Socialdemocrazia
e dialettica della rivoluzione proletaria

Alla fine del capitolo precedente, parlando del declino della prima Internazionale abbiamo concluso che un'epoca stava finendo, quella caratterizzata dallo sviluppo teorico del socialismo scientifico e dalle prime, importanti esperienze rivoluzionarie della classe operaia in un periodo di forte ascesa dell'economia capitalistica e di consolidamento del potere della borghesia.

  Successivamente a quella fase, una tappa importante nel processo di sviluppo dell'antagonismo di classe e della lotta per il socialismo è stato il periodo che va dalla formazione dei partiti socialisti in Europa alla rivoluzione russa. Possiamo senz'altro dire che questa fu la seconda tappa storica del processo di trasformazione sociale dopo il movimento sviluppatosi con il Manifesto dei comunisti del 1848.

  Le caratteristiche di questa fase erano sì uno sviluppo dell'opera intrapresa da Marx e da Engels, ma presentavano un contesto e caratteristiche assai diverse. Il contesto era quello del periodo a cavallo tra il XIX e il XX secolo quando lo sviluppo capitalistico aveva fatto progressi enormi mentre, nel contempo, la configura­zione dei partiti che si richiamavano al socialismo e a Marx era diventata qualcosa di molto diverso dalle organizzazioni operaie che avevano ruotato in precedenza attorno all'Associazione Interna­zionale dei Lavoratori. Erano diventati partiti di massa strutturati, con un riferimento solido e organizzato tra i lavoratori, una rappresentanza parlamentare, con forti collegamenti sindacali e una attività associativa basata anche sullo strumento della coopera­zione. Per il periodo a cui ci riferiamo si tratta di un vasto arco di partiti socialisti che si erano formati in Europa anche in collaborazione con Engels dopo la morte di Marx tra gli anni '80 e '90 della fine del XIX secolo.

  Si trattava di partiti come il Partito socialdemocratico spagnolo nato in contemporanea con quello danese, in Francia nacque il Parti Ouvrier e in Inghilterra la Federazione democratica aveva adottato un programma socialista divenendo Federazione socialdemocratica. Nel 1883 Plechanov e Aksel'rod avevano fondato il gruppo Emancipazione del lavoro che divenne poi il nucleo del Partito socialdemocratico russo. Il partito socialdemocratico norvegese sorse nel 1887, quello austriaco e quello svizzero nel 1888 e quello svedese nel 1889. In Italia un Partito dei lavoratori con un programma decisamente marxista non fu costituito pienamente che nel 1892, mentre in Olanda dopo una scissione con la componente anarchica era nata nel 1889 la Lega socialdemocratica a base marxista. Anche i partiti polacco e finlandese presero una forma definitiva nel 1892. In Francia e in Belgio la discussione sulla piattaforma marxista era ancora aperta, ma alla fine l'opzione socialista finì per prevalere. Ovviamente sussistevano delle differenze tra questi partiti dovute alle particolarità su cui era sorto il movimento legato all'Associazione Internazionale dei Lavoratori di Marx ed Engels, ma ormai le affinità erano diventate prevalenti.

  Concretamente, il punto di incontro e la definizione di una prospettiva politica unitaria del movimento socialista europeo in questa nuova fase prende le mosse dal congresso del partito socialdemocratico tedesco del 1892 che si tenne a Erfurt in Germania sotto la regia di Karl Kautsky. Chi era Kautsky? Nato a Praga nel 1854 visse fino al 1938. Nel 1883 fondò a Stoccarda la rivista Neue Zeit che rimase sotto la sua direzione fino al 1917. In occasione del congresso del partito socialdemocratico nel 1892 pubblicò il 'Programma di Erfurt' e con una serie di altri scritti anche di carattere teorico, tra cui 'Le dottrine economiche di Karl Marx' e 'La questione agraria', diventò una autorità indiscussa di quella che veniva definita l'ortodossia marxista. Una ortodossia che fu però demolita da Lenin quando si arrivò ai nodi della prima guerra mondiale e della rivoluzione russa.

  Tuttavia attorno agli anni '90 del XIX secolo Kautsky dirigeva il più grande a autorevole partito socialdemocratico europeo. In Germania, dopo le dimissioni di Bismarck nel 1891, erano state revocate le leggi antisocialiste e questo aveva permesso al partito socialdemocratico tedesco di avere una grande espansione organizzativa e parlamentare che gli consentì di divenire il riferimento dei partiti socialisti in Europa.

  Karl Kautsky ne era il leader riconosciuto, anche se i dirigenti effettivi in quel periodo furono August Bebel e Wilhelm Liebknecht, e nel testo preparato per il congresso, 'Il programma di Erfurt', fu lui a definire i punti essenziali. Qui di seguito riportiamo alcune citazioni del testo [1].

  Il ‘Programma di Erfurt' si apre con un richiamo ai contenuti nel Manifesto dei comunisti del 1848. Vi si trovano infatti affermazioni di principio che richiamano Marx, precisamente dove si dice:

  “Quanto più cresce il numero dei proletari, quanto più si ingrossa l'esercito dei lavoratori in eccesso, tanto più acuto diventa il contrasto tra sfruttatori e sfruttati, tanto più aspra diventa la lotta di classe tra borghesia e proletariato che divide la società moderna in due campi ostili e che è il distintivo comune di tutti i paesi industriali”.

  In questo contesto il sistema capitalistico ”separa il lavoratore dai suoi mezzi di produzione e lo converte in un proletario nullatenente, mentre i mezzi di produzione divengono monopolio di un numero relativamente ristretto di capitalisti e di grandi proprietari terrieri”. Nel programma perciò si sostiene che :

  “Soltanto la trasformazione della proprietà privata capitalistica dei mezzi di produzione - terra, miniere, materie prime, attrezzi, macchine e mezzi di trasporto - in proprietà sociale, e la trasformazione della produzione di merci per la vendita in produzione socialista amministrata dalla società e per la società, può far sì che l'industria su larga scala e la capacità produttiva, continuamente crescente, del lavoro sociale, si tramutino, da fonte di miseria e d'oppressione per le classi sfruttate, in fonte del massimo benessere”. Questi obiettivi non possono essere raggiunti se non con la conquista del potere politico: “la classe operaia non può condurre vittoriosamente le sue battaglie economiche o sviluppare la sua organizzazione economica senza diritti politici ... e non può far passare in proprietà comune i mezzi di produzione se non conquista il potere politico”.

  Il Programma affermava quindi che la meta era una società senza classi, e che si sarebbe fatto di tutto per porre fine “ad ogni tipo di sfruttamento, sia esso diretto contro una classe, un partito, un sesso o una razza”. E la condizione per realizzare questi obiettivi era appunto la presa del potere politico.

  Fin qui la parte generale del testo elaborato da Kautsky. Il resto del programma è un elenco immediato di rivendicazioni, che pure ebbe importanza per lo sviluppo del movimento socialista e per il suo radicamento tra i lavoratori. Si trattava della richiesta di piena libertà di parola, di riunione e di associazione. Nel campo sociale si chiedeva l'istruzione obbligatoria e laica, l’assistenza medica gra­tuita, l’abolizione di tutte la leggi discriminatorie verso le donne. Per quanto riguarda i lavoratori le rivendicazioni immediate erano: giornata di otto ore, proibizione del lavoro minorile e del lavoro not­turno, sabato pomeriggio e domenica liberi, abolizione del paga­mento in natura, ispezione delle fabbriche e miglioramento delle condizioni igieniche, libertà di coalizione, sistema generale di assicurazione.

  Come si può constatare il programma elaborato per il congresso di Erfurt proponeva lo schema che tutti i partiti socialisti, Italia compresa, avrebbero seguito e che è riassumibile in un programma massimo, il socialismo, e in un programma minimo basato su obiettivi immediati di tutela delle condizioni di lavoro e di agibilità politica e sindacale. Ma mentre il programma minimo veniva quotidianamente perseguito con la lotta parlamentare e sindacale per modificare le condizioni materiali dei lavoratori e ottenere i diritti di libertà associativa e di rappresentanza, la questione del socialismo rimaneva una definizione di principio, senza l'indica­zione di un percorso concreto che portasse alla sua realizzazione.

  In realtà nell'elaborazione dei contenuti del programma si intravedeva l'opzione a cui i socialisti tedeschi tendevano e cioè la previsione che la conquista del potere politico sarebbe avvenuta per via parlamentare. Su questo punto i socialdemocratici tedeschi si facevano forza anche della posizione di Friedrich Engels, che teneva stretti rapporti con Kausky, e in uno del suoi ultimi scritti, risalente al 1895 (una lunga introduzione a una nuova edizione de 'Le lotte civili in Francia' di Marx), aveva scritto che il partito socialdemocratico tedesco, e i suoi due milioni di votanti, erano “la massa più numerosa, più compatta, la forza d'urto decisiva dell'esercito proletario internazionale”.

  Nello stesso passo Engels sottolineava i grandi cambiamenti intervenuti dal 1848 in poi rispetto alla possibilità di condurre a buon fine un'insurrezione. Tutti questi cambiamenti, scriveva Engels, andavano a vantaggio delle forze militari e non di chi volesse agire in modo rivoluzionario per la presa del potere. L'esempio tedesco dimostrava però che attraverso l'organizzazione politica dei lavoratori e l'uso del parlamento sarebbe stato possibile raggiungere il risultato della presa del potere.

  Sembrava, quella di Engels, una dichiarazione di rinuncia alla violenza, ma non era così, perchè nello stesso testo aveva anche scritto: “Significa ciò che in futuro i combattimenti nelle strade non conteranno più? No davvero. Significa soltanto che dal 1848 le condizioni sono diventate di gran lunga più sfavorevoli per battaglie civili e di gran lunga più favorevoli per quelle militari. Perciò in futuro una guerra per le strade potrà essere vittoriosa soltanto se questa sfavorevole situazione verrà neutralizzata da altri fattori”;. Questa parte del testo di Engels venne espunta dalla introduzione alle 'Lotte di classe in Francia', il che stava a dimostrare il consolidamento della linea parlamentaristica del partito di Kautsky.

  Prima però di arrivare alla conclusione di questa vicenda, e per capire la base politica e oggettiva su cui si stava sviluppando il movimento socialista e di classe in Europa dopo Marx, bisogna andare più in profondità nel valutare il carattere del movimento politico e di classe a cavallo tra il XIX e il XX secolo. Non si può presentare la situazione di allora solo con l'ottica del kautskysmo. In quella fase si assisteva allo sviluppo di un importante processo politico e di classe che dimostrava come il messaggio di Marx e di Engels si stesse diffondendo in Europa e anche in altri paesi del mondo, come gli Stati Uniti d'America e addirittura l' Australia.

  Questo processo importante e interessante per il futuro anche del movimento comunista può essere analizzato attraverso la storia della nuova Internazionale socialista dove sviluppo del movimento di classe e scontro tra le varie tendenze rappresentarono, dal punto di vista politico e pratico, un allargamento dell'influenza del marxismo e un rafforzamento dei collegamenti e della iniziativa dei lavoratori.

  Noi siamo portati a considerare le cose, riferendoci a quel periodo, con il punto di vista dei comunisti dopo il crollo dell'Inter­na­zionale socialista. In realtà nei decenni che vanno dal Congresso di Erfurt alla vigilia della prima guerra mondiale furono fatte importanti esperienze sul terreno delle lotte operaie e si sviluppò un vivacissimo dibattito sulle strade che la lotta per il socialismo avrebbe dovuto imboccare.

  Quali erano le esperienze importanti a livello di classe e i contenuti del dibattito tra le varie componenti nella prima fase dell'esperienza della nuova Internazionale?

  Per le esperienze di classe, la seconda Internazionale rappre­sen­tò una fase importante delle lotte e dello sviluppo dell'or­ga­niz­za­zione dei lavoratori sul terreno sindacale e rivendica­tivo. In par­ti­colare si sviluppò il movimento internazionale sulle 8 ore e il rico­noscimento del 1° maggio come festa internazionale dei lavora­tori.

  Il punto di svolta del lavoro dei promotori dell'Internazionale socialista furono i due congressi convocati a Parigi in contemporanea nel 1889. Il primo promosso dal Trades Union Congress (TUC) inglese si riunì in rue Lancry; l'altro che vide protagonisti il circuito dei partiti socialisti legati alla socialdemocrazia tedesca tenne le sue assise alla Salle Petrelle. Dietro la divisione c'era la differente impostazione delle relazioni internazionali. Le Trade Unions inglesi intendevano farne un organo di collegamento delle organizzazioni sindacali, mentre i kautskyani rimanevano legati all’idea che per Internazionale si dovesse intendere il movimento dei lavoratori per il socialismo.

  Nonostante queste divisioni, che comunque continuarono ad alimentare il dibattito negli anni successivi, la componente socialista riunita alla Salle Petrelle decise con una dichiarazione ufficiale di impegnarsi per realizzare gli obiettivi che il movimento dei lavoratori stava perseguendo. Nella dichiarazione finale dell'incontro si dice: “una grande manifestazione sarà organizzata per una data stabilita, in modo che simultaneamente in tutti i paesi e in tutte le città, nello stesso giorno, i lavoratori chiederanno alle pubbliche autorità di ridurre per legge la giornata lavorativa e di mandare ad effetto le altre risoluzioni del congresso di Parigi. Considerato che una manifestazione dello stesso tipo è già stata decisa per il 1° maggio 1890 dalla American Federation of Labor nel congresso tenutosi a St.Louis del dicembre 1888, questa data sarà adottata per la manifestazione internazionale” [2]. Il 1° maggio 1890 fu una giornata memorabile: in molte città e in molti paesi si tennero grandi dimostrazioni per le otto ore, e ci furono larghe sospensioni del lavoro a partire proprio dagli Stati Uniti.

  Insieme allo sviluppo dei partiti socialisti gli ultimi anni del secolo XIX gettarono dunque anche le basi della crescita di un movimento di lavoratori che cominciavano a cambiare il mondo a partire dalle loro condizioni materiali. Scontri e battaglie di strada ci furono anche in quella fase, ma la tendenza che si andava affermando era quella di realizzare un cambiamento immediato delle condizioni economiche e di vita della classe operaia. E' da qui che comincia a consolidarsi quella base organizzativa dei lavoratori che in Europa e negli Stati Uniti rappresentò da quel momento lo zoccolo duro della lotta di classe in questa parte del mondo.

  Le lotte non offuscarono però il dibattito politico e strategico all'interno dei partiti e delle organizzazioni che ruotavano attorno alla seconda Internazionale. Il dibattito, e lo scontro, si concentra­rono attorno a due questioni: la partecipazione dei partiti socialisti ai governi repubblicani e il revisionismo delle teorie di Marx ed Engels portato avanti in particolare da Eduard Bernstein.

  La tesi sulla partecipazione dei socialisti ai governi repubblicani fu posta con molta decisione dall'esponente socialista francese Millerand che, peraltro, era sostenuto da personaggi del calibro di Jean Jaurès. Le motivazioni sembravano legate a questioni specifiche della situazione francese in quel periodo scossa dall'affaire Dreyfus e da rigurgiti reazionari, ma in realtà si trattava di un'ipotesi di carattere generale. Al punto che lo stesso Kautsky fu costretto a intervenire facendo presentare a un altro dirigente, Vandervelde, in sede di congresso dell'Internazionale socialista a Parigi una mozione in cui si diceva: “la conquista del potere politico da parte del proletariato in uno Stato democratico moderno non può essere il risultato di un colpo di mano, ma può avvenire soltanto come conclusione di una lunga e paziente opera di organizzazione politica e sindacale del proletariato, di rigenera­zione materiale e morale del proletariato, di conquista graduale di seggi negli organismi municipali e nell'apparato legislativo … L'ingresso di un solo socialista in un ministero borghese non può essere considerato l'inizio normale della conquista del potere politico, esso non può che essere un espediente temporaneo ed eccezionale in una situazione di emergenza”.

  Sostanzialmente di fronte alle posizioni di Millerand e di un gruppo di esponenti francesi dell'Internazionale, con la mozione di Vandervelde si riaffermava che la linea kautskyana rimaneva la stessa: presa per via elettorale del potere politico e trasformazione socialista dello stato.

  In gioco, nel dibattito, non c'era però solo la questione tattica della partecipazione ai governi borghesi. C'era qualcosa di più sostanziale che era il revisionismo teorico di Eduard Bernstein, un importante esponente socialista (1850-1932) nato a Berlino e divenuto rapidamente un esponente di spicco della socialdemo­crazia tedesca, che era stato anche in rapporti stretti con Engels. Nel 1896 Bernstein cominciò a pubblicare sulla rivista di Kautsky Neue Zeit una serie di articoli che sollevarono un'aspra polemica all'interno del partito e procurarono immediatamente all'autore una riprovazione ufficiale. Il primo di questi articoli, che si intitolava 'Utopismo ed eclettismo', accusava appunto il partito di utopismo e di lasciarsi dominare dall'idea di un prossimo improvviso salto dal capitalismo al socialismo.

  In realtà - sosteneva Bernstein - che senso aveva la linea politica ufficiale del partito socialdemocratico, consistente nel rimandare a dopo la rivoluzione ogni riforma costruttiva? “Si pensava forse che gli operai avrebbero atteso per un tempo infinito senza esigere le riforme che si potevano ottenere entro il sistema capitalistico e lo stato capitalistico?” Da qui discendeva la famosa definizione: “il movimento è tutto e l'obiettivo (il socialismo) è nulla”. Bernstein declinava la questione in questo modo: “Al di là dei principi generali, non mi sono mai interessato troppo al futuro; non sono stato mai capace di leggere l'avvenire. I miei pensieri e i miei sforzi vertono attorno ai compiti del presente e dell'immediato futuro, e delle prospettive lontane mi occupo solo in quanto mi ispirano in orientamento per una giusta azione del presente”.

  La risposta a questa posizione venne dal congresso social­de­mocratico di Dresda del 1903 nella cui risoluzione finale si dichiara che: “Il congresso condanna nella maniera più decisa il tentativo revisionista di alterare la nostra tattica più volte sperimentata e vittoriosa, che si fonda sulla lotta di classe. I revisionisti vogliono sostituire alla conquista del potere politico tramite la completa sconfitta dei nostri nemici una linea d'azione che prevede di andare incontro a metà strada all'ordine di cose esistente.… Il congresso condanna inoltre ogni tentativo di velare con belle frasi gli attuali e sempre crescenti conflitti di classe nell'intento di trasformare il nostro partito in un satellite dei partiti borghesi”.

  A dirimere però le questioni insorte nella seconda Internazionale ci pensò l'avvicinarsi della prospettiva di guerra tra le potenze europee che impose a ciascuno dei partiti socialisti di assumersi le proprie responsabilità. E qui, aldilà della fraseologia, i nodi venivano al pettine. Nella seconda Internazionale il pensiero dialettico e rivoluzionario di Marx e di Engels non aveva trovato posto. La differenza era tra chi perorava le riforme nel presente e chi auspicava che una maggioranza parlamentare avviasse la trasformazione socialista dello Stato, ma di fronte alla prospettiva della guerra imperialista non c'era risposta. Anzi, questa risposta in termini concreti ci fu e si trattò della partecipazione dei partiti socialisti alla guerra accanto alla borghesia del proprio paese.

  Francesi, belgi, tedeschi, austriaci, inglesi, russi scelsero di partecipare alla guerra dichiarata dai propri governi imperialisti e da qui nacque la crisi irreversibile di un'esperienza che sembrava mutuata dall'Associazione Internazionale di Marx ed Engels. In realtà l'Internazionale socialista era stata invece la base per la creazione di quella socialdemocrazia europea la cui essenza è il laburismo e la collaborazione con la borghesia, peraltro divenuta imperialista oltre che colonialista.

  La rottura con questo schema e la riproposizione di una lettura diversa del marxismo fu operata da Lenin e dal partito bolscevico già prima che si scatenasse lo scontro sull'appoggio dei partiti socialisti alla prima guerra mondiale. Non è un caso che Lenin nel suo 'Stato e rivoluzione' riprende e commenta proprio le ambiguità di quel congresso di Erfurt che era stato di fatto l'atto fondativo dell'Internazionale socialista a guida kautskyana [3].

   Le critiche a quel congresso Lenin le basava su quanto Engels a suo tempo aveva scritto in proposito e cioè sulla lettera inviata da Engels a Kautsky il 29 giugno del 1891 [4], che fu pubblicata solo dieci anni dopo su Neue Zeit, in cui egli prende di petto le incertezze emerse dal congresso di Erfurt sulla questione dello Stato rispetto alle quali si sentiva in dovere di mettere in guardia i suoi interlocutori.

  “A lungo andare - scriveva Engels - una siffatta politica non può che portare il partito su una strada falsa. Si mettono in primo piano questioni politiche generali, astratte e si nascondono così le questioni concrete più urgenti, quelle che, ai primi avvenimenti importanti, alla prima crisi politica, si porranno da sole all'ordine del giorno … questa corsa ai successi momentanei e la lotta che si svolge attorno ad essi, senza preoccuparsi delle conseguenze ulteriori, questo abbandono dell'avvenire del movimento, che si sacrifica per il presente, possono provenire da motivi 'onesti', ma sono e rimangono opportunismo, e l'opportunismo 'onesto' è forse il più pericoloso di tutti”.

  Siamo alle prime avvisaglie dello scontro tra la socialdemocrazia, che peraltro rivendica l'eredità di Marx ed Engels, e quella che si affermerà come la tendenza comunista attorno a Lenin che già nel 1908 aveva cercato di mettere le cose in chiaro con uno scritto intitolato 'Marxismo e revisionismo'[5] (che riportiamo [qui]). Non si trattava di una polemica solamente interpretativa del marxismo contro il revisionismo di Bernstein. Lenin andava oltre, individuava una questione legata allo sviluppo futuro degli avvenimenti e concludeva infatti il suo scritto in questo modo:

  'La lotta ideologica del marxismo rivoluzionario contro il revisionismo alla fine del XIX secolo non è che il preludio delle grandi battaglie rivoluzionarie del proletariato, che avanza verso la completa vittoria della sua causa, nonostante tutti i tentennamenti e le debolezze degli elementi piccolo-borghesi'.[6]

  La verifica di questa previsione arrivò dopo pochi anni e avrà il suo banco di prova sulle tre questioni che definiscono il leninismo in quella fase storica: la posizione verso la guerra imperialista del 1914-1918, il carattere della rivoluzione russa e il significato di dittatura del proletariato.

  Come si vedrà dai testi che riportiamo, Lenin conduce la sua battaglia attraverso un'opera di restaurazione del marxismo, dimostrando che Marx ed Engels avevano espresso posizioni su cui il partito bolscevico impostava la sua strategia in contrapposizione alla socialdemocrazia. Ovviamente la sua interpretazione del marxismo teneva conto dell'analisi concreta delle caratteristiche della fase rivoluzionaria che si stava avvicinando a partire dallo scoppio della guerra imperialista e quindi ne costituiva anche un adeguamento.

  Il leninismo difatti non è stato solo interpretazione del marxismo, ma anche un grande sviluppo teorico che ha tracciato la via al rinascente movimento comunista del XX secolo. In particolare l'apporto di Lenin, oltre a rappresentare un'analisi scientifica dello sviluppo della società russa e delle sue contraddizioni di classe, apportava un contributo teorico su questioni fondamentali come la fase imperialista del capitale e la tattica rivoluzionaria per la presa del potere e per la trasformazione dello Stato.

  Teniamo anche presente che il punto di arrivo dell'analisi leninista sulla prospettiva rivoluzionaria aveva come retroterra politico-teorico la lunga e dura battaglia contro il menscevismo sviluppatasi già molto prima che si aprisse lo scontro con la seconda Internazionale. Tutti i testi di Lenin in proposito evidenziano le sostanziali differenziazioni tra la frazione bolscevica del POSDR e le correnti revisioniste di cui Plekhanov era il leader.

  Il 'Che fare?' (1902), 'Un passo avanti e due indietro' (1904), 'Due tattiche della socialdemocrazia nella rivoluzione democratica' (1905 ), costituiscono i passaggi delle analisi di Lenin sulla tattica del partito rivoluzionario che spiegano perchè quando, con la prima guerra mondiale, si aprì il processo rivoluzionario i bolscevichi si siano trovati preparati all'appuntamento con la storia.

  La polemica col kautskysmo e con l'internazionale socialista è quindi un punto di arrivo di un lavoro teorico e di esperienza politica che divenne poi il terreno su cui fu definito il percorso del movimento comunista a partire dal 1914.

  Innanzitutto la guerra e la posizione da prendere di fronte ad essa. Lo scritto di Lenin del 1916 'L'opportunismo e il crollo della II Internazionale'[7] (che riportiamo [qui]) affronta in modo radicale la questione. In sostanza Lenin scrive in proposito:

  “L'epoca dell'imperialismo capitalista è l'epoca in cui il capitalismo ha raggiunto la sua maturità, è stramaturo, e si trova alla vigilia del suo crollo. E' maturo a tal punto da dover cedere il posto al socialismo. Il periodo che va dal 1789 al 1871 fu l'epoca del capitalismo progressivo, in cui l'abbattimento del feudalesimo e dell'assolutismo, la liberazione dal giogo straniero era all'ordine del giorno della storia. Su questa base, e su questa unica base, si poteva ammettere la 'difesa della Patria', cioè la lotta contro l'oppressione. Oggi ancora si potrebbe applicare questa concezione alla guerra contro le grandi potenze imperialiste, ma sarebbe assurdo applicarla ad una guerra fra grandi potenze imperialiste, a una guerra in cui si tratta di sapere chi saprà spogliare meglio i paesi balcanici, l'Asia Minore ecc”.[8]

  Il manifesto di Basilea approvato nel congresso dell'Internazionale socialista nel 1912, aggiunge Lenin, parlava in modo esplicito sul fatto che le classi dirigenti temevano “la rivoluzione proletaria che seguirà ad una guerra mondiale” portando l'esempio della Comune di Parigi nata dopo la sconfitta francese nella guerra franco-prussiana e la rivoluzione del 1905 dopo la sconfitta della Russia nella guerra col Giappone. E' evidente quindi, conclude Lenin, “che quelli che hanno votato i crediti di guerra, che sono entrati nei ministeri e hanno difeso l'idea della difesa della patria nel 1914-1915 hanno tradito il socialismo”.[9]

  Ma non solo sulla guerra perchè dopo la rivoluzione del novembre 1917 in Russia, Kautsky attaccò il partito bolscevico anche sulla conquista del potere e sulle modalità con cui era avvenuta. Kautsky infatti scrisse un libro dal titolo 'La dittatura del proletariato’ (Vienna 1918) a cui Lenin rispose col suo famoso testo, 'La rivoluzione proletaria e il rinnegato Kautsky'[10] (1918).

  Nella prefazione Lenin scrive:

  '”L’opuscolo di Kautsky La dittatura del proletariato (Vienna 1918, Ignaz Brand, pp. 63), uscito recentemente, è uno degli esempi più lampanti del completo e ignominioso fallimento della Seconda Internazionale, di cui da molto tempo parlano tutti i socialisti onesti di tutti i paesi. La questione della rivoluzione proletaria si pone ora praticamente all'ordine del giorno in tutta una serie di Stati. E' quindi necessario analizzare i sofismi da rinnegato e la totale abiura del marxismo da parte di Kautsky.

  Innanzitutto è necessario sottolineare come l'autore di queste pagine sin dall'inizio della guerra abbia dovuto richiamare più di una volta l'attenzione sul fatto che Kautsky ha rotto con il marxismo. A questo argomento ho dedicato una serie di articoli apparsi negli anni 1914-1916 nel Sozial-demokrat e nel Kommunist, pubblicati all'estero. Questi articoli furono poi raccolti e pubblicati dal Soviet di Pietrogrado con il titolo Contro corrente di G. Zinov’ev e N. Lenin, Pietrogrado 1918 (pp. 550). In un opuscolo [11] edito nel 1915 a Ginevra, che fu immediatamente tradotto in tedesco e in francese, così parlavo del «kautskismo»”.

  “Kautsky, la massima autorità della II Internazionale, è l'esempio più tipico e più lampante del modo come il riconoscimento verbale del marxismo abbia in realtà portato alla sua trasformazione in «struvismo» o «brentanismo», (in una dottrina cioè borghese liberale, che riconosce la lotta «di classe» non rivoluzionaria del proletariato, dottrina esposta con particolare chiarezza dallo scrittore russo Struve e dall'economista tedesco Brentano). Lo stesso fenomeno vediamo in Plekhanov. Con sofismi evidenti si svuota il marxismo del suo vivo spirito rivoluzionario; del marxismo si riconosce tutto, fuorché i mezzi rivoluzionari di lotta, la loro propaganda e la loro preparazione, l'educazione delle masse appunto in questa direzione. Kautsky «concilia», a dispetto dei principi, il pensiero fondamentale del socialsciovinismo - il riconoscimento della difesa della patria in questa guerra - con una concessione diplomatica, fittizia, alla sinistra mediante l'astensione dal voto dei crediti di guerra, il riconoscimento verbale della propria opposizione, ecc. Kautsky, che nel 1909 scrisse un intiero libro sull'avvicinarsi dell'era delle rivoluzioni e sulla connessione esistente fra guerra e rivoluzione; Kautsky, che nel 1912 firmò il Manifesto di Basilea sull'utilizzazione rivoluzionaria della guerra imminente, giustifica e abbellisce ora in tutti i toni il socialsciovinismo e, sull'esempio di Plekhanov, si associa alla borghesia nel mettere in ridicolo ogni idea di rivoluzione, ogni passo verso l'immediata lotta rivoluzionaria.

  La classe operaia non può conseguire il suo obiettivo rivoluzionario, d'importanza mondiale, senza condurre una lotta implacabile contro questo spirito da rinnegati, questa mancanza di carattere, questo servilismo verso l'opportunismo, questo inaudito svilimento teorico del marxismo. Il kautskismo non è dovuto al caso, ma è il prodotto sociale delle contraddizioni della II Internazionale, della combinazione della fedeltà al marxismo a parole e della sottomissione all'opportunismo nei fatti».[12]

  Nel caso specifico del testo di Kautsky 'La dittatura del proletariato' le questioni poste al centro della discussione vertevano attorno al ruolo dei Soviet nella rivoluzione proletaria, alla natura della Costituente, a quale doveva essere la posizione della Russia nella guerra. Nella sostanza Kautsky chiedeva che i bolscevichi si adeguassero alla posizione dei menscevichi che veniva sottolineata ed esaltata da Kautsky in questo modo:

  “I menscevichi volevano la pace generale, volevano che tutti i belligeranti accettassero la parola d'ordine: senza annessioni né riparazioni. Finchè questo scopo non fosse stato raggiunto, l'esercito russo doveva rimanere con le armi al piede, pronto a combattere. I bolscevichi invece esigevano la pace immediata ad ogni costo; erano pronti, nel caso di necessità, a concludere una pace separata, e cercavano di imporla con la forza aumentando la disorganizzazione dell’esercito, già molto grande senza di questo”. E Lenin aggiunge “I bolscevichi secondo Kautsky non avrebbero dovuto prendere il potere, ma accontentarsi dell'Assemblea costituente”.[13]

  Soprattutto le esortazioni di Kautsky erano un invito a rispettare la 'democrazia'. E a questa esortazione Lenin rispondeva:

  'Noi abbiamo detto alla borghesia: voi sfruttatori e ipocriti parlate di democrazia mentre a ogni passo frapponete mille ostacoli alla partecipazione delle masse oppresse alla politica. Noi vi prendiamo in parola, e, per preparare le masse alla rivoluzione, per rovesciarvi, voi sfruttatori, nell'interesse di queste masse esigiamo l'allargamento della vostra democrazia. E se voi sfruttatori, farete il minimo tentativo di resistere alla rivoluzione proletaria, vi schiacceremo senza pietà, vi priveremo dei diritti; peggio ancora: vi rifiuteremo il pane, perchè nella nostra repubblica proletaria gli sfruttatori non avranno diritti, saranno privati dell'acqua e del fuoco, perchè noi siamo socialisti sul serio e non dei socialisti alla maniera di Scheidemann e di Kautsky.[14]

  Questo era dunque il succo della risposta di Lenin. Contemporaneamente, nella pratica, andava avanti il processo rivoluzionario concreto. L'indicazione di trasformare la guerra imperialista in guerra civile per la presa del potere diventava realtà con le famose 'Lettere da lontano' scritte da Lenin e che precedettero il suo arrivo in Russia.

  Quali erano le indicazioni contenute in quelle lettere pubblicate sulla Pravda nel marzo 1917 ([qui] riportiamo la prima di cinque “La prima tappa della prima rivoluzione”[15]) ?

  Partendo dagli avvenimenti del 16 febbraio del 1917 (1° marzo nel nuovo calendario), cioè dalla rivoluzione che aveva abbattuto lo zarismo, Lenin inquadra la situazione che si era determinata indicando subito i nuovi passaggi. L'essenziale sostiene Lenin è che si capisca che “questa prima tappa non sarà certamente l'ultima della nostra rivoluzione”[16]. Innanzitutto perchè “La guerra imperialista doveva, per necessità obiettiva, accelerare straordinariamente ed inasprire incomparabilmente la lotta di classe del proletariato contro la borghesia, doveva trasformarsi in guerra civile tra le classi nemiche”[17]. Eppoi aggiunge Lenin, perchè il governo che si è formato dopo la cacciata dello zar, il governo degli ottobristi e dei cadetti non può dare il pane perchè è un governo borghese, non può dare la pace perchè è un governo di guerra e, infine, non può dare la libertà perchè è il governo dei grandi proprietari fondiari e dei grandi capitalisti. Per questo l'ordine del giorno deve essere:

  “… operai, nella guerra civile contro lo zarismo avete compiuto prodigi d'eroismo proletario, popolare; dovete compiere prodigi nell'organizzazione del proletariato e di tutto il popolo al fine di preparare la vittoria nella seconda tappa della rivoluzione”[18].

  Queste posizioni vengono riprese e sviluppate quando Lenin arriva in Russia il 3 aprile 1917 e scrive quelle che verranno definite 'Tesi d'aprile' (Sui compiti del proletariato nella rivoluzione attuale) [19], Pravda 7 aprile 1917, che riportiamo [qui]).

  Tre questioni essenziali vengono poste alla base delle Tesi. La posizione contro la guerra, il lavoro di massa del partito bolscevico per conquistare la maggioranza nei Soviet e il rifiuto di ritornare a un sistema parlamentare. Tre cose che Lenin articola in questo modo nei punti 1, 4 e 5 delle tesi :

  '1. Nel nostro atteggiamento verso la guerra, la quale - sotto il nuovo governo di Lvov e consorti, e in forza del carattere capitalistico governo - rimane incondizionatamente, da parte della Russia, una guerra imperialistica di rapina, non è ammissibile la benchè minima concessione al 'difensismo’ rivoluzionario.[20]

  4. […] Finchè saremo in minoranza, faremo un lavoro di critica e di elucidazione degli errori, sostenendo in pari tempo la necessità del passaggio di tutto il potere statale ai soviet dei deputati operai, affinchè le masse, sulla base dell'esperienza, possano correggere i loro errori [21].

  5. Niente repubblica parlamentare (ritornare ad essa dopo i Soviet dei deputati operai sarebbe un passo indietro, ma la Repubblica dei Soviet dei deputati operai, dei salariati agricoli e dei contadini, in tutto il paese, dal basso all'alto
[22].

  Sulla base di queste indicazioni il compito dei bolscevichi era quello di tradurre in realtà i programmi e scegliere il momento giusto per sferrare l'attacco. Numerosi sono gli scritti di Lenin sulla particolare fase politica che precede la presa del potere. Qui ne indichiamo due tra i più importanti, 'Il marxismo e l'Insurrezione' [23] (che riportiamo [qui]) e 'I compiti della rivoluzione' [24] (che riportiamo [qui]).

  Nel primo scritto, 'Il marxismo e l'insurrezione', Lenin dice:

  'La menzogna opportunista secondo la quale la preparazione dell'insurrezione e, in generale, il considerare l'insurrezione come un'arte sono del blanquismo, è una delle peggiori deformazioni del marxismo e forse più diffusa dai partiti 'socialisti' dominanti' [25]. Per noi comunisti dice Lenin “… l'insurrezione deve appoggiarsi non su di un complotto, non su di un partito, ma sulla classe di avanguardia. Questo in primo luogo. L’insurrezione deve appoggiarsi sullo slancio rivoluzionario del popolo. Questo in secondo luogo. L'insurrezione deve appoggiarsi sul punto che segna la svolta nella storia della rivoluzione ascendente, quando l'attività delle file di avanguardia del popolo è massima, e più forti sono le esitazioni nelle file dei nemici e nelle file degli amici deboli, irresoluti e incerti della rivoluzione. Questo in terzo luogo. Ecco le tre condizioni che, nell’impostazione del problema dell’insurrezione, distinguono il marxismo dal blanquismo. Ma allorquando queste condizioni esistono, rifiutarsi di considerare l'insurrezione come un'arte significa tradire il marxismo e tradire la rivoluzione'. [26]

  E nell'affrontare la questione dell'insurrezione Lenin ricostruisce nel testo le varie fasi che il partito bolscevico ha dovuto affrontare prima di decidere l'insurrezione. In particolare dopo gli avvenimenti del luglio 1917, egli dice, 1) che “la classe che è l’avanguardia della rivoluzione non era ancora con noi… Oggi l'abbiamo in entrambi i Soviet” (siamo alla fine del settembre del '17) e 2) “il 3-4 luglio l'insurrezione sarebbe stata un errore”[27]. Oggi il quadro è completamente diverso. Dunque, “… per considerare l'insurrezione come la devono considerare i marxisti, cioè come un'arte, dobbiamo, al tempo stesso, senza perdere un istante, organizzare uno Stato Maggiore delle squadre insurrezionali, ripartire le nostre forze, inviare i reggimenti sicuri nei punti più importanti, circondare Aleksandrinka, occupare Pietropavlovska, arrestare lo Stato Maggiore generale e il governo, mandare contro gli junker e contro la divisione selvaggia delle squadre pronte a sacrificare la loro vita piuttosto che far avanzare il nemico verso il centro della città, mobilitare gli operai armati, chiamarli a un'ultima accanita battaglia'. [28]

  Contro ogni esitazione nella riunione del C.C. Del P.O.S.D.R(b) viene votata la 'Risoluzione sull'insurrezione armata’[29] del 23 ottobre 1917 (che riportiamo [qui]) in cui “il Comitato centrale invita tutte le organizzazioni del partito a prepararsi per l'insurrezione che è inevitabile e completamente matura, quindi … il Comitato centrale invita tutte le organizzazioni del partito a orientarsi sulla base di questa constatazione e a discutere e risolvere da questo punto di vista tutte le questioni pratiche”.

  Anche ciò che accade in controtendenza con la pubblicazione su un giornale non di partito, la 'Novaia Gizn', di un articolo a firma di Zinoviev e Kamenev in cui si rendeva pubblica e si criticava la decisione dei bolscevichi di organizzare l'insurrezione riceve una replica dura di Lenin con una 'Lettera ai membri del Partito Bolscevico'[30] del 18 ottobre 1917, (che riportiamo [qui]) che si conclude con questa frase: “Momento difficile. Compito arduo. Tradimento grave. Ciò nonostante il problema sarà risolto; gli operai serreranno le file; l'insurrezione contadina e l'impazienza estrema dei soldati al fronte compiranno la loro opera! Serriamo le file, il proletariato deve vincere!”[31]

  E a conferma che la situazione era cambiata a favore della scelta dell'insurrezione, il 7-8 novembre si riunisce il Congresso dei Soviet dei deputati operai e soldati di tutta la Russia che approva una dichiarazione 'Agli operai, ai soldati e ai contadini’[32] (pubblicata su 'Raboci i soldat', 8 novembre, che riportiamo [qui]) in cui è detto:

  “Il II Congresso dei Soviet dei deputati operai e soldati di tutta la Russia si è aperto. L'immensa maggioranza dei Soviet vi è rappresentata. Vi assistono pure parecchi delegati dei Soviet contadini. I poteri del Comitato esecutivo centrale conciliatore sono scaduti. Forte dell'appoggio della volontà dell'immensa maggioranza degli operai, dei soldati e dei contadini, forte della vittoria che ha coronato l'insurrezione degli operai e della guarnigione di Pietrogrado, il congresso prende il potere nelle sue mani. Il Governo provvisorio è deposto. La maggioranza dei membri del Governo provvisorio sono stati già arrestati”.[33]

  Si conclude così la seconda fase della rivoluzione già preconizzata da Lenin con le Tesi d'Aprile. Rimaneva da decidere la sorte della Costituente. Il potere rivoluzionario in mano ad un governo espressione dei Soviet diventava inconciliabile con un organismo eletto prima dell'insurrezione. Per questo il Comitato esecutivo centrale dei Soviet decide lo scioglimento della Costituente (Dichiarazione di scioglimento dell'Assemblea Costituente, gennaio 1918, che riportiamo [qui]) motivandolo in questo modo:

  “L'Assemblea costituente, eletta secondo le liste compilate prima della Rivoluzione di Ottobre, era l'espressione dei vecchi rapporti delle forze politiche esistenti quando al potere v'erano i seguaci della politica di intesa e i cadetti. Il popolo non poteva allora, votando per i socialisti-rivoluzionari fare una scelta tra i socialisti-rivoluzionari, partigiani della borghesia, e quelli della sinistra, partigiani del socialismo. Cosicchè, quest'Assemblea costituente, che avrebbe dovuto essere il coronamento della repubblica parlamentare borghese, non poteva non ergersi come ostacolo sulla via della Rivoluzione d'Ottobre e del potere dei Soviet.”

Note conclusive

  Lo sviluppo del movimento operaio e socialista tra la fine del XIX secolo e la prima guerra mondiale è stata la culla del più grande sommovimento politico e sociale che ha preso le mosse dall'esperienza teorica e politica di Marx ed Engels. In quella fase storica non solo vi è stata una grande estensione del movimento operaio di orientamento marxista, ma è anche iniziato un processo rivoluzionario contro il sistema capitalista arrivato a quello stadio che Lenin definiva fase suprema, quella imperialista.

  Queste affermazioni risulterebbero scontate se non vivessimo in un periodo di grande regresso del pensiero scientifico comunista che è conseguenza della sua crisi e che ha portato al crollo dell'URSS, dei paesi socialisti dell'Europa dell'est e dei più grandi partiti comunisti occidentali. Per cui è necessario ritornare ad analizzare e capire come ha inciso in profondità questa azione di trasformazione della società capitalistica e come si sono ristabiliti gli equilibri nei rapporti di forza tra capitalismo e forze antagoniste dopo la crisi. Un'analisi che metta in evidenza questioni di carattere storico e teorico di grande importanza e che sono la base della storia stessa dei comunisti, ieri come oggi.

  Ma prima di arrivare alle conclusioni è importante saper analizzare le caratteristiche del periodo che abbiamo preso in considerazione e quali ne sono i tratti distintivi.

  Il primo dei quali riguarda proprio Marx ed Engels. Nel momento in cui si apre lo scontro tra Lenin e la socialdemocrazia kautskyana è proprio la eredità marxiana che diventa l'oggetto del contendere. Quando Lenin porta a fondo le sue analisi sull'imperialismo e la guerra, sulla dittatura del proletariato nella rivoluzione russa, sull'insurrezione come arte, si richiama continuamente a Marx per dire che la socialdemocrazia ne ha travisato gli insegnamenti, come i fatti hanno poi dimostrato: dall'adesione alla guerra imperialista alla condanna della rivoluzione russa.

  Ma le questioni sul tappeto non riguardavano solo aspetti teorici, o di interpretazione del marxismo, bensì il che fare? nella congiuntura storica che stava preparando il massacro della prima guerra mondiale. Qui avviene un passaggio decisivo nell'arricchimento dell'esperienza rivoluzionaria dei comunisti, sia sul terreno pratico che nella teoria. Difatti il leninismo si è dimostrato un apporto fondamentale per lo sviluppo della teoria marxiana sulla natura delle contraddizioni di classe (valutazione dei rapporti di forza, tattica ecc). Anche qui come nell'epoca di Marx si uniscono capacità teorica e pratica rivoluzionaria.

  La differenza è che Marx ed Engels hanno vissuto l'esperienza rivoluzionaria in rapporto agli avvenimenti del 1848 e alla Comune di Parigi e sia per la breve durata dell'esperienza comunarda, sia per le rapide sconfitte subite dai lavoratori nelle battaglie di strada del 1848 e 1871, la loro esperienza su quel terreno è stata necessariamente limitata.

  E' con Lenin invece che la connessione tra analisi concreta e scientifica della realtà e progetto rivoluzionario per l'abbattimento del sistema capitalistico ha trovato il punto più alto della sua elaborazione e realizzazione. E questa esperienza ha condizionato tutto il XX secolo.

Note

[1] Da Karl Kautsky, Il programma di Erfurt, Samona’ e Savelli, 1971.
[2] Le citazioni che seguono, quando non diversamente indicato sono tratte da George D. Cole, Storia del pensiero socialista, 7 volumi, Laterza, 1973-76.
[3] Lenin, Stato e rivoluzione, in Opere scelte, Editori Riuniti, Roma marzo 1976 pp. 902 ss.
[4] Friedrich Engels, Per la critica del progetto di programma del Partito socialdemocratico – 1891, in Critica marxista, anno I n. 3, 1963, pp. 118-132.
[5] Lenin, cit. pp. 443-451.
[6] Vedi pag. 34.
[7] Lenin, cit., pp. 557-568.
[8] Vedi pag.36.
[9] Vedi pag. 38.
[10] Lenin, op. cit. pagg. 1133-1215. Testo integrale anche sul sito della Associazione Stalin (fascicolo n. 5 della sezione “Gli anni di Stalin”, Rivoluzione e dittatura). Testo completo da: https://www.associaazionestalin.it/rinnegato_kautsky.html
[11] L'opuscolo Il socialismo e la guerra, fu distribuito ai delegati della conferenza di Zimmerwald.
[12] Lenin, cit. pp. 1133-1134.
[13] Lenin, Opere scelte, cit. pag. 1179.
[14] Lenin, Opere scelte, cit. pp. 1178-1179.
[15] Lenin, Opere scelte, cit. pagg. 701-711.
[16] Vedi pag. 48.
[17] Vedi pag. 50.
[18] Vedi pag. 57.
[19] Lenin, Opere scelte, cit. pp. 713-717.
[20] Vedi pag. 59.
[21] Vedi pag. 61.
[22] Idem.
[23] Lenin, Opere scelte, cit. pp. 949-954.
[24] Lenin, Opere scelte, cit. pp. 963-971.
[25] Vedi pag. 64.
[26] Vedi pp. 64-65.
[27] Vedi pag. 65.
[28] Vedi pag. 69.
[29] Lenin, cit. pag. 983.
[30] Lenin, cit. pp. 985-988.
[31] Vedi pag. 83.
[32] Lenin, cit. pp. 991-992.
[33] Vedi pag. 84.