogna invece mettere assieme le varie parti che concorrono alla definizione del socialismo scientifico.

  Per quanto ci riguarda, nel lavoro dell'Associazione Stalin ci siamo occupati finora di guardare il dito, cioè gli avvenimenti che hanno riguardato il movimento comunista a partire dal 1924, ossia dalla morte di Lenin. Adesso però vogliamo cercare anche di inquadrare la luna, dal momento che una lettura limitata e specifica degli avvenimenti non ci permette di capire la direzione e il punto di arrivo odierno del processo di trasformazione della società capitalistica. Rischiamo di essere sopraffatti dalla pletora degli avvenimenti storici senza riuscire a dare alle cose un senso ordinato.

  Qui cercheremo di occuparci del punto di partenza del movimento comunista di cui Marx ed Engels si sono fatti promotori. E’ bene infatti sottolineare subito che Marx ed Engels non furono solo grandi scienziati, ma insieme anche organizzatori del movimento comunista. La loro dottrina infatti era sì il prodotto dell’analisi scientifica delle contraddizioni del nuovo sistema che stava giungendo a maturità, basato sul lavoro come merce e sull'accumulazione del capitale come motore della società, ma essi erano anche anche militanti rivoluzionari e questo li spingeva a ricercare non solo le basi oggettive, ma anche i percorsi che avrebbero consentito di rovesciare il nuovo sistema basato sullo sfruttamento.

  La risposta a questa esigenza è diventata la questione centrale su cui si è imperniata l'elaborazione dei partiti comunisti che hanno condiviso l'indicazione di Marx e di Engels della rivoluzione proletaria per arrivare alla società comunista. Su questo dobbiamo articolare il ragionamento, evitando semplificazioni che possono portare fuori strada coloro che sinceramente ritengono di dover cambiare le cose e liquidare il capitalismo, ma non sono portatori di ipotesi scientificamente fondate. Una cosa infatti è capire le contraddizioni che caratterizzano un determinato sistema sociale, un’altra è andare alla verifica delle condizioni storiche che ne consentono il superamento.

  E' proprio Marx che nella famosa prefazione del 1859 a 'Per la critica dell'economia politica' [2] usa il materialismo storico per definire il passaggio da un sistema sociale a un altro preoccupandosi di mettere in chiaro due aspetti. Il primo: “Non è la coscienza degli uomini che determina il loro essere, ma è, al contrario, il loro essere sociale che determina la loro coscienza… Come non si può giudicare un uomo dall’idea che egli ha di se stesso, così non si può giudicare una simile epoca di sconvolgimento dalla coscienza che essa ha di se stessa” e in secondo luogo: “Una formazione sociale non perisce finchè non si siano sviluppate tutte le forze produttive a cui può dar corso; nuovi e superiori rapporti di produzione non subentrano mai prima che siano maturate in seno alla vecchia società le condizioni materiali della loro esistenza. Ecco perché l’umanità non si propone se non quei problemi che può risolvere”.

  Questi due punti essenziali della riflessione di Marx anticipano di fatto gli stessi problemi che i comunisti si sono trovati di fronte nella crisi del movimento comunista degli anni '90, quando il blocco dei paesi socialisti ha trovato il suo punto di crisi anche nello squilibrio tra la capacità di sviluppo delle forze produttive del sistema mondiale imperialista dominato dagli Stati Uniti e la risposta che sullo stesso terreno potevano dare in quel momento i paesi che avevano socializzato i mezzi di produzione. Affermare questo però non vuol dire, come avviene col modo di pensare del romanticismo politico, che siccome le cose sono andate nel modo che conosciamo bisogna azzerare gli avvenimenti precedenti agli anni '90 o sminuirne il peso. Si tratta invece di vedere come nella dinamica dello sviluppo storico si sono determinati i rapporti di forza tra il sistema capitalistico con la sua espressione imperialista e le forze, anch'esse materiali, che andavano operando per abbat­terlo. Questa dinamica non ha eliminato la natura del conflitto, ma ha modificato tempi e modi di realizzazione di una nuova società.

  Marx dunque, nella sua prefazione a 'Per la critica dell'econo­mia politica', col senno di poi ci fa comprendere come un percorso rivoluzionario, che pure scaturisce dalle contraddizioni in atto in un dato momento, come nel caso della rivoluzione russa o di quella cinese, alla fine debba fare i conti con i tempi e le condizioni di possibilità del processo epocale di passaggio da una formazione sociale a un’altra da lui precisate già nel 1859 e negli approfonditi studi precedenti. Alla luce di queste considerazioni generali bisogna andare oggi a verificare come concretamente si sia sviluppato, già all'epoca di Marx ed Engels, il succitato movimento reale e a che punto sia arrivato questo fondamentale passaggio epocale.

***

Se vogliamo operare una sintesi di ciò che è avvenuto, per quanto riguarda lo sviluppo del movimento comunista, nel periodo che va dagli anni quaranta dell'800 alla morte di Marx, dobbiamo innanzitutto fare un bilancio che da una parte comprende il grande lavoro scientifico compiuto, ma dall'altra implica anche una valutazione concreta dei risultati e delle verifiche fatte, a partire dalla pubblicazione del Manifesto dei comunisti, sul terreno dell'azione politica e rivoluzionaria. Anche qui la questione che si pone è mettere in evidenza il rapporto tra la grande elaborazione dei fondatori del socialismo scientifico e le modalità e la misura in cui questo lavoro ha determinato un cambiamento della situazione dell'epoca.

  Da questo punto di vista, esaminando i fatti, ci accorgiamo che la parte essenziale del lavoro di Marx ed Engels per dar vita al movimento comunista è consistita nel misurarsi col vivo delle contraddizioni rivoluzionarie che interessavano l'Europa già prima della metà del secolo XIX e nel fare i conti con culture e ideologie che impedivano al movimento di muoversi con lucidità teorica per raggiungere i veri obiettivi indicati nel 1848 nel Manifesto dei comunisti. Il lavoro concreto di Marx ed Engels ha riguardato dunque parallelamente sia l'intervento nei momenti rivoluzionari sia lo scontro con le posizioni estranee a una visione scientifica, cioè materialistica del processo storico.


   Come si presentarono dunque i fatti con cui Marx ed Engels dovettero fare i conti nella fase di ascesa del proletariato come classe? E con quali indicazioni essi cercarono di contribuire allo scardinamento di un sistema capitalistico che andava allargandosi e consolidandosi in Europa e anche nel nuovo continente americano.
  A questo proposito riportiamo tre scritti:

  - Rivendicazioni del partito comunista in Germania, [qui], testo elaborato a Parigi nel marzo del 1848, cioè subito dopo la notizia dei moti rivoluzionari in Germania.

  - La rivoluzione di giugno, [qui], articolo pubblicato sulla Nuova Gazzetta Renana n.29 del giugno 1848.

  - Indirizzo del Comitato Centrale alla Lega dei Comunisti [qui], scritto da Marx ed Engels nel marzo 1850 e inviato a tutti gli aderenti alla Lega.

  - A questi tre scritti relativi agli avvenimenti rivoluzionari degli anni cinquanta del 1800 bisogna aggiungere il fondamentale Indirizzo del Consiglio generale dell'Associazione Internazionale dei lavoratori, [qui], sulla Comune di Parigi, redatto da Marx e letto al Consiglio generale dell'Internazionale il 30 maggio 1871.

  Qual è la caratteristica comune di questi scritti? Dalla loro lettura emerge chiaramente l'aspetto essenziale dell'impegno di Marx ed Engels nei momenti salienti dello scontro rivoluzionario in Francia come in Germania dove, seppure la borghesia liberale era ancora attiva nella lotta per affermare la sua egemonia contro i resti dei regimi assolutistici, sulle barricate combattevano anche coloro che erano il prodotto della nuova società capitalistica, gli operai. Come sottolineato già in precedenza, Marx ed Engels non sono stati solo grandi scienziati, ma hanno tentato di capire e appoggiare fin da allora tutti i tentativi che la classe operaia metteva in atto per arrivare a una propria autonomia nei conflitti e soprattutto realizzare i propri programmi.


   Par­tiamo dal primo testo che fu stampato in forma di volantino nel corso dei moti rivoluzionari in Germania nel marzo del 1848. Sono 17 punti che terminano con queste considerazioni finali:

  “E' nell'intenzione del proletariato tedesco, della piccola borghesia e dei piccoli contadini di adoprarsi con tutta l'energia per ottenere la realizzazione delle misure sopra indicate. Soltanto con la loro realizzazione infatti i milioni di uomini che oggi vengono sfruttati in Germania da una piccola minoranza - e che si cercherà di mantenere ulteriormente oppressi - potranno ottenere i loro diritti e quel potere che compete loro quali produttori di tutte le ricchezze” [3].

  A firmare il volantino furono i dirigenti della Lega dei Comunisti: Marx, Engels, Schapper, Bauer, Moll e Wolff. Non si trattava solo di una dichiarazione politica, ma di un programma che veniva definito sul terreno concreto della lotta rivoluzio­naria armata. Era l'inizio di quella lotta proletaria che avrebbe dovuto spezzare le catene della schiavitù del capitale.

  Anche il Manifesto dei Comunisti, scritto nello stesso anno 1848, non era solo una dichiarazione di principi, ma un atto politico che nasceva da uno scontro di classe già in atto e nel contesto delle battaglie dell'epoca definiva le caratteristiche del nuovo passaggio storico. Nel Manifesto si affermava infatti:

  “Allorchè, nel corso dell'evoluzione, le differenze di classe saranno scomparse e tutta la produzione sarà concentrata nelle mani degli individui associati, il pubblico potere perderà il suo carattere politico. In senso proprio il potere politico è il potere di una classe organizzata per l'oppressione di un'altra classe. Se il proletariato, nella sua lotta contro la borghesia, si riunisce necessariamente in classe, attraverso la rivoluzione si impone come classe dominante e, in quanto classe dominante, distrugge violentemente gli antichi rapporti di produzione, esso cancella assieme a quei rapporti anche le condizioni di esistenza dell'antago­ni­smo di classe, cancella le classi in genere, e quindi cancella il proprio dominio come classe. Al posto della vecchia società borghese con le sue classi e i suoi antagonismi di classe subentra un'associazione in cui il libero sviluppo di ciascuno è condizione per il libero sviluppo di tutti” [4].

  Prima ancora dunque che l'organizzazione internazionale proletaria prendesse forma con l'Associazione Internazionale dei Lavoratori, Marx ed Engels si erano preoccupati di definire i termini con cui la nascente forza proletaria che si andava sviluppando nelle viscere della società capitalistica si presentava alla ribalta della storia. Questo avveniva contemporaneamente al compimento della rivoluzione borghese in atto nella prima metà dell'800. Marx ed Engels non hanno aspettato dunque che nascesse una organizzazione internazionale dei lavoratori per agire e dare indicazioni quando in Europa e in particolare in Francia e in Germania si andavano già sviluppando grandi avvenimenti che coinvolgevano i lavoratori come classe. Essi al contrario hanno agito nel contesto di quegli avvenimenti. Tant'è che sempre nel 1848, in occasione dei moti insurrezionali in Francia, sulla Nuova Gazzetta Renana, numero 29 del giugno 1848, Marx pubblica il secondo scritto che vogliamo mettere in evidenza, La rivoluzione di giugno, in cui nel prendere atto della sconfitta subita dal popolo in armi sostiene:

  “I lavoratori di Parigi sono stati sopraffatti da forze superiori, ma non tuttavia distrutti. Sono stati vinti, eppure la vera sconfitta è quella che subiscono i loro avversari. Il prevalere contingente della forza bruta è stato ottenuto con l'annienta­men­to di tutte le illusioni, di tutti i sogni della rivoluzione di febbraio, con la soppressione di tutti i partiti repubblicani, con la divisione del popolo francese in due nazioni: quella dei proprietari e quella dei lavoratori” [5].

  La macchina della rivoluzione proletaria si era dunque messa in moto e la direzione della Lega dei comunisti emigrata a Londra e di cui Marx ed Engels facevano parte emanò nel marzo del 1850 una circolare, destinata in particolare alle sezioni tedesche, in cui si sintetizza la situazione in questo modo:

  “Fratelli! Nei due anni rivoluzionari 1848-1849 la Lega ha fatto buona prova di sé in duplice maniera: in primo luogo perchè i suoi membri sono intervenuti dappertutto energicamente nel movimento; perchè nella stampa, sulle barricate e sui campi di battaglia sono stati sempre al primo posto nelle file della sola classe risolutamente rivoluzionaria, il proletariato. In secondo luogo la Lega ha fatto buona prova di sé perchè la sua concezione del movimento, quale era stata esposta nelle circolari dei congressi e del Comitato Centrale nel 1847 e nel Manifesto comunista, ha mostrato di essere la sola giusta; perchè le aspettative espresse in quei documenti si sono completamente avverate, e la concezione dell'odierno stato della società prima propagata dalla Lega soltanto in segreto, si trova ora sulle labbra di tutti e viene apertamente predicata nelle piazze”. [6]

  Con queste parole Marx fa una fotografia precisa di come si è avviato il processo rivoluzionario all'interno della nuova società del Capitale, mettendo in evidenza che i comunisti sono stati al primo posto nelle battaglie e che questo aveva portato al riconoscimento del loro ruolo nelle piazze. Il comunismo era uscito dalla clandestinità e si accingeva ad essere protagonista della storia.

  Se gli anni cinquanta dell'800 sono stati il fulcro dell'azione del nascente movimento, nondimeno bisogna agganciare a quel periodo la vicenda della Comune di Parigi del 1871, vent’anni dopo. In realtà la Comune rappresenta l'ultimo anello della fase rivoluzionaria del secolo XIX quando Marx nel pieno sviluppo della società borghese aveva verificato la correttezza dell’analisi sulle sue contraddizioni.

  La vita della Comune di Parigi fu breve, non più di una cinquantina di giorni, ma rappresenta un passaggio fondamentale di quel percorso di liberazione che era insito nella parola d'ordine 'proletari di tutto il mondo unitevi'. La Comune infatti non fu solo l'ulteriore conferma della conflittualità nella moderna società borghese, ma nella sua esperienza era già insito quel modello di società che Marx ed Engels andavano definendo nelle loro battaglie teoriche.

  Nel testo dell'Indirizzo del consiglio generale della Associazione Internazionale dei lavoratori steso da Marx nella seconda metà di maggio del 1871 non c'è dunque solo l’esaltazione dell'eroismo e del significato storico della Comune, che comunque rimane una pietra miliare perché, per citare le parole conclusive: “Parigi operaia, con la sua Comune, sarà celebrata in eterno, come l'araldo glorioso di una nuova società. I suoi martiri hanno per urna il grande cuore della classe operaia. I suoi sterminatori, la storia li ha già condannati a quella gogna eterna dalla quale non riusciranno a riscattarli tutte le preghiere dei loro preti” [7]. Oltre a questo riconoscimento dell'eroismo e del carattere dello scontro da un punto di vista di classe, Marx con l'Indirizzo dell'Internazionale trova nella Comune di Parigi la conferma delle ipotesi che erano alla base dell’elaborazione dei comunisti sulle caratteristiche della nuova società. Lo scontro tra borghesia e proletariato aveva fatto la sua apparizione sulla scena, ma a Parigi nel 1871 si era anche definita la prefigurazione dei caratteri della nuova società.

  Scriveva infatti Marx in proposito: “All'alba del 18 marzo, Parigi fu svegliata dal colpo di tuono: Vive la Commune! Che cos'è la Comune, questa sfinge che tanto tormenta lo spirito dei borghesi?
  ‘I proletari di Parigi - diceva il Comitato Centrale nel suo manifesto del 18 marzo - in mezzo alle disfatte e ai tradimenti delle classi dominanti hanno compreso che è suonata l'ora in cui essi debbono salvare la situazione prendendo nelle loro mani la direzione dei pubblici affari… Essi hanno compreso che è loro imperioso dovere e loro diritto assoluto rendersi padroni dei loro propri destini, impossessandosi del potere governativo’ ”.


  Ma la classe operaia, aggiungeva Marx, “non può mettere semplicemente le mani sulla macchina dello Stato bella e pronta, e metterla in movimento per i propri fini”.[8] Per questo egli evidenzia il programma della Comune nel quale si stabiliva che le strutture della nuova organizzazione sociale dovevano essere composte “... di consiglieri municipali eletti a suffragio universale nei diversi mandamenti di Parigi, responsabili e revocabili in qualsiasi momento. La maggioranza dei suoi membri erano naturalmente operai, o rappresentanti riconosciuti della classe operaia”. [9]

  Soprattutto - scrive ancora Marx - “La molteplicità delle interpretazioni che si danno della Comune e la molteplicità degli interessi che nella Comune hanno trovato la loro espressione, mostrano che essa fu una forma politica fondamentalmente espansiva, mentre tutte le precedenti forme di governo erano state unilateralmente repressive. Il suo vero segreto fu questo: che essa fu essenzialmente un governo della classe operaia, il prodotto della lotta della classe dei produttori contro la classe appropriatrice, la forma politica finalmente scoperta, nella quale si poteva compiere l'emancipazione economica del lavoro”. [10]

  In questo modo: “La classe operaia non ha da realizzare ideali, ma da liberare gli elementi della nuova società dei quali è gravida la vecchia e cadente società borghese”. [11]

  In poco più di venti anni, dal 1848 al 1871, si era dunque condensata una esperienza rivoluzionaria che ha scolpito nella pietra, dal punto di vista dello scontro di classe e della lucidità con cui è stata condotta, la base su cui il movimento comunista ha potuto lanciare la sua sfida al sistema del Capitale, ponendosi l'obiettivo di liberare i lavoratori dalla schiavitù del lavoro salariato e, facendo questo, liberare anche tutti gli strati sociali dominati dal sistema capitalistico. Ma seppure la scossa era potente, il percorso sarebbe stato molto duro, al punto che oggi si impone una valutazione sul suo punto di arrivo e sulle prospettive.


   Nel valutare gli avvenimenti negli anni in cui Marx ed Engels portarono avanti il loro lavoro rivoluzionario bisogna aggiungere il contesto del lavoro di preparazione politica e organizzativa, che ebbe come centro l'Associazione Internazionale dei Lavoratori, quella che comunemente viene definita Prima Internazionale. Attraverso quello strumento si sviluppò nel XIX secolo la forza del movimento comunista e, dopo la sconfitta della Comune, esso rappresentò il punto di congiunzione con l'epoca successiva, quella della nascita dei partiti socialisti.

  Era il 28 settembre del 1864 quando si riunirono a Londra i delegati di quella che diventerà l'Associazione Internazionale dei Lavoratori. Riportiamo [qui] il testo dell' Indirizzo Inaugurale e [qui] quello degli Statuti Generali.

  La funzione dell'Associazione nel contesto dell'esperienza comunista del XIX secolo viene definita negli Statuti quando al punto 1 si dichiara: “Questa Associazione viene fondata allo scopo di creare un mezzo centrale di collegamento e di collaborazione tra le Associazioni operaie che esistono nei diversi paesi e tendono allo stesso fine, cioè alla difesa, al progresso e all'emancipazione completa della classe operaia”. [12] Nell'indirizzo inaugurale, che terminava col motto: Proletari di tutti i paesi unitevi! leggiamo che: “L’esperienza del passato ha insegnato come il dispregio di quel legame fraterno che dovrebbe esistere tra gli operai nei diversi paesi e spronarli a sostenersi gli uni con gli altri in tutte le loro lotte per l'emancipazione venga punito inesorabilmente con la sconfitta comune dei loro sforzi isolati. Questa idea ha spinto operai di diversi paesi radunati il 28 settembre 1864 in pubblica assemblea a St.Martin Hall, a fondare l'Associazione Internazionale dei Lavoratori”. [13]

  Le cronache sull'Associazione testimoniano del lavoro intenso che si sviluppò attorno ad essa per estendere l'organizzazione dei lavoratori e portarli alla lotta. Ma l'Associazione fu anche il terreno su cui Marx ed Engels dettero battaglia alle posizioni che i fondatori del socialismo scientifico ritenevano frutto di un romanticismo rivoluzionario e di analisi errate della natura e delle contraddizioni della società capitalistica. Essi ritenevano, giustamente, che quelle analisi errate portassero a ignorare i passaggi necessari per cambiare i caratteri stessi della società.

  Nei due documenti che abbiamo citato e riportiamo per esteso, Marx riuscì a inserire e far prevalere le sue concezioni classiste, contro l'operaismo e il sindacalismo economicista dei proudhoniani francesi e dei tradeunionisti inglesi e contro il genericismo idealistico dei mazziniani. In particolare i due obiettivi polemici contro cui Marx ed Engels diressero la loro battaglia politica e teorica furono Proudhon e Bakunin.


   Su Proudhon e i suoi scritti principali, 'Che cos'è la proprietà' e la 'Filosofia della miseria' Marx dette la sua risposta col celebre libro 'Miseria della filosofia' e anche con una importante lettera inviata nel febbraio 1865 a J.B. von Schweitzer, il quale aveva chiesto lumi sulla posizione di Marx su Proudhon.

  Riportiamo [qui] il testo della lettera, il cui punto essenziale è così espresso: “Ogni rapporto economico ha un lato buono e uno cattivo: questo è l'unico punto su cui Proudhon non si smentisce. Il lato buono lo vede esposto dagli economisti, quello cattivo lo vede denunciato dai socialisti. Prende dagli economisti la necessità dei rapporti eterni, dai socialisti l'illusione di vedere nella miseria solo la miseria (invece di vedervi l'aspetto rivoluzionario e sovversivo che rovescerà la vecchia società). Conviene con entrambi nel volersi riferire all'autorità della scienza. La scienza, per lui, si riduce alle modeste proporzioni di una formula: è l'uomo alla ricerca delle formule. E' così che Proudhon si vanta d'aver offerto la critica e dell'economia politica e del comunismo: egli è, in realtà, al disotto dell'una e dell'altro. Al disotto degli economisti in quanto, come filosofo in possesso di una formula magica, ha creduto di potersi esimere dall'entrare in dettagli di carattere puramente economico; al di sotto dei socialisti in quanto non ha il coraggio e il lume sufficiente per elevarsi, sia pure solo speculati­va­mente, al di sopra dell'orizzonte borghese”. [14]

  La posizione di Marx impedì a Proudhon di tenere la scena per molto tempo (peraltro Proudhon morì nel 1865 subito dopo la costituzione dell'Associazione Internazionale) e la sua influenza andò diminuendo, anche se non scomparve del tutto finchè lo sviluppo della socialdemocrazia tedesca e del movimento legato alla Seconda Internazionale non ne decise il definitivo tramonto.


   Con Bakunin la lotta fu più dura e di lunga durata e si concluse con il congresso dell'Aja del 1872 in cui fu decisa l'espulsione dell'esponente mondiale dell'anarchia.

  Riproduciamo [qui] l'introduzione e il primo capitolo del rapporto che Engels ebbe l’incarico di redigere raccogliendo tutta la documentazione contro Bakunin per presentarla l’anno successivo al congresso di Ginevra. Il rapporto, che si intitola 'L'Alleanza della Democrazia Socialista e l'Associazione Internazionale dei Lavoratori, dimostra che l'adesione all'Associazione da parte di Bakunin copriva in realtà un’attività frazionistica condotta con l'Alleanza, una setta clandestina da lui diretta che si batteva contro i principi su cui la prima internazionale era sorta nel 1864.

  Il rapporto sull'Alleanza non è uno scritto teorico. Tuttavia l'opuscolo, redatto principalmente da Engels, doveva servire essen­zialmente a colpire e distruggere la posizione politica di Bakunin. Era concepito come strumento politico che ebbe alla fine anche l'effet­to del ritiro di Bakunin dalla direzione del movimento anarchico.

  La vittoria su Bakunin rese possibile l'affermazione definitiva della tesi marxiana che parte essenzialmente dal conflitto tra il proletariato e la borghesia, dal carattere inconciliabile della lotta tra queste due classi in vista dell’instaurazione di un regime sociale fondato sull'egemonia della classe operaia e su uno Stato transitorio basato sulla dittatura del proletariato. Marx combatteva Bakunin perchè era il principale portatore di una prassi politica sostanzial­mente ritardatrice della rivoluzione e reazionaria, basata sul misconoscimento del carattere delle contraddizioni sociali del sistema capitalistico come base della sua trasformazione .


   In sostanza la lotta contro Proudhon e Bakunin non era polemica politica, ma qualcosa di più profondo che si collega al carattere scientifico della teoria marxiana sulla società capitalistica, sulla natura delle sue contraddizioni sociali e il ruolo dello Stato nel conflitto. Tutto ciò stava al di fuori del romanticismo rivoluzionario di Bakunin e dall'utopismo di Proudhon. Il cambiamento di un sistema sociale avviene, come Marx insegna, sulla base delle contraddizioni che esso genera e delle particolarità delle condizioni storiche in cui il conflitto si manifesta (grado di sviluppo delle forze produttive).

  L'espulsione di Bakunin dall'internazionale segnò anche la fine di una fase storica che aveva visto Marx ed Engels impegnati nella lotta teorica e negli avvenimenti rivoluzionari che si conclusero con la sconfitta della Comune di Parigi.

  Al congresso dell'Aja, aperto il 2 settembre 1872, fece seguito l’8 settembre un intervento di Marx a un incontro pubblico ad Amsterdam, [qui], in cui tracciò un bilancio delle principali realizzazioni e soprattutto rimarcò che l'Associa­zione: “Ha proclamato la necessità per le classi lavoratrici di combattere, sul terreno politico come sul terreno sociale, la vecchia società che crolla, e noi ci rallegriamo di veder entrare finalmente questa risoluzione di Londra nei nostri statuti. Si era formato in mezzo a noi un gruppo che preconizzava l'astensione degli operai in materia politica. Noi abbiamo tenuto a dire quanto consideriamo dannosi e funesti per la nostra causa questi principi. L'operaio un giorno dovrà prendere il potere politico per fondare la nuova organizzazione del lavoro; deve rovesciare la vecchia politica che sostiene le vecchie istituzioni; altrimenti non vedrà mai, come gli antichi cristiani che l'hanno negletto e sdegnato, l'avvento del regno dei cieli in questo mondo”. [15]

  Siamo con questo alla fine di un’epoca. Già Marx intuisce questo passaggio storico e nel corso del suo discorso ad Amsterdam subito dopo il congresso dice: “Noi non abbiamo affatto preteso che per arrivare a questo scopo i mezzi fossero dappertutto identici” [16]. E' una precisa indicazione del fatto che Marx, pur avendo mantenuto salda la centralizzazione dell'organizzazione e combattuto falsi profeti come Proudhon e Bakunin, riteneva ormai necessaria una nuova fase di riorganizza­zione delle associazione operaie che avevano fino ad allora seguito l'Internazionale.

  Nel corso del congresso dell'Aja si decise anche di trasferire la sede centrale dell'Associazione Internazionale dei Lavoratori a New York, negli Stati Uniti che già allora stavano diventando il polo propulsivo del capitalismo mondiale, ma il trasferimento era anche il segno che la storia dell'800 post rivoluzione francese si stava ormai concludendo e iniziava una fase nuova, quella della formazione dei partiti politici della classe operaia.

  L'internazionalismo rimaneva, ma la strutturazione dei partiti nazionali cambiava il carattere della lotta. Qualcuno sostenne, all'epoca, che il trasferimento dell'Interna­zio­nale a New York somigliava a un funerale di terza classe. Ma l'espressione non è affatto adeguata, semmai si trattava di un cambiamento epocale di cui Marx ed Engels prendevano atto.

Considerazioni finali

Lo studio del periodo in cui Marx ed Engels operarono nel contesto rivoluzionario della loro epoca non può essere dato in pasto esclusivo a coloro che da decenni e decenni producono riflessioni che non riescono a smuovere quella situazione di crisi in cui il movimento comunista è impantanato. C'è di nuovo la necessità, come all'epoca di Marx e di Engels, che un pensiero critico e scientifico si leghi all'analisi dei fatti e riproduca una teoria in grado di guidare l'azione. Con le note che sommariamente abbiamo richiamato sul periodo in cui Marx ed Engels hanno operato, cerchiamo dunque di dimostrare che il marxismo non è ideologia, ma analisi scientifica della società, che ne analizza anche la sfera dell'azione rivoluzionaria non come romanticismo ideologico, ma come necessità storica oggettiva. Questo è un punto centrale dell'analisi marxiana.

  Ricordiamoci a questo proposito quella frase di Marx contro Proudhon nella lettera che abbiamo citato: nella miseria egli (Proudhon) non vedeva altro che la miseria e non anche l'elemento sovversivo che avrebbe demolito la società che la produceva. E’ un’osservazione che, insieme alle motivazioni su cui abbiamo impostato questo primo capitolo, sollecita una riflessione e un approfondimento sul rapporto tra scienza e prassi rivoluzionaria.

  A questo proposito citiamo uno scritto di Gramsci apparso sul ‘Grido del Popolo’ del 4 maggio 1918 dal titolo 'Il nostro Marx' [17] [qui] che scrive: “Siamo noi marxisti? Esistono marxisti? Buaggine, tu sola sei immortale. La questione sarà probabilmente ripresa in questi giorni, per la ricorrenza del centenario (Marx nasce il 5 maggio 1818) e farà versare fiumi d'inchiostro e di stoltezze. Il vaniloquio e il bizantinismo sono retaggio immarcescibile degli uomini”. E più avanti: “Marx significa (invece) ingresso dell'intelligenza nella storia dell'umanità, regno della consapevolezza”, cioè regno della conoscenza e dell'azione trasformatrice che deve portare l'umanità dal regno della necessità a quello della libertà”.



Note


[1] “Il comunismo per noi non è uno stato di cose che debba essere instaurato, un ideale al quale la realtà dovrà conformarsi. Chiamiamo comunismo il movimento reale che abolisce lo stato di cose presente”, Marx, L’ideologia tedesca, 1846, in Marx-Engels, Opere scelte, Editori Riuniti, Roma 1966, pag. 248.
[2] Marx-Engels, Op. cit. pagg. 745-749.
[3] Vedi pag. 22.
[4] Marx-Engels, Op. cit., Manifesto del partito comunista, pag. 313.
[5] Vedi pag. 23.
[6] Vedi pag. 28.
[7] Vedi pag. 84.
[8] Vedi pag. 57.
[9] Vedi pag. 60.
[10] Vedi pag. 63.
[11] Vedi pag. 65.
[12] Vedi pag. 97.
[13] Vedi pag. 94.
[14] Vedi pag. 104.
[15]Vedi pp. 124-125.
[16] Vedi pag. 125.
[17] Vedi pag. 127.